
Don Italo Calabrò, pioniere dell'antimafia sociale

Aggiornato il giorno 8 gennaio 2021
Livorno, febbraio 2020. Fa freddo e sul porto aleggiano le brume invernali, mentre gli investigatori dell’Arma si muovono silenziosi verso l’area di scarico delle merci. L’attesa è finita: il carico che stavano monitorando è arrivato. E non si tratta di roba da poco: è, letteralmente, una valanga di neve. La nave che trasporta in container proviene dalla Colombia e batte la bandiera azzurra con stella bianca delle Isole Marshall, sperduto staterello insulare dell’Oceania. È in transito, diretta a Genova e poi a Marsiglia. Quando attracca, scatta la perquisizione. E i sospetti trovano conferma: nel container c’è una montagna di zaini, impilati uno sull’altro. In ciascuno, 38 chili di cocaina. Quando li pesano tutti, il totale è impressionante: 3 tonnellate, 3 quintali e 30 chili di stupefacente, per un controvalore di mercato che oscilla fra i 400 e i 500 milioni di euro. Il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo e il suo omologo di Marsiglia coordinano l’operazione. È il secondo carico di cocaina, per quantità, finora sequestrato in Italia (il primo, 5 tonnellate in un tir a Torino nel lontano 1994, è ormai storia nei polverosi annali delle cronache giudiziarie), ma magistrati e investigatori vogliono capire a chi sia diretto. Ricorrono alla “consegna controllata”: svuotano tutti gli zainetti, tranne uno, li riempiono con materiale dello stesso peso. Poi richiudono il container. La nave riparte e fa sosta a Genova, poi rotta verso Marsiglia. Le microspie registrano ogni movimento. Dopo l’attracco, si presentano tre uomini con un camion. Caricano gli zaini e li portano in una villa. A quel punto, i poliziotti francesi possono intervenire
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Con i criptofonini, i clan della Locride gestivano il narcotraffico internazionale da San Luca, paese di tremila anime arroccato sull'Aspromonte jonico. Tramite il "denaro volante", sistema informale di trasferimento di valore gestito da cinesi, con contatti a Dubai, pagavano la droga ai cartelli sudamericani. Con il beneplacito dei paramilitari, tonnellate di cocaina partivano da Colombia, Brasile e Ecuador per poi raggiungere il vecchio continente grazie agli operatori portuali corrotti dei principali scali europei. L'ultimo numero de lavialibera offre la mappa aggiornata degli affari della 'ndrangheta, così per come l'hanno tracciata le ultime indagini europee, in particolare l'operazione Eureka