Le Comunità di sostegno all'agricoltura cambiano il modo di stare insieme nei campi

Nate in Giappone a metà anni '70, si sono sviluppate anche in Italia alcune comunità che pongono al centro del loro progetto la relazione. Un'alternativa contro inquinamento e sfruttamento delle risorse

Matteo Cigna

Matteo CignaStudente

30 giugno 2022

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L’agricoltura è rivoluzione, è politica per modificare il presente. Di questo sono sicuri i soci della Rete italiana delle comunità a supporto dell’agricoltura (Ricsa), nata nel 2018, che si sono riuniti qualche giorno fa in assemblea a Roma. L’obiettivo era confrontarsi sulle strategie più efficaci e decidere le prossime azioni. La prospettiva, diffondere un modo diverso di concepire non solo il lavoro nei campi, ma anche il senso di vivere in comunità.

Po in secca e agricoltura in crisi, l'alternativa c'è

Cosa sono le Csa

Secondo la definizione, elaborata nel 2016 nella dichiarazione di Ostrava, le Csa sono

le comunità a supporto dell’agricoltura sono partenariati diretti basati sulle relazioni tra più persone e uno o più produttori agricoli, che condividono i rischi, le responsabilità e i benefici dell’agricoltura, sottoscrivendo un accordo vincolante a lungo termine

Nate in Giappone a metà anni ’70, vogliono essere una risposta alle preoccupazioni di alcuni consumatori riguardanti la sicurezza alimentare, e a quelle di diversi produttori relative all’inquinamento e allo sfruttamento dei suoli connessi al settore agroalimentare industriale.

La diffusione in Italia

In Italia iniziano a diffondersi nel 2010, con il primo gruppo che si organizza a Pisa. Tre anni dopo, si insedia a Bologna “Arvaia”, che diventa la più grande Csa a livello nazionale. Conta circa 220 soci fruitori. Altre esperienze si sono aggiunte nel tempo.

Due esempi di Csa ben funzionanti sul territorio nazionale sono quello di Cresco, presente in Val Varaita nella provincia di Cuneo, e Semi di Comunità che svolge la propria attività a nord di Roma. 

Nate in Giappone a metà anni ’70, vogliono essere una risposta alle preoccupazioni di alcuni consumatori riguardanti la sicurezza alimentare, e a quelle di diversi produttori relative all’inquinamento e allo sfruttamento dei suoli connessi al settore agroalimentare industriale

La Csa di Cresco viene fondata nel 2020 da Pietro Cigna, 28 anni, e Lorenzo Barra, 34 anni. Dopo aver studiato, viaggiato e fatto una serie di esperienze formative decidono di creare una Csa in un territorio montano, iniziano così a cercare i primi aderenti al progetto. Nel 2021 danno inizio alla loro prima stagione agricola. Contano al loro interno circa 80 soci che hanno diritto a una quota dei prodotti dei campi. La superficie coltivata è di circa un ettaro ed è suddivisa su più terreni, vengono seminate un centinaio di varietà tra ortaggi e piccoli frutti. 

Csa Semi di Comunità nasce invece a Roma a inizio 2019, sulle ceneri di altri progetti di orti comunitari, la superficie da loro coltivata è di tre ettari e contano oggi 170 soci che acquistano una quota cibo. Anche qui le varietà di ortaggi e frutti prodotte sono un centinaio. Le persone che lavorano per questa realtà sono tre: Riccardo Razionale, Davide Gentili e Saverio Inti Carrara, tutti con un’età compresa tra i 32 e i 35 anni. 

Lavorare insieme

In linea generale nelle Csa sono presenti alcuni soci stipendiati (soci-lavoratori) ed altri che prendono parte al progetto in maniera non retribuita (soci-non lavoratori). Lo scopo però è quello di creare una responsabilità collettiva della produzione agricola, su cui si formano altre esperienze di socialità. Molto spesso si condivide il rischio di impresa, stimando, a inizio della stagione agricola, un possibile bilancio complessivo, in cui vengono inserite le diverse voci di spesa (tra cui, ad esempio, lo stipendio dei lavoratori agricoli, le sementi e le piantine da utilizzare e gli investimenti strutturali). La copertura iniziale viene garantita dai soci partecipanti che possono essere un numero molto variabile ma con una media, nelle realtà italiane, che si aggira intorno alla cinquantina di individui/nuclei familiari. Ogni partecipante paga dunque una quota e ogni settimana ciò che viene raccolto dai soci-lavoratori viene diviso tra tutti coloro che hanno preso parte al prefinanziamento. 

