Photo by Amin Moshrefi on Unsplash
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La trasparenza è un antidoto nella gestione dei vaccini

La possibilità di comprendere le scelte politiche è fondamentale per evitare abusi e sfiducia nella soluzione della pandemia

Marco Sorrentino

Marco SorrentinoPresidente Amapola

Valeria Ferraris

Valeria FerrarisRicercatrice di sociologia del diritto all'Università di Torino

1 febbraio 2021

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La pandemia sembra aver definitivamente archiviato la narrazione che vedeva l’Italia in grado di uscirne migliore di come vi era entrata. La gestione dell’emergenza è passata dall’essere percepita come parte inevitabile di un destino comune (i messaggi alle finestre, i concerti dai balconi…), all’essere avvertita da molti come inutile costrizione, conseguenza dell’incapacità di scegliere la cosa giusta per il bene del Paese. In questo clima, i sanitari che a marzo venivano applauditi come eroi, a novembre denunciavano episodi di intolleranza nei loro confronti. Tra le cause di questo cambiamento, ve n’è una, spesso sottaciuta o non direttamente correlata alla gestione della pandemia: è la difficoltà di conoscere e comprendere fino in fondo l’azione pubblica. 

Trasparenza non è avere le carte a posto

Che gli italiani abbiano una scarsa opinione della pubblica amministrazione è cosa nota e profondamente radicata nella storia d’Italia. Gli scandali che hanno contraddistinto ogni fase della vita nazionale post-unitaria, la corruzione, la questione morale, il trasformismo e la gestione del potere che ha permeato ogni livello di governo, hanno costantemente minato la fiducia nelle istituzioni. Senza andare troppo in là nel tempo, negli ultimi anni, i rapporti sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa, curati da Ilvo Diamanti, hanno offerto una rappresentazione puntuale di come gli italiani considerino l’inefficienza e la corruzione politica una delle priorità su cui è urgente intervenire. Con una crescita costante, a gennaio 2020, prima dello scatenarsi della pandemia, le principali emergenze erano i temi economici (39%), l’inefficienza e la corruzione politica (28%), la criminalità (10%), l’immigrazione (9%). In altre parole, quasi un terzo degli italiani ritiene del tutto inadeguata la macchina pubblica, se non addirittura pericolosa concausa della crisi italiana. 

L'emergenza Covid è stata fatale anche per la trasparenza

Questi dati dicono molto della necessità di rendere trasparente l’azione pubblica. Tuttavia, ciò che rende effettivamente “trasparente” un procedimento amministrativo – e quindi anche minore il rischio di corruttele – non è avere tutte le carte a posto (cosa che spesso non manca nei casi che riassumiamo sotto la parola “corruzione”), quanto la possibilità che quanto accade sia chiaro, evidente, spiegabile e comprensibile a tutti. Qualche esempio: se gli interventi economici a favore delle categorie produttive avessero avuti chiari e pubblici programmi di erogazione, con l’indicazione di tempi e modi deglidelle stessi (invece di una pratica di annunci, purtroppo spesso smentiti) non si sarebbero evitate infuocate quanto inutili polemiche politiche, consentendo invece di concentrarsi sul contrasto alle inefficienze? Se fossero stati resi pubblici i programmi di quanti tamponi fosse possibile fare, a quali categorie e con quale distribuzione territoriale, non si sarebbe trasmesso un messaggio rassicurante sulla capacità di affrontare la situazione? Infine, se invece di mesi di puro dibattito ideologico (e non rare derive demagogiche) sulle azioni necessarie per riaprire in sicurezza le scuole si fosse affrontato il tema della qualità della didattica nell’epidemia, del rapporto tra scuola e territorio (in un Paese dove l’84 per cento dei comuni ha popolazione inferiore a 10mila abitanti e vi vive 1/3 degli italiani), di come supportare famiglie e ragazzi colmando il digital divide, non saremmo arrivati più preparati alla gestione della seconda ondata?

