12 aprile 2020
Le carceri sono state protagoniste della Via Crucis di Papa Francesco in questa Pasqua flagellata dal coronavirus. Quattordici le meditazioni raccolte nella casa di reclusione “Due Palazzi” di Padova e scritte da cinque persone detenute, una famiglia vittima per un reato di omicidio, la figlia di un uomo condannato all’ergastolo, un’educatrice, un magistrato di sorveglianza, la madre di una persona detenuta, una catechista, un frate volontario, un agente di polizia penitenziaria e un sacerdote accusato e poi assolto. Riflessioni che hanno accompagnato la Passione del pontefice, una stazione alla volta, in una piazza San Pietro deserta. Ecco i passaggi più significativi:
lavialibera ha raccontato l'emergenza coronavirus nelle carceri sovraffollate, dove buona parte dei detenuti è tossicodipendente. Puoi leggere tutti gli articoli qui
"Di notte apro gli occhi e cerco disperatamente una luce che illumini la mia storia", un detenuto
Gesù è condannato a morte. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: "Crocifiggilo! Crocifiggilo!". "Crocifiggilo è un grido che ho sentito anche su di me: sono stato condannato, assieme a mio padre, alla pena dell’ergastolo", scrive un detenuto che racconta quando è iniziata la sua "crocifissione": "Ero bambino: se ci penso mi rivedo rannicchiato sul pulmino che mi portava a scuola, emarginato per la mia balbuzie, senza nessuna relazione. Ho iniziato a lavorare, senza poter studiare: l’ignoranza ha avuto la meglio. Il passato è qualcosa di cui provo ribrezzo, pur sapendo che è la mia storia". Poi la prigione: "Ho vissuto anni sottoposto al regime restrittivo del 41-bis e mio padre è morto ristretto nella stessa condizione. Tante volte, di notte, l’ho sentito piangere in cella. Lo faceva di nascosto ma io me ne accorgevo. Eravamo entrambi nel buio profondo". E adesso? "Somiglio più a Barabba che a Cristo, eppure la condanna più feroce rimane quella della mia coscienza: di notte apro gli occhi e cerco disperatamente una luce che illumini la mia storia", conclude.
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Una via crucis percorsa dal Papa con le parole per lo più dei detenuti quella di ieri. Gli eterni crocifissi da chi magari conosce a memoria il diritto divino ma scorda sempre il perdono, per dirla con De André. Come sta accadendo in questi giorni di emergenza sanitaria. pic.twitter.com/KturTF6pbd
— Andrea Oleandri (@AndreaOleandri) April 11, 2020
Gesù è caricato della croce. “Perché proprio a noi questo male che ci ha travolto?", è la domanda che tormenta i genitori di una ragazza uccisa. "Non troviamo pace — scrivono —. Neppure la giustizia, in cui abbiamo sempre creduto, è stata in grado di lenire le ferite più profonde: la nostra condanna alla sofferenza resterà fino alla fine". A nulla è servito il tempo che "non ha alleviato il peso della croce che ci hanno messo sulle spalle: non riusciamo a dimenticare chi oggi non c’è più. Siamo anziani, sempre più indifesi, e siamo vittime del peggiore dolore che esista: sopravvivere alla morte di una figlia".
Gesù cade per la prima volta. Un attimo che ti cambia la vita è quello vissuto dal detenuto, le cui riflessioni accompagnano la terza stazione: "È stata la prima volta che sono caduto, ma quella caduta è stata per me la morte: ho tolto la vita ad una persona. È bastato un giorno per passare da una vita irreprensibile a compiere un gesto nel quale è racchiusa la violazione di tutti i comandamenti". Racconta di un male che gli "cresceva dentro": "Volevo essere accettato per com’ero, senza riuscirci. Soffrivo per la felicità degli altri, sentivo i bastoni tra le ruote, mi chiedevano solo sacrifici e regole da rispettare: mi sono sentito un estraneo per tutti e ho cercato, ad ogni costo, una mia rivalsa. Non pensare che al mondo esistesse la bontà è stata la mia prima caduta. La seconda, l’omicidio, è stata quasi una conseguenza: ero già morto dentro".
