Willie Peyote: "Non siamo liberi. Siamo egoisti"

Willie Peyote si racconta a lavialibera tra l'uscita del nuovo singolo, La depressione è un periodo dell'anno, e Sanremo

Emanuele Frijio

Emanuele FrijioStudente di Scienze psicosociali della comunicazione Milano Bicocca

Aggiornato il giorno 1 marzo 2021

"Io mi sento un rapper, però non è detto che quello che faccio sia rap. Non ho un genere di riferimento, mi piace sperimentare. Sono un po’ tutto e un po’ niente". Si presenta così Guglielmo Bruno, in arte Willie Peyote. Un artista che nel corso della sua carriera ha affrontato svariati temi come il calcio, il razzismo e le minoranze. Durante la pandemia non si è fermato, facendo uscire nuovi brani ma anche aiutando tecnici e musicisti in difficoltà. "Ho partecipato a diverse iniziative come 'Scena Unita' e 'La musica che gira' che hanno portato a un dialogo, seppur complicato, con le istituzioni". In questo tempo, ha sentito la mancanza dello stare col pubblico: "Dopo tutti questi mesi di assenza ho capito che andare a un concerto live mi provoca un’emozione. Dal vivo ascolto anche gruppi che sul disco non ascolterei mai. Nella mia vita ha una parte fondamentale. Così come mi emoziona andare allo stadio, in quella zona franca che si crea, quel tipo di condivisione con persone che fuori da lì non vorresti mai avere accanto, ma che in quel contesto fanno parte di un tutt’uno".

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