A sinistra, foto di Matthew T Rader da Unsplash. A destra, foto di Gras Grüs da Unsplash. In centro, Riccardo Molinari (Lega)
A sinistra, foto di Matthew T Rader da Unsplash. A destra, foto di Gras Grüs da Unsplash. In centro, Riccardo Molinari (Lega)

Droghe, le associazioni contro l'abolizione della "lieve entità"

La commissione giustizia della Camera valuta le proposte di legge per riformare il testo sugli stupefacenti. I rappresentanti di Gruppo Abele, Antigone, FederSerd e Forum Droghe bocciano la proposta di legge della Lega incentrata sulla repressione. Approvata invece la coltivazione di poche piante di cannabis per uso personale

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

Aggiornato il giorno 1 settembre 2021

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“Irrazionale”, “irragionevole”, troppo repressiva, incapace di perseguire l’obiettivo di ridurre spaccio e consumi. Anche dannosa, affollerebbe le carceri riducendo le possibilità di cura. È una bocciatura netta quella espressa martedì 9 giugno 2020 da Antigone, Federserd, Gruppo Abele e Forum Droga, organizzazioni in prima linea sul tema della tossicodipendenza, ascoltate dalla commissione giustizia della camera dei deputati nell’ambito della valutazione della proposta di legge presentata da Riccardo Molinari (Lega) per inasprire le pene “in materia di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope nei casi di lieve entità”. Dopo mesi di discussione, mercoledì 8 settembre 2021 la commissione ha approvato la proposta di legge che permette la coltivazione domestica della cannabis (limitata a quattro piantine femmine) e riduce le pene per la detenzione di lievi entità. Il testo base è stato ha ottenuto i voti favorevoli di Pd, M5s, Leu e Più Europa, quelli contrari del centrodestra e l'astensione di Italia Viva. Ora dovrà passare il vaglio della camera e del senato. Intanto riscuote grande successo la raccolta di firme per indire un referendum con cui abrogare le pene detentive per i reati legati alla cannabis (eccetto l'associazione a delinquere finalizzata al traffico) ed eliminare le sanzioni amministrative per chi ne fa uso.

La proposta leghista

Tali reati, infatti, stanno assumendo dimensioni e caratteristiche sempre più preoccupanti ed endemiche nel nostro PaeseRiccardo Molinari - Capogruppo Lega alla Camera

Aggravare le pene per le ipotesi di lieve entità del delitto di produzione, traffico e detenzione di stupefacenti, prevedendo anche l’arresto obbligatorio per chi sia colto in flagranza di tale reato. Eliminare la possibilità di scontare la condanna con modi alternativi al carcere. Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, ha presentato il 9 ottobre scorso una proposta di legge che modifica il comma cinque dell’articolo 73 del Testo unico su sostanze stupefacenti o psicotrope (la legge 309 del 1990), in soldoni la norma che punisce lo spaccio e la detenzione ai fini di spaccio, e l’articolo 380 del codice di procedura penale sull’arresto obbligatorio in flagranza di reato, cioè sull’obbligo di arrestare una persona colta sul fatto, obbligo finora non previsto nei casi di lieve entità. Su questo punto, a febbraio il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese ha annunciato un intervento legislativo che prevede il carcere per i recidivi.

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“Tali reati, infatti, stanno assumendo dimensioni e caratteristiche sempre più preoccupanti ed endemiche nel nostro Paese”, spiegava Molinari nella relazione introduttiva al suo testo. Secondo il leghista, questo obiettivo verrebbe raggiunto aumentando le pene minime e quelle massime previste dall’articolo 73 del testo unico per i casi di “lieve entità”: il minimo passerebbe da sei mesi a tre anni e il massimo dai quattro ai sei. In questo modo, di fatto, la scriminante della “lieve entità” sarebbe applicata soltanto “a condotte relative a droghe pesanti, diversamente da quanto accade attualmente”, è spiegato nella scheda di documentazione del servizio studi della Camera. Chi spaccia eroina o cocaina, ad esempio, rischia una pena minima di sei anni: se viene loro riconosciuta la "lieve entità" ne rischierebbe almeno tre. Chi invece vende hashish o marijuana rischia una pena minima di due anni, ma con la scriminante della “lieve entità” poteva ottenere sei mesi, possibilità che verrebbe negata dalla proposta Molinari. “L’aumento del minimo edittale per il fatto lieve - che passa dagli attuali sei mesi a tre anni di reclusione - comporta l'impossibilità di riferire la fattispecie alle droghe leggere che, nel minimo, prevedono due anni di reclusione”, si spiega ancora nel documento. E così “se attualmente i fatti di lieve entità relativi a droghe leggere possono comportare l'applicazione della pena della reclusione per sei mesi, con la riforma proposta dall'A.C. 2160 (cioè la proposta di Molinari, ndr) per tali sostanze la pena minima sale a due anni di reclusione”.

