26 luglio 2023
“Chi scappa dalla guerra in Ucraina può attraversare le frontiere dell’Europa senza documenti e giustamente riceve comunque protezione: perché lo stesso non vale per i rifugiati di altri paesi?”. A chiederselo è Nadine Tunasi, attivista dell’organizzazione britannica Freedom from torture. Originaria della Repubblica Democratica del Congo, vent’anni fa è fuggita dalla guerra e dalle torture e ha trovato asilo nel Regno Unito. Se fosse partita oggi, non avrebbe ricevuto lo stesso trattamento: martedì 18 luglio, il parlamento britannico ha approvato definitivamente l’”Illegal migration bill”, la legge sull’immigrazione voluta dal governo conservatore di Rishi Sunak, che nega il diritto d’asilo a chiunque arrivi sul territorio nazionale senza autorizzazione.
Il principio è semplice: chi entra senza permesso viene arrestato, detenuto ed espulso senza la possibilità di presentare una richiesta d’asilo né di ricorrere ai meccanismi di protezione speciale per le vittime di sfruttamento e traffico di esseri umani previste dal Modern Slavery Act. Si autorizzano inoltre le forze dell’ordine a sequestrare i dispositivi elettronici dei migranti per “accedere, copiare ed utilizzare” informazioni relative al possessore. Obiettivo: “stop the boats”, fermare i barconi che attraversano la Manica, come promesso dal premier Sunak a inizio anno.
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Sin dalla presentazione lo scorso marzo, il testo ha ricevuto numerose critiche rispetto alla sua compatibilità con il diritto internazionale. “La legge equivale a una messa al bando del diritto d’asilo per coloro che arrivano in modo irregolare, indipendentemente dalla genuinità e dalla fondatezza della loro richiesta, e senza alcuna considerazione delle loro circostanze individuali”, ha dichiarato in un comunicato l’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), sottolinando che “la maggior parte delle persone che fuggono da guerra e persecuzioni non ha la possibilità di ottenere passaporti e visti. Non ci sono canali sicuri e legali a loro disposizione”. Sulla stessa linea Dunja Mijatovic, commissaria ai diritti umani del Consiglio d’Europa, che in una lettera indirizzata al parlamento britannico ha dichiarato la legge “incompatible con gli obblighi internazionali del Regno Unito”, compresa la Carta europea diritti umani. I migranti, ricorda Mijatovic, “devono avere la possibilità di presentare la richiesta d’asilo e ottenerne una valutazione equa, indipendentemente dal modo in cui arrivano sul territorio”.
Preoccupa poi l’assenza di tutele per i soggetti più fragili, come le donne incinte, i minori accompagnati e le vittime di abusi: “Le persone migranti, compreso chi ha subito violenze sessuali e torture prima o durante il viaggio, verranno detenute e isolate senza l’assistenza adeguata”, spiega a lavialibera Nadine Tunasi. “Questo non può che creare ulteriori traumi, che però non saranno trattati”. Per le donne incinte e i minori non accompagnati, il governo ha accettato di porre un limite massimo alla durata della detenzione (72 ore per le prime, 8 giorni per i secondi), mantenendo però il potere discrezionale di procedere con l’espulsione. “Così, la legge incentiva i minori ad affidarsi a sfruttatori e trafficanti pur di evitare di essere rimpatriati”, ha dichiarato l’Associazione dei direttori dei servizi per l’infanzia britannica, facendo eco a quanto denunciato dall’Unicef e dal Garante per l’infanzia. “Questo costituisce un netto passo indietro rispetto a oltre 30 anni di consuetudini e pratiche in questo paese".
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“Queste politiche non riducono le partenze, anzi spesso producono lo spostamento dei flussi verso rotte più pericolose e l'aumento delle attività criminali”Tugba Basaran - Centre for the Study of Global Human Movement, Università di Cambrige
Al di là della legalità, gli esperti nutrono forti dubbi sull’efficacia della legge nel ridurre le partenze. “Diversi studi e anche rapporti del governo stesso mostrano che politiche di deterrenza di questo tipo non funzionano”, spiega a lavialibera Tugba Basaran, ricercatrice e direttrice del Centre for the Study of Global Human Movement dell’università di Cambridge. “Anzi, spesso producono lo spostamento dei flussi verso rotte più pericolose e l’aumento delle attività criminali. I traffici di migranti fioriscono quando le frontiere sono chiuse”.
Anzi, sul contrasto al traffico di migranti la legge rischia di rivelarsi controproducente: private automaticamente delle protezioni previste dal Modern Slavery Act, le persone migranti vittime di tratta verrebbero espulse senza essere identificate come tali e senza che le necessarie indagini vengano avviate. A lanciare l’allarme, inascoltato, è stato il Gruppo di esperti sulla lotta contro la tratta degli esseri umani del Consiglio d’Europa: “La nuova legge rappresenterebbe un grave passo indietro nella lotta contro il traffico di esseri umani e la schiavitù moderna nel Regno Unito”, si legge in un comunicato di fine marzo, in quanto “renderebbe più difficile identificare le vittime, perseguire i trafficanti e combattere la tratta”.