Gesù incontra la Madre. Non ha pensato di abbandonare il figlio di fronte alla sua condanna "nemmeno per un istante": quando è entrato in prigione, tutta la famiglia è finita in cella con lui. Ad appesantire la sofferenza "le dita puntate contro tutti noi": "ancora oggi il giudizio della gente non si placa, è una lama affilata". La preghiera: "Imploro su di me la misericordia che solo una madre riesce a provare, perché mio figlio possa tornare a vivere dopo aver espiato la sua pena. Prego di continuo per lui perché, giorno dopo giorno, possa diventare un uomo diverso, capace di amare nuovamente se stesso e gli altri".
Imploro su di me la misericordia che solo una madre riesce a provare, perché mio figlio possa tornare a vivere dopo aver espiato la sua pena", la madre di un detenuto
Gesù viene aiutato dal Cireneo. Il terzo detenuto racconta di aver aiutato, con il suo mestiere, generazioni di bambini a camminare diritti con la schiena. Ma un giorno il suo lavoro è "diventato l’appiglio per una condanna infamante" e si è "trovato a terra". Il suo Cireneo è il compagno di cella, conosciuto la prima notte dietro le sbarre: "un uomo che ha vissuto per anni su una panchina, senza affetti né redditi". La sua unica ricchezza, "una confezione di brioches. Lui, goloso di dolci, ha insistito perché la portassi a mia moglie la prima volta che è venuta a trovarmi: lei è scoppiata a piangere per quel gesto tanto inaspettato quanto premuroso".
Veronica asciuga il volto di Gesù. In carcere ad asciugare i volti è una catechista. Lo fa lasciando scorrere lacrime che hanno il sapore "della sconfitta e della solitudine, del rimorso e della mancata comprensione": "Non si possono arginare le piene di cuori straziati", dice."Tante volte incontro uomini disperati che, nel buio della prigione, cercano un perché al male che sembra loro infinito". Trovare una risposta è arduo, ma può "contemplare quei volti sfigurati dalla sofferenza, senza provarne paura". Così che anche a chi è in carcere venga "offerta ogni giorno la possibilità di diventare persone nuove grazie a quello sguardo che non giudica, ma infonde vita e speranza".
Gesù cade per la seconda volta. "Spacciare droga, ai miei occhi, valeva più del lavoro di mio padre che si spaccava la schiena dieci ore al giorno". Così è caduto e ha trascinato a terra tutta la sua famiglia: il fratello, la madre e il padre. "Solo oggi riesco ad ammetterlo: in quegli anni non sapevo quello che facevo". Adesso che lo sa, sta cercando di ricostruire la sua vita. Lo deve ai genitori, ma soprattutto a sé: "L’idea che il male continui a comandare la mia vita è insopportabile. È diventata questa la mia via crucis".
Gesù incontra le donne di Gerusalemme. "Per quelli come noi la speranza è un obbligo", dice la figlia di un condannato all'ergastolo. Ha passato la vita ad aspettare il ritorno di suo padre, che l'ha costretta a farsi carico della famiglia, della depressione di sua madre, e a diventare donna senza lasciarle il tempo d’essere bambina. "Ho attraversato l’Italia da sud a nord per stargli accanto: conosco le città non per i loro monumenti ma per le carceri che ho visitato". Alla domanda se pensa mai al dolore causato da suo padre alle vittime, risponde con un'altra domanda: "Avete mai pensato che di tutte le vittime delle azioni di mio padre io sono stata la prima? Da ventotto anni sto scontando la pena di crescere senza padre".
