Emergenza Covid-19, Brescello ai cittadini: "Attenti alle mafie"

Nel paese commissariato per infiltrazioni della 'ndrangheta, dove il sindaco elogiava un boss, la nuova amministrazione mette in allerta negozianti e imprenditori dal rischio usura

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

16 aprile 2020

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A Brescello, comune in provincia di Reggio Emilia sciolto nel 2016 per le infiltrazioni mafiose, l’amministrazione comunale scrive ai cittadini e li mette in guardia da alcuni rischi provocati dall’emergenza coronavirus. Non sono rischi sanitari, ma criminali: “Hanno nomi ben precisi: si chiamano usura, mafie, ‘ndrangheta”. Nel paese noto per aver fatto da scenario alle storie di Giovanni Guareschi su don Camillo e Peppone, questi problemi sono ormai noti e la sindaca Elena Benassi chiede ai cittadini di non cercare scorciatoie illegali per le loro difficoltà economiche: “Non sono benefattori, ma approfittatori”. Da settimane le istituzioni mettono in guardia: la criminalità organizzata potrebbe approfittare della crisi economica innescata dalla pandemia da Covid-19 per fornire un sostegno economico sia alle famiglie, sia alle imprese, un sostegno economico non disinteressato e pericoloso. Ora a queste istituzioni si unisce anche l’amministrazione comunale di Brescello.

La criminalità approfitta della pandemia per sostituirsi all'assistenza pubblica. Dai territori parte l'allarme di Libera sull'usura

Un passato di negligenze

Sono emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l'amministrazione a pressanti condizionamentiDecreto di scioglimento

Questo paese di circa 5.600 abitanti è stato a lungo amministrato dai Coffrini, prima Ermes e poi il figlio Marcello, politici di centrosinistra in buoni rapporti con un cittadino particolare: Francesco Grande Aracri, un uomo originario di Cutro (Crotone) condannato in via definitiva per associazione mafiosa nel 2008 e fratello del boss di Cutro, Nicolino Grande Aracri. Nel settembre 2014, intervistato dai giovani della webtv Cortocircuito, il sindaco Marcello Coffrini aveva definito Grande Aracri “uno molto composto ed educato”, nonostante le vicende giudiziarie. Nel 2003, ad esempio, era stato arrestato nell'operazione "Edilpiovra" come presunto capo di un gruppo che taglieggiava imprenditori e commercianti. Vicende che non erano ancora terminate. Pochi mesi dopo l'intervista a Coffrini, il 28 gennaio 2015 nell’ambito dell’operazione "Aemilia" i carabinieri, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna, arrestano Grande Aracri sollevando nuovi sospetti su di lui. Un anno dopo, in seguito alle richieste di dimissioni di Libera Reggio Emilia e Libera Parma e dopo una mozione di sfiducia del Partito democratico, Coffrini lascia l’incarico di sindaco. Pochi mesi ancora e il consiglio dei ministri avrebbe decretato il commissariamento del comune per infiltrazioni mafiose: “Sono emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l'amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l'imparzialità dell’attività comunale”, si legge nel decreto firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

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La lettera sulla crisi da coronavirus

"Le difficoltà che ci troveremo a vivere non dovranno rappresentare terreno fertile per la malavita organizzata"L'amministrazione comunale di Brescello

Nella lettera dell’attuale amministrazione, a cui partecipano alcuni "eredi" politici dei Coffrini tra cui la sindaca, si ricordano le difficoltà economiche nate con la crisi del 2008: “Le restrizioni nei finanziamenti alle famiglie e alle imprese hanno dato forza a soggetti, singoli e organizzati, che si sono offerti di dare sostegno alla nostra economia, grazie alle ingenti risorse che avevano a disposizione e che provenivano da attività di tipo illegale”. Sono, appunto, “usura, mafie, ‘ndrangheta”. “Il processo "Aemilia" e l’operazione "Grimilde" (operazione antimafia del 25 giugno 2019 in cui sono stati arrestati Francesco Grande Aracri e i figli, ndr) hanno reso evidente anche a chi era digiuno di questi fatti che con la ‘ndrangheta non si fanno affari, perché da essa si viene colonizzati in modo dapprima subdolo e mellifluo, poi in termini di ricatto e di violenza”. “Non possiamo ricadere all’interno di questo incubo - si legge ancora -: le difficoltà che inevitabilmente ci troveremo a vivere non dovranno rappresentare terreno fertile per la malavita organizzata”. Da qui nasce l’invito a “non rivolgervi a chi vi propone strade facili per trovare risorse economiche”. 

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