13 luglio 2022
Il 9 dicembre 2021 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva per migliorare le condizioni di lavoro di chi nell’Unione è al servizio delle piattaforme. Ventotto milioni di persone che diventeranno 43 milioni nel 2025, per un giro d’affari balzato dai 3 miliardi di euro del 2016 ai 14 del 2020.
La Commissione precisa che si tratta di una grande opportunità economica, ma anche di una sfida su più livelli. La prima riguarda il corretto inquadramento contrattuale dei lavoratori, classificati come autonomi anche quando sono dipendenti. Un problema che i vertici Ue vogliono risolvere dando per scontata l’esistenza di un rapporto subordinato, se la piattaforma esercita il proprio controllo in almeno due di questi cinque modi: determina o limita la paga; impone il rispetto di norme vincolanti inerenti l’aspetto e il comportamento; supervisiona le prestazioni e verifica la qualità dei risultati; restringe la libertà, anche attraverso sanzioni, di organizzare il proprio lavoro e, in particolare, la discrezionalità di scegliere l’orario di lavoro o i periodi di assenza, di accettare o rifiutare compiti o di ricorrere a subappaltatori o sostituti; limita la possibilità di crearsi una propria clientela o lavorare per altri. Si chiama presunzione legale e le aziende potranno opporsi, però toccherà a loro l’onere della prova, cioè dimostrare il contrario.
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