In altre parole, se invece di perseguire la trasparenza amministrativa soltanto in chiave di valorizzazione delle performance si fosse preferito (come in altri Paesi è successo) la diffusione delle informazioni in modo aperto, per promuovere un dibattito pubblico che favorisse la costruzione del consenso verso le scelte fatte, non sarebbe stato più utile?

Opacità e sospetti sulla campagna vaccinale

Ancora più grave, da questo punto di vista, è la vicenda che riguarda la campagna vaccinale. Nonostante sforzi che hanno permesso di raggiungere risultati significativi per numero di somministrazioni, è bastato poco per rendere evidente l’inesistenza di ogni programmazione di dettaglio sulla gestione del vaccino. Secondo quanto pubblicato dal Governo nel “Report Vaccini Anti Covid-19”, il 25 gennaio sono stati somministrati più di un milione e quattrocentomila dosi. Un ottimo risultato, specie se confrontato ad altri paesi europei, se non fosse che qualcosa nella comunicazione del Governo non appare nella reale dimensione. Innanzitutto, non si tratta, come invece più volte si è detto, di persone vaccinate, perché queste sono in realtà poco più di 130mila, in considerazione che la vaccinazione consta in due dosi e si è vaccinati dopo aver ricevuto la seconda. Tralasciando questo aspetto, il 23 per cento delle dosi (330.900 in valori assoluti) hanno riguardato persone che non rientravano nelle categorie indicate come prioritarie: personale sanitario e ospiti di RSA. Di più: i fatti accaduti a Modena, Scicli, Palermo, Avellino, Brindisi, Biella (e chi sa dov’altro ancora), che hanno visto operatori sanitari utilizzare dosi di vaccini per propri familiari o per persone che non rientravano tra quelle destinate a riceverlo, sono esemplificativi di un sistema che non sembra capace di rendere preventivamente trasparente l’attuazione del piano di vaccinazione, fornendo ai cittadini informazioni chiare su priorità e modalità d’intervento.

È pacifico che nell’attuazione del piano vaccinale prevalgono valutazioni utilitaristiche (vaccinare il personale sanitario per consentire loro di operare per il bene comune) e di bisogno (privilegiare le persone più esposte e vulnerabili), ma proprio perché l’azione richiede di operare secondo priorità che rispondono all’interesse pubblico è inaccettabile che anche solo una dose di vaccino finisca a una persona che non ne ha il diritto. Se poi a questo si aggiunge la situazione determinata dalla rimodulazione di tempi e quantità di vaccini consegnati da parte delle industrie farmaceutiche, si capisce come il tema sia più ampio. 

Perché i vaccini siano un bene comune, lavialibera aderisce alla campagna noprofitonpandemic

La fiducia va conquistata

Non sfugge a nessuno che la trasparenza e la diffusione delle informazioni sono fondamentali per evitare che nelle persone si insinui l’idea, con tutto quello che ciò significa in termini di fiducia e consapevolezza, che nulla di quello che sta accadendo sia davvero parte della soluzione alla pandemia. Da più parti si sono mobilitate richieste di maggior attenzione alla trasparenza dell’azione amministrativa. Ad ogni livello e su aspetti cruciali, personalità della scienza, della cultura e dell’accademia insieme a cittadini e a organizzazioni della società civile hanno promosso appelli e petizioni, assunto iniziative per chiedere di conoscere i dati epidemiologici prima e quelli relativi ai vaccini poi.

Queste iniziative sono importanti e chi ha responsabilità pubblica dovrebbe averne consapevolezza e darvi seguito per almeno due ragioni. La prima, perché attraverso maggiore trasparenza si sostiene lo sforzo per far concretamente vivere il principio democratico secondo cui “benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, tutti devono essere in grado di giudicarla”. La seconda, perché in un tempo in cui le istituzioni pubbliche hanno necessità di riaffermarsi agli occhi dei cittadini come strumenti indispensabili della vita democratica, ogni occasione per dimostrarsi in grado di rispondere alle loro attese, specie se riconducibili alla difesa di un interesse generale, dovrebbe essere raccolta.

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