(Washarapol D BinYo Jundang/Pexels)
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Referendum cannabis, la promotrice: "È ora di ascoltare i cittadini e ridiscutere le leggi"

Entro il 30 ottobre i comuni devono inviare i certificati elettorali dei firmatari a sostegno della campagna che vuole legalizzare la coltivazione di canapa a uso personale. Superato questo step, resta il nodo della Corte costituzionale

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

29 settembre 2021

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La sabbia nella clessidra scendeva, ma il governo l'ha fermata. Giovedì 30 settembre sarebbe scaduto il termine per la consegna dei certificati elettorali degli oltre 500mila firmatari a sostegno del referendum sulla cannabis. Moltissime firme non sarebbero state validate se 1.400 comuni non avessero inviato quei documenti entro domani. Per questo il comitato promotore ha chiesto e ottenuto dal governo la proroga di un mese per la raccolta dei certificati, come stabilito a giugno per le altre campagne referendarie in corso, quella sull’eutanasia o quella sulla giustizia. In questo modo è stata tenuta in vita una mobilitazione che non ha precedenti uguali.

Il quesito proposto dai promotori

Sull’onda del successo della raccolta di firme a favore del referendum sull’eutanasia, il 10 settembre scorso è cominciata la raccolta di firme per promuovere un referendum abrogativo con questo quesito:

“Volete voi che sia abrogato il decreto del presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309, avente ad oggetto “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza“, limitatamente alle seguenti parti:

Articolo 73, comma 1, limitatamente all’inciso “coltiva”;

Articolo 73, comma 4, limitatamente alle parole “la reclusione da due a 6 anni e”;

Articolo 75, limitatamente alle parole “a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni;”?”

L’obiettivo è modificare alcuni passaggi del Testo unico in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope intervenendo sia sulle pene di uno specifico atto, in questo caso la coltivazione di cannabis per scopi personali (“si mantengono le condotte di detenzione, produzione e fabbricazione di tutte le sostanze che possono essere applicate per le condotte diverse dall’uso personale”, precisano i promotori), sia sulle sanzioni amministrative come la sospensione della patente e il certificato di idoneità alla guida di ciclomotori per chi faccia uso di cannabis (non interviene però sulla sospensione della patente per chi sia stato scoperto alla guida sotto l’effetto di alcol o droghe, come previsto dal codice della strada).

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La raccolta delle firme via Internet e il nodo dei certificati

Le difficoltà sono iniziate con l’inadempimento dei comuni portando a un rallentamento dei lavori del comitato e mettendo a serio rischio il referendum cannabisAntonella Soldo - Coordinatrice campagna referendaria

Per la prima volta la campagna si è basata interamente sulla raccolta di firme tramite la firma digitale o lo Sistema pubblico di identità digitale (Spid) che aveva permesso di ottenere nel giro di sei giorni le 500mila sottoscrizioni necessarie. La rapidità e la facilità con cui il risultato era stato raggiunto grazie alle tecnologie avevano suscitato perplessità di molti esperti: diversi costituzionalisti hanno denunciato i rischi legati alla democrazia diretta e a “derive plebiscitarie” o populiste e alcuni di loro hanno proposto di elevare la soglia minima adeguandola alla popolazione attuale dell’Italia. Eppure le difficoltà non erano superate.

“Ci aspettavamo una grande partecipazione dal basso che abbiamo riscontrato nella raccolta delle firme: abbiamo raggiunto il numero necessario delle 500mila sottoscrizioni in soli 6 giorni – dice a lavialibera Antonella Soldo, coordinatrice di Meglio Legale e della campagna referendaria –. Il comitato promotore si è fin da subito attivato per richiedere ai comuni i certificati elettorali che dovranno essere depositati in Corte di cassazione insieme alle firme, affidandosi al termine delle 48 ore per riceverli, termine che pur essendo previsto dalla legge non è stato rispettato. Dunque le difficoltà sono iniziate con l’inadempimento dei comuni portando a un rallentamento dei lavori del comitato e mettendo a serio rischio il referendum cannabis”.

Cosa chiedono le persone che usano droghe?