La dimensione comunitaria vuole scardinare la differenza tra produttori e consumatori

Il numero di settimane per cui avviene la distribuzione durante l’anno è variabile e dipende dal contesto territoriale e sociale in cui è presente l’esperienza. La dimensione comunitaria non si ferma a questo: c’è un tentativo forte di scardinare la differenza tra produttori e consumatori. I soci non-lavoratori, infatti, vengono invitati a collaborare sia nella gestione della struttura organizzativa della Csa sia nel lavoro agricolo che viene effettuato. Uno dei meccanismi individuati per perseguire questo obiettivo è la creazione di alcuni gruppi di lavoro, che permettono sia di gestire in maniera partecipata le attività, sia di valorizzare le competenze dei singoli. I gruppi di lavoro sono vari, in base al tipo di lavoro che è necessario. 

Un’agricoltura diversa

All’interno di queste esperienze assume una grande rilevanza la dimensione comunitaria con un richiamo ai principi della mutua assistenza e del rispetto reciproco, della democrazia diretta e della trasparenza della filiera produttiva. Il secondo cardine importante è l’agricoltura. Le modalità di produzione utilizzate si ispirano ai principi dell’agroecologia, un modello di coltivazione sostenibile e rispettoso dell’ambiente e delle persone coinvolte a tutti i livelli della filiera produttiva. Il cibo coltivato è di qualità: per prevenire e curare le malattie delle piante, vengono utilizzati  prodotti con un basso impatto ambientale e non dannosi per la salute di chi lo mangerà. Spesso non ci si affida alle certificazioni, come quella biologica, in quanto la differenza tra produttori e consumatori è notevolmente minore rispetto all’agricoltura convenzionale. La biodiversità assume una grande importanza in queste esperienze.   

Le modalità di produzione utilizzate si ispirano ai principi dell’agroecologia, un modello di coltivazione sostenibile e rispettoso dell’ambiente e delle persone coinvolte a tutti i livelli della filiera produttiva

Le Csa sono dunque importanti in un momento storico simile perché cercano di rendere più sostenibili, sotto diversi punti di vista, le filiere di produzione agricola portando avanti anche le lotte politiche della sovranità alimentare. Secondo Riccardo (Csa Semi di Comunità) “l’agricoltura è rivoluzione, è politica, in quanto a livello globale è responsabile di una grande fetta di inquinamento e spreco. Cambiando il modo di fare agricoltura si possono modificare molte cose”. Secondo Davide (Csa Semi di Comunità), inoltre, “i principi fondamentali di una Csa sono la fiducia, relativa al prefinanziamento da parte dei soci, la solidarietà reciproca e la cooperazione per raggiungere un obiettivo comune, in questo caso una buona produzione di ortaggi e frutti”.

I principi fondamentali di una Csa sono la fiducia, relativa al prefinanziamento da parte dei soci, la solidarietà reciproca e la cooperazione per raggiungere un obiettivo comune, in questo caso una buona produzione di ortaggi e frutti

E continua: “La Csa è particolarmente significativa perché il suo obiettivo principale è la sussistenza dell’essere umano, che tramite il lavoro fianco a fianco nei campi e affrontando le diverse difficoltà dovute anche al cambiamento climatico, viene raggiunto in maniera collettiva”. Un concetto ribadito anche da Lorenzo (Csa Cresco), che sottolinea l’obiettivo di radunare le persone intorno a delle sensibilità e a delle tematiche comuni, ovvero quelle di un maggior benessere collettivo e quelle di un maggior rispetto dell’ambiente circostante. 

L’assemblea come punto di ripartenza

Durante l’assemblea di Roma del 25 e 26 giugno, sono state condivise le diverse esperienze delle realtà italiane, con una riflessione sulle strategie migliori per avere un impatto sul mondo circostante. Tra i temi affrontati, la divulgazione di queste esperienze e i metodi per presentarsi al mondo esterno. Diversi passi sono stati già fatti in questi anni, tramite la creazione di un sito e attraverso la condivisione di obiettivi comuni che sono stati man mano raggiunti. La Rete si ri-incontrerà a novembre. 

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