26 marzo 2021
Invecchiamento, precarizzazione e minacce: il giornalismo italiano non gode di buona salute. Negli ultimi venti anni i cronisti under 30 sono quasi del tutto scomparsi per lasciare il posto agli ultrasessantenni, il cui numero è quasi quintuplicato rispetto al 2000. Per intenderci, se prima si contavano un over 60 ogni sette giovani giornalisti, oggi per ogni under 30 scrivono due giornalisti alle soglie della pensione o già pensionati.
Sei giornalisti su dieci guadagnano meno di 35mila euro lordi l’anno. Tra i freelance – i collaboratori a partita Iva o i co.co.co (i cosiddetti lavoratori parasubordinati) – quasi la metà non arriva a cinquemila euro lordi l’anno, mentre l’80 per cento non supera i 20mila.
Non è finita, tra i problemi all’ordine del giorno resta l’abuso delle querele temerarie (o “bavaglio”), un formidabile strumento per intimidire la libertà di stampa, per la quale secondo Reporter sans frontières l’Italia è al 41esimo posto nel mondo. Le querele temerarie sono azioni legali strategiche, di solito per diffamazione, intraprese con lo scopo di bloccare giornalisti e operatori dell’informazione pur sapendo di essere nel torto. L’ultima proposta di intervento legislativo, finalizzata a limitare i querelanti, giace in parlamento dal 2018.
Tutelare il giornalismo significa soprattutto difendere il diritto a una corretta informazione, fondamento di qualsiasi democrazia. Che il giornalismo nel mondo sia ancora in grado di rendere pubblici e fermare abusi lo dimostrano i dati sugli omicidi e le violenze.
Per l’Unesco oggi documentare storie di "corruzione, violazioni dei diritti umani, crimini ambientali, traffici e illeciti politici" è più pericoloso che raccontare contesti di conflitto armato.
L’ultimo giornalista italiano ucciso è stato Simone Camilli, ammazzato nel 2014 in Palestina, ma minacce e intimidazioni sono all’ordine del giorno: 472 nel solo 2019. In oltre sei episodi su dieci si è trattato di atti violenti come aggressioni e danneggiamenti.
30 giornalisti italiani uccisi dal 1960: 11 in Italia e 19 all'estero
4.108 minacciati o intimiditi dal 2006: 472 nel solo 2019, il 66,4% con atti violenti, il 30,8% con denunce e azioni legali
24 giornalisti italiani vivono sotto scorta 24 ore su 24
Ossigeno per l'informazione
Nel 2017 in Italia si contano 9.479 querele, la maggior parte nei confronti di giornalisti
Il 67% è stato archiviato perché infondato European centre for press and media freedom e Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa
Durante tutta l’emergenza covid diversi lavori giornalistici sono stati in grado di incidere positivamente sulla gestione della pandemia. Solo per citarne alcune:
Secondo i dati raccolti dal Reuters institute a inizio 2020, quando Covid-19 sembrava ancora un problema cinese, il 71 per cento degli italiani non si fidava delle notizie pubblicate dai giornalisti, il 54 per cento temeva che quanto letto online fosse falso e soltanto il 33 per cento pensava che i media si occupassero di controllare le azioni dei potenti: il secondo dato più basso d’Europa.
In questo scenario – anche se il rilancio negli ultimi mesi del ruolo dell’informazione, soprattutto televisiva, è per lo più coinciso con la diffusione di comunicazioni ufficiali sul contagio – covid potrebbe aver aperto una via diversa. Per il Reuters institute il 2021 sarà un anno fondamentale "per plasmare il futuro del mondo delle notizie. Molte testate giornalistiche entrano in questo periodo con le idee più chiare che mai sul valore del proprio prodotto, nonostante le prospettive immediate appaiano incerte". Tutti abbiamo capito che il giornalismo serve, ma le soluzioni che saranno adottate (se saranno adottate) per fare crescere bene questo settore restano un’incognita su cui grava anche la crisi economica.
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