Lo scorso giugno il parlamento aveva approvato un emendamento che spostava alla fine di ottobre la scadenza per la consegna delle firme e dei certificati elettorali per gli altri referendum. “Ci aspettavamo che, visto il prolungamento dello stato d’emergenza, anche il referendum cannabis potesse giovare di questa proroga, facilitando anche il lavoro dei moltissimi comuni che sono già impegnati con le elezioni amministrative. Aspettative che finora sono state disattese da parte del governo – confida Soldo –. In questi giorni ci siamo appellati alle istituzioni, in particolare alla ministra della Giustizia, e stasera (martedì 28 settembre, ndr) saremo a manifestare a Montecitorio in vista del prossimo Consiglio dei ministri, aspettando un riscontro positivo circa la deroga per la consegna”.

Lunedì Antonio Decaro, presidente dell'Associazione nazionale comuni italiani (Anci) e sindaco di Bari, ha inviato a tutti i primi cittadini italiani una lettera per sensibilizzarli sugli adempimenti dei Comuni in materia di referendum sulla cannabis: “Ti chiedo di verificare l'effettivo ed efficace supporto, da parte della tua amministrazione, all'esercizio di un diritto costituzionalmente tutelato e garantito come quello della partecipazione democratica dei cittadini all'iniziativa legislativa”, scriveva ai collega. Martedì sera, poi, davanti a Montecitorio, il presidio al quale, intorno alle 20, è arrivata la notizia della discussione – in consiglio dei ministri – della proroga di un mese per la consegna dei certificati elettorali, proroga arrivata mercoledì mattina nonostante l'opposizione della Lega.

I precedenti tentativi e lo scoglio della Consulta

È tempo di ascoltare le esigenze dei cittadini italiani e di rimettere in discussione la disciplina in materia di stupefacenti”Antonella Soldo

Non è la prima volta che in Italia si cerca di intervenire sul testo unico in materia di stupefacenti attraverso la proposizione di un referendum:

  • Nel 1980 i Radicali avevano proposto un referendum che però non aveva superato il controllo di ammissibilità costituzionale;
  • Nel 1993 con un referendum il 55 per cento dei votanti decise di abrogare il reato – introdotto qualche anno prima con la legge Jervolino-Vassalli – che puniva penalmente il consumo di droghe e stabiliva una “dose media giornaliera” oltre la quale si passava dall’uso personale e alla detenzione finalizzata allo spaccio;
  • Nel 1996 Marco Pannella promuoveva un referendum per la legalizzazione della droghe leggere e per regolamentare la coltivazione, la vendita e il consumo della canapa indiana e dei suoi derivati. Anche in questo caso la Corte costituzionale boccia il quesito perché viola obblighi internazionali assunti dall' Italia in tema di coltivazione e detenzione per uso personale.

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Nel preparare il nuovo quesito referendario, le esperienze pregresse hanno fatto scuola: “Il comitato referendario nel formulare il quesito ha tenuto di certo conto delle iniziative precedenti, in particolare delle pronunce della corte costituzionale – dice Soldo –: ad esempio il referendum cannabis abroga solo la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida perché il quesito non deve porsi in contrasto agli obblighi internazionali assunti dallo Stato italiano in materia di sostanze stupefacenti, per i quali la detenzione di cannabis dev’essere considerata reato o quantomeno sottoposta a misure amministrative”. Per questa ragione “il referendum non può abrogare tutte le sanzioni amministrative previste all’articolo 75 del Dpr 309/90 poiché non supererebbe il vaglio della Corte costituzionale, come già successo nel 1996”.

Oltre a questi precedenti tra referendum e Consulta, c’è un’altra decisione importante di cui i promotori hanno tenuto conto: “La parte del quesito relativa alla coltivazione di cannabis recepisce la recente sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione che ha affermato che la coltivazione domestica non è considerato reato”, aggiunge Soldo. Si tratta della stessa sentenza che ha guidato anche le proposte di legge di Riccardo Magi e di Caterina Licatini riunite nel testo base approvato dalla commissione giustizia della Camera l’8 settembre scorso.

La conferenza nazionale sulle droghe

A fine novembre, in tema di politiche sulle droghe, si riunirà la conferenza nazionale che mette insieme istituzioni e operatori del settore per discutere sullo stato dell’arte. I promotori della campagna vorrebbero esserci: “Ad oggi siamo felici di aver mobilitato migliaia di cittadini per una questione sociale che interessa molteplici aspetti della nostra società. Per noi sarebbe un piacere far parte dei lavori della conferenza, augurandoci che questi temi vengano maggiormente approfonditi e che soprattutto vengano prese in considerazione le richieste emerse dalla campagna referendaria. È tempo di ascoltare le esigenze dei cittadini italiani e di rimettere in discussione la disciplina in materia di stupefacenti”.

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