Montiferru, nell'Oristanese, 25 luglio 2021. F. Fois/Ansa
Montiferru, nell'Oristanese, 25 luglio 2021. F. Fois/Ansa

Roghi in Sardegna, il sistema antincendio c'era, ma è stato dismesso

Dopo le fiamme sul Montiferru, la procura di Oristano indaga per incendio colposo aggravato. Il presidente della Regione Solinas ha chiesto lo stato di emergenza, ma nessuno guarda alle cause

Riccardo Bottazzo

Riccardo BottazzoGiornalista freelance

30 luglio 2021

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Raccontano ad Oliena (in provincia di Nuoro) che il santo più venerato in Sardegna sia tale S’Antincendiu. Il santo protettore del servizio antincendio che ha dato conforto e lavoro a tanti giovani disoccupati dell’isola. Santo del tutto sconosciuto all’agiografia cristiana, che si può anche leggere Sant’incendiu e che, in questa veste, ha permesso ad altrettanti proprietari terrieri di ricavare un bel po’ di denaro dai roghi appiccicati ai loro appezzamenti.

Oliena è una cittadina arroccata nel cuore della Barbagia, regione tristemente nota per i sequestri di persona negli anni ’70 e ’80. Cittadina famosa perché il giorno di Pasqua, che qui festeggiano col nome S’incontru, tutta la gente del paese si affaccia alle finestre per sparare in aria all’impazzata con doppiette da caccia, pistole 44 Magnum e mitra Ak 47. Neanche quando facevo il corrispondente da Beirut ho mai assistito a una sparatoria del genere. “Un territorio armato fino ai denti. Nuoro guida la classifica italiana”, titolava un reportage della Nuova Sardegna che sottolineava i dati allarmanti di questa provincia col più alto numero di possessori di porto di pistola e di fucile per uso venatorio. “Poi ci sono le armi illegali, ma quella è un’altra storia” concludeva il reportage. E se il nuorese è in testa all’hit parade delle armi, le rimanenti provincie sarde seguono da vicino. Il culto delle armi da fuoco, in quest’isola, è diffuso in tutte le generazioni ed è strettamente legato a termini come la “valentia” (una sorta di onore maschilista contornato di obblighi di vendette ad ogni costo) di cui si sono fatti scudo anche i (pochi) piromani che la magistratura è riuscita a mandare a processo.

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L'incendio non ha cause naturali

Tre incendi, in sospetta contemporaneità, hanno fatto piazza pulita dei boschi di Oristano e compiuto una strage di animali. Si sospetta un'origine dolosa

L’isola armata sino ai denti oramai ogni estate viene devastata da terrificanti incendi. Incendi che, anche in virtù delle nuove e sempre più torride condizioni climatiche, si rivelano ogni volta più devastanti. Il Wwf nel suo ultimo report Il Mediterraneo brucia li ha definiti mega-incendi: “A partire dal 2017 una nuova generazione di incendi è apparsa nell'Europa mediterranea, superando per dimensione e portata i grandi incendi. Si tratta di mega-incendi che generano vere e proprie tempeste di fuoco, causate del collasso della colonna convettiva”. Anche questa è una conseguenza del cambiamento climatico. Sempre secondo il Wwf – che lancia un preoccupato e sino ad ora inascoltato appello ai governi per dotarsi di strumenti atti a difendere la biodiversità e il nostro patrimonio boschivo – solo il 4 per cento di questi incendi sarebbe dovuto a cause naturali. Il rimanente è imputabile a negligenza umana o a episodi dolosi.

Per quanto riguarda il disastro accaduto in Sardegna negli ultimi giorni, l’ipotesi delle cause naturali la possiamo escludere in partenza. La magistratura sta ancora indagando, ma i responsabili del corpo forestale sardo hanno già messo in chiaro che il rogo principale, quello che ha letteralmente divorato il Montiferru, è stato innestato a Bonàrcado-Santu Lussurgiu da una vettura incendiata. Anche per gli altri tre incendi che, in sospetta contemporaneità, hanno fatto piazza pulita dei boschi di Oristano e compiuto una strage di animali, si sospetta un'origine dolosa. La magistratura ha già aperto un fascicolo contro ignoti.