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Gesù cade per la terza volta. "In carcere sono diventato nonno: mi sono perso la gravidanza di mia figlia. Un giorno, alla mia nipotina, non racconterò il male che ho commesso ma solamente il bene che ho trovato", dice un detenuto, caduto tante volte. "In carcere la vera disperazione è sentire che nulla della tua vita ha più un senso: è l’apice della sofferenza, ti senti il più solo di tutti i solitari al mondo". Pensa di essere andato in mille pezzi, ma che quei pezzi si possono ancora tutti ricomporre. "Non è facile: è l’unica cosa, però, che qui dentro abbia ancora un significato".
Gesù è spogliato delle sue vesti. Un'educatrice penitenziaria vede entrare in carcere l’uomo privato di tutto: "Viene spogliato di ogni dignità a causa delle colpe commesse, di ogni rispetto nei confronti di sé e degli altri. Ogni giorno mi accorgo che la sua autonomia viene meno dietro le sbarre: ha bisogno di me anche per scrivere una lettera". Definisce queste creature, che le vengono affidate, "sospese": "Degli uomini inermi, esasperati nella loro fragilità, spesso privi del necessario per comprendere il male commesso". Ha scelto questo lavoro dopo che la madre è stata ammazzata in un incidente da un ragazzo in preda agli stupefacenti: "A quel male ho deciso di rispondere da subito con il bene. Ma pur amando questo lavoro, talora fatico a trovare la forza per portarlo avanti. Essere un imbuto di rabbia, di dolore e di cattiverie covate finisce con il logorare anche l’uomo e la donna più preparati".
Gesù è inchiodato alla croce. Da prete ha meditato a lungo sulla pagina del Vangelo che descrive Cristo inchiodato alla croce. "Quando mi hanno messo in croce, ho sentito tutto il peso di quel legno. Il momento più buio è stato vedere il mio nome appeso fuori dall’aula del tribunale: in quell’attimo ho capito di essere un uomo costretto a dimostrare la sua innocenza, senza essere un colpevole". È rimasto sospeso dieci anni, scegliendo di sottoporsi a giudizio ordinario: "lo dovevo a me, ai ragazzi che ho educato negli anni del seminario, alle loro famiglie. Mentre salivo il mio calvario, li ho trovati tutti lungo la strada: sono diventati i miei cirenei".
Gesù muore in croce. "Una vera giustizia è possibile solo attraverso la misericordia che non inchioda per sempre l’uomo in croce: si offre come guida nell’aiutarlo a rialzarsi, insegnandogli a cogliere quel bene che, nonostante il male compiuto, non si spegne mai completamente nel suo cuore". Ne è convinto un magistrato di sorveglianza, "perché tutti, anche da condannati, siamo figli della stessa umanità", dice.
"Avrei potuto esserci io al posto loro, qualora la mia vita avesse preso una direzione diversa", un frate volontario
Gesù è deposto dalla croce. Da sessant’anni entra nelle carceri come frate volontario e ha sempre benedetto il giorno in cui, per la prima volta, ho incontrato questo mondo nascosto."Noi cristiani cadiamo spesso nella lusinga di sentirci migliori degli altri, come se essere nella condizione di poterci occupare dei poveri ci permettesse una superiorità tale da ergerci a giudici degli altri, condannandoli tutte le volte che vogliamo, senza nessun appello". Invece lui negli sguardi dietro le sbarre ha subito compreso con chiarezza "che avrei potuto esserci io al posto loro, qualora la mia vita avesse preso una direzione diversa. Le persone detenute sono, da sempre, i miei maestri".
Gesù è sepolto. Un collega gli ripeteva spesso: “Il carcere ti trasforma: un uomo buono può diventare un uomo sadico. Un malvagio potrebbe diventare migliore”. E lui, agente di polizia penitenziaria, sa che il risultato dipende anche dalle sue azioni: "Stringere i denti è essenziale per raggiungere l’obiettivo del nostro lavoro: dare un’altra possibilità a chi ha favorito il male. Per tentare questo, non posso limitarmi ad aprire e chiudere una cella, senza farlo con un pizzico di umanità" perché "l’indifferenza crea ulteriori danni nella storia di chi ha fallito e sta pagando il proprio conto alla giustizia".
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