4 giugno 2021
"Lo stato d’ animo dei famigliari delle vittime di mafia è comprensibile e legittimo. La maggior parte di loro attende ancora verità e giustizia", riguardo alla liberazione di Giovanni Brusca "concordo con il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, quando dice che l'uscita dal carcere di Brusca non è una sconfitta ma una vittoria dello Stato". Con queste parole Luigi Ciotti, rispondendo a un'intervista di Vittoria Prisciandaro su Famiglia Cristiana, ha commentato la liberazione del killer di Cosa nostra, poi collaboratore di giustizia. Ciotti, facendo riferimento alla sua esperienza personale, aggiunge "bisogna credere nel cambiamento delle persone, nella capacità di riscattarsi dal male, il male subito ma anche il male compiuto".
Ciotti elenca alcuni elementi da tenere presenti
"Mi auguro che Brusca si sia incamminato in un cammino di ricerca di verità, non solo sui delitti di Cosa Nostra, ma sul suo esserne stato complice ed esecutore"Luigi Ciotti
Luigi Ciotti fa poi riferimento alla sua esperienza personale: "Bisogna credere nel cambiamento delle persone, nella capacità di riscattarsi dal male, il male subito ma anche il male compiuto. In 56 anni d’ impegno sociale ho visti percorsi di cambiamento e di conversione. Nessuno è irrecuperabile. Certo bisogna richiamare alle responsabilità e stimolare crisi di coscienza, delineando al contempo le opportunità offerte da un cambiamento radicale di vita non solo in termini di vantaggi materiali ma di libertà interiore, possibilità di vivere una vita più libera perché più giusta e più vera. Certo non è facile, e proprio nel mondo delle mafie le conversioni si contano sulle dita di una mano. Ma credo che si debba tentare. Mi auguro che Brusca si sia incamminato in questo cammino di ricerca di verità, non solo sui delitti di Cosa Nostra, ma sul suo esserne stato complice ed esecutore».
Alla domanda sulla sensibilità della comunità ecclesiale su questi temi e sulla sua evoluzione, Ciotti elenca una serie di tappe importanti, dalle parole di don Luigi Sturzo nel 1900 a quelle di Giovanni Paolo II nel 1993, finendo con le parole di Papa Francesco nell’ omelia della Santa Messa celebrata il 21 giugno 2014 alla Piana di Sibari in Calabria, "quando definì la mafia “adorazione del male” e dunque i mafiosi “scomunicati”, non in comunione con Dio". Cita anche, come "molto importanti", "il documento della Conferenza episcopale calabra, Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare”, il documento dei Vescovi della Capitanata sulla mafia foggiana, Giustizia per la nostra terra, e il documento contro il fenomeno della camorra dei vescovi della Conferenza episcopale della Campania: Per amore del mio popolo non tacerò (1982), la lettera dei vescovi di Sicilia a 25 anni dall’appello di San Giovanni Paolo II: Convertitevi!.
Non solo tappe positive però, perché "permangono eccessi di prudenza, rigidità, zone d’ombra". Resiste "l’idea che si possa essere cristiani senza un impegno per la giustizia sociale né un forte senso delle responsabilità civili dà luogo, in certi casi, a inquietanti forme di indulgenza – e perfino di copertura – verso forme di religiosità del tutto strumentali, come quelle esibite da alcuni esponenti delle cosche mafiose. Ecco allora la necessità, per la Chiesa, di continuare a saldare con forza il Cielo e la Terra, la dimensione spirituale con l’ impegno sociale e, pur nella specificità del proprio ruolo, di far sentire la sua voce contro le mafie e tutte le forme di “mafiosità” – corruzione, egoismo, indifferenza – che spianano la strada al potere delle organizzazioni criminali". Con un augurio finale: "Auspico che nell’annunciato Sinodo della Chiesa Italiana vengano affrontati anche i temi legati a mafie e corruzione".
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