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Il sistema antincendio dismesso nel 2005

"Si è privato in modo arbitrario e – per chissà quali secondi fini – il nostro patrimonio boschivo sardo di uno strumento fondamentale per la prevenzione e la lotta agli incendi"Michele Cossa - Consigliere regionale dei Riformatori sardi

La natura – in questo caso l’impetuoso vento di maestrale – ha senza dubbio accentuato la propagazione dell’incendio, ma direttamente (per dolo) o indirettamente (per cambiamenti climatici) la devastazione alla quale abbiamo assistito, è imputabile soltanto all’uomo. Anche nelle evidenti carenze nell’affrontare una situazione che si continua a definire “emergenziale” pur ripetendosi ogni anno con le stesse modalità. Com'è possibile che nella regione più colpita dagli incendi in tutto il Paese non fosse stanziato un numero sufficiente di Canadair (gli speciali aerei antincendio) e che questi siano dovuti arrivare dalla Corsica e dalla Grecia per fermare le fiamme? “Forse abbiamo comperato gli aerei sbagliati”: nel web si è subito scatenata l’ironia degli ambientalisti che hanno impietosamente messo a confronto le enormi spese sostenute dall’Italia per acquistare i cacciabombardieri F35 con quelle destinate al servizio di Canadair. Servizio che, tra le altre cose, in Italia è stato appaltato a una ditta privata, al contrario di altri Paesi europei dove è gestito, con ottimi risultati, direttamente dal corpo forestale.

Tutto vero. Ma si dimentica che un servizio antincendio funzionante e che aveva dato pure ottimi risultati, la Sardegna lo aveva già. Peccato sia stato completamente dismesso nel 2005. Una scelta condannata anche dal tribunale di Cagliari che nel 2018 ha obbligato la Regione a risarcire Teletron euroricer, la ditta che aveva messo a punto questo sistema basato su un’innovativa tecnologia di telerilevamento capace di segnalare immediatamente lo scoppio di un incendio e intervenire prima che le fiamme si propaghino incontrollate. Il sistema Teletron è attualmente adoperato in altre regioni italiane considerate a rischio ed è utilizzato anche in altri Paesi mediterranei come Spagna e Grecia. La Teletron aveva iniziato la sperimentazione proprio in Sardegna, nel 1984. Il sistema è diventato operativo l’anno successivo rivelando subito la sua efficacia e abbattendo dell’85 per cento il numero di incendi. Il sistema funzionava infatti anche come deterrente per eventuali piromani la cui azione criminale viene subito rilevata dal sistema.

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Ma nel 2005 la Regione ha preferito dismettere il sistema, dichiarando finita la sperimentazione. E il numero di incendi è subito schizzato verso l’alto. “Si è privato in modo arbitrario e – per chissà quali secondi fini – il nostro patrimonio boschivo sardo di uno strumento fondamentale per la prevenzione e la lotta agli incendi – ha dichiarato il consigliere regionale di opposizione Michele Cossa, dei Riformatori sardi –. Per realizzare le 50 postazioni sperimentali di telerilevamento, la Regione aveva investito 30 milioni di euro, senza contare i quasi 900 mila euro per gli aggiornamenti. Ma invece di implementarle, abbiamo speso altri soldi per dismetterle. E, come se non bastasse, la Regione dovrà spendere altri 230 mila euro per rispettare la sentenza del tribunale”.

Nel frattempo la Regione ha preferito continuare a investire ogni anno almeno 80 milioni di euro in campagne antincendio la cui efficacia è sotto gli occhi di tutti. Senza contare i cospicui finanziamenti a fondo perduto che, una volta raffreddatasi la situazione, arriveranno dal Governo centrale come conseguenza dello stato di calamità che il presidente della Sardegna, Christian Solinas, ha prontamente chiesto. In una nota Solinas ha già assicurato che sono state accelerate le procedure per "abbattere tutti i tempi tecnici e burocratici e abbreviare i passaggi che ci consentiranno di erogare i ristori ai cittadini e alle aziende, per il risanamento degli edifici pubblici e privati, per una ripartenza che vogliamo tutti sia rapida". Ai fedeli di S’Antincendiu non resta che ringraziare il loro santo protettore.

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