17 maggio 2022
Una pluralità di definizioni colora il mondo Nbgq, acronimo di non binary e genderqueer, cioè le persone che non si riconoscono nelle rigide categorie del genere binario, tipicamente uomo o donna. I critici sostengono che sono proprio loro le prime a voler far vedere che sono diverse, con tutte queste etichette; ma una parola non vale l’altra. Il corretto uso del linguaggio è fondamentale per dare forma al mondo intorno a noi e le etichette sono diventate necessarie perché «ciò che non nominiamo non esiste. Ciò che nominiamo male, rimane incastrato tra le grate del pregiudizio» sostiene la copywriter Alice Orrù. Definirsi permette di fare comunità: produrre e diffondere maggiori informazioni sull’argomento, aiutare chi è nella stessa situazione a trovare riferimenti, portare avanti proposte di legge sempre più rappresentative.
La nostra rubrica dedicata agli under 25: Generazione Z
L’identità di genere è un argomento che sta molto a cuore alla mia generazione. È un tema sociale che, se non compreso fino in fondo, rischia di essere sminuito e schernito. Il primo errore è considerare la questione di nicchia o una moda che verrà presto dimenticata, quando invece tocca un diritto sempre attuale che riguarda tutti: il diritto a essere se stessi. Per capirlo, bisogna sfatare alcuni miti. Nel linguaggio comune la parola sesso è usata come sinonimo di genere, ma non è così. Il sesso corrisponde all’identità sessuale anatomica di ogni essere umano, il genere all’identità socialmente costruita. Le due dimensioni, biologica e culturale, trovano un punto di equilibrio nel momento in cui l’individuo acquista consapevolezza di sé e costruisce la propria identità, e non sempre coincidono. L’identità di genere è completamente indipendente e distinta dall’orientamento sessuale: per esempio, una donna può sentirsi un uomo a cui piacciono gli uomini.
Salvati dalla follia: emergi
Dicono: ai miei tempi erano tutti normali, è solo colpa dei social, ma la libertà e la fluidità non sono un’invenzione della generazione Z. Il non binarismo è un fenomeno che esiste da sempre. è il caso di Jens Andersson, cui venne assegnato il genere femminile alla nascita, nel 1760, ma che visse presentandosi come un uomo. In seguito, accusato di sodomia, alla domanda: «Sei un uomo o una donna?» pare che sia stato messo agli atti: «Crede di poter essere entrambi». Eppure, a scuola e all’università continuano a non dirci cosa sia l’identità di genere, non ci informano di quali siano i diritti che possiamo affermare. Nell’ora di educazione sessuale, nel fortunato caso in cui venga fatta, si limitano a parlare di cosa accade tra un uomo e una donna, come se gli altri orientamenti sessuali non esistessero e ci dovessimo necessariamente riconoscere nel sesso assegnato alla nascita.
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