La Lega chiede inoltre di abrogare il “trattamento di favore” (così lo definisce Molinari) previsto nei casi in cui a commettere i reati siano persone tossicodipendenti o che consumano droghe. Adesso, in caso di condanna per un fatto di lieve entità, il tossicodipendente o l’assuntore di stupefacenti possono ottenere, al posto di una pena detentiva, la possibilità di svolgere un lavoro di pubblica utilità per espiare la condanna.

I rilievi critici delle organizzazioni

Circa il 32% delle persone in carcere ha violato la legge sulle droghe. La media europea è del 18 per cento. La nostra è una normativa molto repressivaPatrizio Gonnella - Presidente Antigone

“Il fenomeno delle droghe deve essere trattato con grande cautela, senza ideologie, con estremo pragmatismo e con la capacità di considerare la complessità del fenomeno”, ha premesso Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone che si batte “per i diritti e le garanzie del sistema penale” (leggi l'articolo sul loro ultimo rapporto). Gonnella ha citato alcuni dati importanti per inquadrare la questione: “Circa il 32 per cento delle persone nelle nostre carceri è lì per aver violato la legge sulle droghe. A chi dice che la nostra legislazione è lassista, io dico che la media europea è del 18 per cento. La nostra è una normativa già produttrice di carcere e in particolar modo repressiva. Abbiamo già pene significativamente alte”. Negli istituti penitenziari italiani, inoltre, i tossicodipendenti sono circa il 28 per cento. Per tutte queste ragioni Antigone è contraria alla proposta di legge di Molinari: “Non la condividiamo per nulla. La filosofia di fondo di questa proposta va nella direzione di una maggiore repressione e di una maggiore carcerazione. Ogni volta che si incide sulla legge sulle tossicodipendenze noi abbiamo flussi di ingresso nelle carceri che producono quel tasso di affollamento che diventa sempre più difficile da gestire con costi sociali, sanitari ed economici enormi”. La proposta “è irrazionale, introduce una grave violazione al principio di proporzionalità”. E lo è anche perché “la Cassazione suggerisce che bisogna evitare di mischiare i mercati delle droghe leggere e delle droghe pesanti, per evitare che i nostri ragazzi vadano nello stesso mercato”.

Le proteste nelle carceri all'inizio dell'emergenza coronavirus hanno riportato alla ribalta un vecchio problema del sistema penitenziario: il sovraffollamento 

“Nei Sert (i servizi per le tossicodipendenze delle Asl, ndr) abbiamo un notevole aumento di utenti con problemi di giustizia che richiedono programmi specifici all’interno del carcere o l’esecuzione penale esterna”, ha sottolineato Guido Faillace, presidente della Federazione italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze (Federserd), secondo il quale “le proposte di legge non possono portare a nessun risultato concreto”. Federserd ritiene che ci sia bisogno di un cambiamento radicale del Testo unico sugli stupefacenti, in vigore dal 1990: “Dopo trent’anni sono modificati molti aspetti e molte abitudini e si è abbassata l’età d’uso delle sostanze”. E per aggiornare il testo bisognerebbe anche convocare ogni tre anni – come impone la legge – la conferenza nazionale “per avere indicazioni per quanto possibile sulla modifica legislativa in merito alle droghe”.

Sulla riforma complessiva della legge e la necessità di convocare una conferenza nazionale concorda Barbara La Russa, responsabile del settore accoglienza del Gruppo Abele. I dati delle carceri, secondo Barbara La Russa, “evidenziano che la vera emergenza è l’elevato numero di persone detenute nelle carceri italiane per una legge molto punitiva e che invece dovrebbero essere curate nel circuito dei servizi di cura. Viene colpito il consumatore, mentre i rappresentanti della criminalità organizzata rappresentano una minoranza”, ha detto ricordando il fatto che su circa 60mila detenuti alla fine del 2019, quasi 15mila erano persone accusate o condannate per l’articolo 73, cinquemila per il concorso in associazione nel traffico e 840 per associazione finalizzata al traffico. Il focus andrebbe posto su altre emergenze criminali, tra cui “il contrasto alle droghe pesanti”, mentre “la persona tossicodipendente andrebbe indirizzata verso un sistema di cura che tuteli il diritto alla salute e non ulteriormente punita”. La misura alternativa alla pena “va salvaguardata per le persone con problemi di tossicodipendenza, anzi è auspicata un’estensione delle possibilità di accesso e non una restrizione”.

