Bogotà, 10 maggio 2021, le madri di alcuni giovani scomparsi durante un evento organizzato dalla Commissione per la verità (da Flickr)
Bogotà, 10 maggio 2021, le madri di alcuni giovani scomparsi durante un evento organizzato dalla Commissione per la verità (da Flickr)

Colombia in cerca di giustizia e verità

Dopo cinquant'anni di guerra interna, il lavoro della Commissione per la verità testimonia l'urgenza di spezzare i rapporti tra narcotraffico, politica ed economia. Parola Carlos Martin Beristain, relatore dell'indagine conclusiva

Gabriele Santoro

Gabriele SantoroGiornalista

Aggiornato il giorno 12 maggio 2023

Madrid, 8 luglio 2022. Carlos Martin Beristain in un incontro alla Casa de America. (Flickr - CC BY-NC-ND 2.0)
Madrid, 8 luglio 2022. Carlos Martin Beristain in un incontro alla Casa de America. (Flickr - CC BY-NC-ND 2.0)

Per la prima volta in Colombia le vittime del conflitto armato, lungo cinquant’anni, sono state messe al centro di un percorso di riconoscimento delle perdite subite e di riconciliazione attraverso l’accertamento della verità e l’applicazione della giustizia riparativa. Il lavoro della Commissione per la verità (Cev), guidata dal gesuita Francisco de Roux Rengifo, non è stato semplice. Lo sa bene Carlos Martín Beristain, medico e psicologo basco con una lunga esperienza di sostegno alle vittime di guerra, unico membro straniero e coordinatore del rapporto finale dell’organismo nato dopo l’accordo di pace del 2016 tra il governo e i guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie (Farc). "Le pressioni sulla Commissione sono cominciate già nel 2018 per paura che la verità provochi ulteriori divisioni in un Paese lacerato dalla violenza", spiega Beristain, incontrato alla Fondazione Basso a Roma. "In realtà quelle pressioni erano tentativi di richiudere lo spazio di partecipazione democratica aperto in tre anni di impegno", continua. Le forze politiche che sostenevano l’ex presidente Alvaro Duque, contrarie all’accordo di pace, ne hanno ostacolato l’azione.

Tra il 1958 e il 2018, ci sono stati 450mila morti e 120mila desaparecidos, otto milioni di persone costrette a lasciare le loro case e un milione di esiliati

Insieme all’incontro con migliaia di vittime della guerra e alla raccolta del contributo testimoniale volontario degli attori del conflitto (ex Farc, militari e paramilitari), la Cev ha acceso una luce sulle ragioni della violenza in Colombia. L’indagine è riassunta nel documento di 896 pagine Hallazgos y recomendaciones de la Comisión de la Verdad de Colombia, pubblicato nel giugno 2022, che pone al centro dell’agenda politica il rilancio degli accordi di pace del 2016, la deposizione delle armi e la rottura delle relazioni tra narcotraffico, politica ed economia. "Il risultato delle elezioni politiche del maggio 2022 è maturato nel contesto del dialogo inedito che abbiamo realizzato nel Paese – prosegue Beristain –. Ciò apre una strada al nostro lavoro per dare compiutezza alla democrazia colombiana". L’impegno della Cev ora alimenta le missioni degli altri due organi della giustizia transizionale nel Sistema integrale di verità, giustizia, riparazione e non ripetizione: la Giurisdizione speciale per la pace (Jep) e l’Unità di ricerca dei desaparecidos (Ubpd).

Colombia, pace fatta. Anzi no

Come definirebbe il lavoro della Commissione della verità?
È stato un ampio processo di dialogo sociale nazionale. La Cev ha raccolto 14mila testimonianze individuali che sono state trascritte. È diventato il più grande archivio sui diritti umani della Colombia. Nei territori si sentivano forti la paura e la speranza di partecipare. Il momento di vedere riconosciuti i crimini subiti nella guerra era atteso da decenni. Abbiamo svolto cinquanta sessioni di riconoscimento diretto tra gli autori della violenza e le vittime. Ventotto case della verità sono state disseminate nel Paese, affinché diventassero comunità in relazione con le realtà sociali.

Con quali esiti?

14mila le testimonianze raccolte: “Il 20% della popolazione è stata vittima diretta degli scontri, ma la società non si è mai mobilitata”

Il nostro obiettivo era generare una trasformazione nella società. Il patrimonio documentale di queste migliaia di testimonianze è uno specchio con il quale guardarsi dentro e guardare ciò che è stato sempre negato. Il documento finale parla di “Colombia ferita”: il 20 per cento della popolazione è stata vittima diretta del conflitto, ma la società non si è mai mobilitata integralmente.

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