30 gennaio 2020
Ryszard Kapuscinski diceva che «lo scrivere non sta tanto in ciò che si pubblica, quanto nelle sue conseguenze». Il reporter polacco coglieva così una verità fondamentale: il buon giornalismo è uno strumento indispensabile a una sana democrazia quando sollecita l’attenzione sulle ingiustizie, accompagnando chi rivendica i propri diritti in solitudine. Lo è anche quando mette in giusto risalto le meraviglie del mondo e dell’essere umano.
Con questo spirito inauguriamo l’avventura de lavialibera. Credendo in un giornalismo che serve perché utile; un giornalismo che, nello scrivere ciò che vede, è di servizio ai cittadini e non a servizio di qualcuno. Dunque un giornalismo che non scade il giorno dopo.
Sentiamo l’urgenza di tornare in campo per osservare da vicino le trasformazioni di questo secolo e provare ad accompagnarne gli sviluppi. Sulle pagine della rivista e sul nostro sito troverete inchieste lunghe e approfondite, interviste, commenti, editoriali, video e infografiche. Racconteremo storie e proporremo analisi per immaginare insieme un futuro realmente diverso.
Partiamo dalla Sicilia, luogo in cui abbiamo scelto di tornare perché – come ricorda Luigi Ciotti nel suo editoriale – qui sono idealmente nate le avventure di Libera e di Narcomafie. Abbiamo scoperto una mafia fiaccata dall’azione repressiva e, ciò nonostante, impegnata nel tentativo di riorganizzarsi. La Sicilia, lo ricorda l’ultimo rapporto dell’Autorità nazionale anticorruzione, è la regione in cui nell’ultimo triennio si è registrato il maggior numero di episodi corruttivi nei contratti pubblici. La seconda, dopo la Calabria, per numero di imprese colpite da interdittive antimafia. Secondo l’ultimo rapporto Svimez, la Sicilia è anche la regione in cui la maggior parte dei rifiuti continua a essere smaltita nelle discariche, con il peggiore tasso di raccolta differenziata rispetto al resto d’Italia. Non a caso proprio la gestione dei rifiuti è al centro delle indagini della Commissione antimafia regionale. Accanto a una Cosa nostra indebolita e invecchiata è emerso un malaffare alto-borghese, un’area grigia apparentemente in crescita che preannuncia forme diverse di criminalità, non del tutto sovrapponibili alla mafia che abbiamo conosciuto nei decenni passati.
In questo primo numero abbiamo affrontato anche il tema dell’odio, che sempre più si presenta come strumento di costruzione di identità e di riconoscimento personale, una richiesta di attenzione e un veicolo di appartenenza nel deserto di altri punti di riferimento. Odio che, per strada e sulla Rete, in Italia si rivolge soprattutto ai migranti.
L’ultimo rapporto Censis ha fotografato una società smarrita, sfiduciata e in gran parte favorevole all’uomo forte al potere. Perciò abbiamo seguito a ritroso le tracce dei sovranismi del Vecchio Continente, per riscoprire la matrice ideologica che nei paesi dell’Est si nasconde dietro ai richiami alla tradizione e alla difesa della sovranità nazionale: l’idea che libertà e partecipazione debbano essere pilotate. La paura reale e indotta alimenta una richiesta di “sicurezza” per la quale negli ultimi anni si è moltiplicata in Europa la costruzione di muri e, anche in Italia, si assiste alla nascita di quartieri blindati.
Se l’odio è una possibilità a portata di mano, non mancano però spinte che vanno in direzione opposta. Nuove soggettività occupano il vuoto lasciato dalla politica e chiedono maggiore giustizia sociale. Ne sono esempio i movimenti e le iniziative ambientaliste che in questo momento incarnano con particolare consistenza quella proposta di transizione ecologica e culturale da più parti invocata. Con una buona notizia: è ancora possibile salvare il futuro, ma occorrono cambiamenti radicali
Da lavialibera n° 1 gennaio/febbraio 2020
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