“Irragionevole”. Così Hassan Bassi, segretario nazionale, di Forum droghe, bolla la proposta leghista: “Creerebbe una situazione di sovraccarico per le forze dell’ordine e i dipendenti del sistema penitenziario, che già non vivono in una situazione facile”. Inoltre “questa modalità di approccio potrebbe non raggiungere gli obiettivi della premessa della proposta di Molinari, diminuire lo spaccio e il consumo”. Bassi fa emergere un aspetto sull’applicazione della “lieve entità”: “Dai nostri studi spesso è negata nei fatti per persone che, portate in carcere, quando viene loro riconosciuta la lieve entità del loro reato, non possono ottenere una custodia fuori dal carcere. Sono persone ai margini che hanno difficoltà ad avere un domicilio adeguato e una volta entrati nel sistema carcerario hanno difficoltà a uscirne”. L’indifferenziazione tra droghe pesanti e leggere avrebbe anche ricadute sul mercato: il piccolo spacciatore preferirebbe vendere quelle pesanti, a questo punto più remunerative, “andando a creare un fenomeno di commistione tra due mercati di sostanze diverse e impedisce alle forze di polizia di individuare il mercato di sostanze più dannose”.

"Al cervello non frega nulla se una droga è legale o no",  sostiene Massimo Barra, fondatore di Villa Maraini, associazione nazionale per le dipendenze

La depenalizzazione della coltivazione proposta da Magi e altri

Alternativa a quella proposta da Molinari è la proposta di legge di Riccardo Magi, esponente radicale eletto con +Europa, sulla depenalizzazione e sulle misure alternative. Secondo Gonnella, l’iniziativa di Magi “si muove in una direzione più coerente”: “Non si tratta di essere simpatetici o empatici, ma pragmatici. Ogni qual volta che si legifera con la morale, si combinano disastri e non si guarda alle necessità vere, che sono sanitarie, educative”. Per Barbara La Russa “risulta più in linea coi principi costituzionali e più attenta alla situazione carceraria attuale”. Sulla depenalizzazione della coltivazione di piante di cannabis per uso personale “la Cassazione si è già espressa favorevolmente – ha aggiunto –: non costituisce reato la coltivazione svolta di minime svolte in forma domestica, attività di coltivazione con rudimentali tecniche, scarso numero di piante e un modesto quantitativo di prodotto destinato all’uso personale del coltivatore”.

A questa proposta, nel marzo 2021 si è aggiunta anche quella firmata da Caterina Licatini e altri deputati del Movimento 5 Stelle con l'obiettivo di "scoraggiare il ricorso al mercato illegale e alle mafie e di contrastare i pregiudizi connessi all’assunzione di tale sostanza": "Quando l’attività di coltivazione della cannabis non sia concretamente idonea né sufficiente a ledere il bene giuridico della salute pubblica né a favorire la circolazione della droga alimentandone il mercato, non può risultare configurabile il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti, costituendo tale attività una condotta inoffensiva, in linea con quanto affermato dalla recente giurisprudenza, consolidatasi negli ultimi anni e confermata recentemente dalle sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 12348 del 16 aprile 2020", premettevano i proponenti. Il loro obiettivo è inserire nel testo unico l'articolo 75-ter:

In caso di attività di coltivazione di cannabis di minime dimensioni, svolte in forma domestica e che per le rudimentali tecniche utilizzate, per lo scarso numero di piante, per il modesto quantitativo di prodotto ricavabile e per la mancanza di ulteriori circostanze dell’azione che ne indichino l’immissione nel mercato delle sostanze stupefacenti appaiono destinate in via esclusiva ad un uso personale del coltivatore, non si applicano le disposizioni degli articoli 73 e 75

Si tratta dell'articolo che punisce detenzione e spaccio e quello che stabilisce sanzioni amministrative, come la sospensione temporanea della patente o del passaporto, per chi fa uso di droghe.

Dalla sintesi delle proposte si è arrivati al testo base approvato l'8 settembre 2021 che dovrà passare in parlamento. 

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