Resta poi il nodo della praticabilità. Per quanto riguarda le espulsioni, la legge prevede tre possibili destinazioni: il paese d’origine, un paese di transito o un “paese terzo sicuro”. In tutti i casi, però, servono accordi bilaterali che permettano il trasferimento dei migranti. ll modello è il memorandum con il Ruanda firmato dal governo di Boris Johnson nell’aprile 2022, in virtù del quale lo stato africano si impegna (dietro lauti finanziamenti) a ricevere e dare alloggio ai migranti espulsi dal Regno Unito, che potranno ricevere lì lo status di rifugiato o essere nuovamente trasferiti in un altro “paese terzo sicuro”. Un piano certamente insufficente rispetto all’entità dei flussi, oltre che costosissimo: lo stesso ministero degli interni britannico ha stimato a 169mila sterline (cica 195mila euro) gli oneri per il trasferimento di ogni migrante, circa 73mila euro in più che mantenerlo nel Regno Unito.
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Ci sono poi gli ostacoli legali: lo scorso giugno, la Corte d’appello inglese ha dichiarato l’accordo illegittimo a causa delle carenze del sistema d’asilo ruandese, mentre un anno prima la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva bloccato poco prima del decollo l’aereo che avrebbe dovuto portare i primi migranti nello stato africano. Per uscire dall’impasse, il governo Sunak ha annunciato di voler fare ricorso contro la decisione della Corte d’appello e ha inserito nella nuova legge un provvedimento che permette ai ministri di ignorare i provvedimenti cautelari urgenti emessi dalla Corte europea per bloccare le espulsioni.
La domanda sorge spontanea: dove verranno collocati i migranti arrestati nell’attesa che il piano ruandese venga sbloccato e altri accordi per il rimpario vengano firmati? Al momento, riporta la BBC, 51mila richiedenti asilo alloggiano in 395 hotel sparsi sul territorio britannico, ad un costo di circa 7 milioni di euro al giorno per lo Stato. Altri 3.700 verranno ospitati in due basi militari dismesse e un altro migliaio in due chiatte adibite a centri d’accoglienza galleggianti. Una di queste, la Bibby Stockholm, è approdata settimana scorsa al porto dell’Isola di Portland, sulla costa meridionale dell’Inghilterra.
Ma le soluzioni d’emergenza appaiono insufficienti a fronte del numero di richiedenti asilo che verranno respinti in seguito all’entrata in vigore della legge: secondo il Refugee Council, nel primo anno tra le 225mila e le 257mila persone arrivate nel Regno Unito, di cui circa 40mila minori, vedranno automaticamente rigettata la loro richiesta d’asilo, ma solo 67mila verranno espulse. I restanti 190mila saranno condannati alla detenzione a tempo indeterminato o abbandonati a se stessi, senza mezzi di sussistenza né possibilità di lavorare legalmente ed esposti al rischio di sfruttamento.
“Con questo accordo, la Francia conferma e rafforza il proprio ruolo di braccio armato del Regno Unito”Rania - Human Rights Observers
La stretta sui diritti dei migranti tocca anche l’altra sponda della Manica: lo scorso marzo, il premier britannico Sunak e il presidente francese Macron hanno firmato a Parigi un nuovo accordo sul contrasto all’immigrazione irregolare. Gli strumenti previsti sono quelli dell’ormai rodato arsenale di esternalizzazione delle frontiere: il Regno Unito mette i soldi (541 milioni nei prossimi tre anni), la Francia gli uomini (500 agenti di polizia in più), le strutture e i mezzi. In particolare, si parla di un nuovo centro di detenzione nell’area di Calais e di “nuove infrastrutture ed attrezzature di sorveglianza, ulteriori droni, elicotteri e velivoli per contribuire all’azione delle autorità francesi nella sorveglianza di un’ampia zona nel Nord della Francia ed impedire sempre più traversate”.
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“Con questo accordo, la Francia conferma e rafforza il proprio ruolo di braccio armato del Regno Unito”, denuncia a lavialibera Rania, responsabile comunicazione di Human Rights Observers, ong che vigila sull’operato della polizia nei confronti dei migranti sulla sponda francese della Manica. “Non diminuiranno le partenze, anzi crescerà il numero di coloro che, in assenza di alternative, scelgono di affidarsi ai trafficanti. Dal lato francese, ci sarà più violenza verso i migranti, più arresti e detenzioni arbitrarie, più espulsioni”.
Secondo il Telegraph, Sunak starebbe cercando di concludere un accordo simile anche con l’Italia. Lo scorso aprile aveva ricevuto a Londra la presidente Meloni, che non aveva risparmiato gli elogi verso le politiche migratorie del governo britannico. In quell’occasione, i due avevano firmato un memorandum d’intesa nel quale promettevano di “lavorare insieme per proteggere i nostri confini” e di stipulare “rapidamente” un “Partenariato strategico sulla migrazione”.
Grandi assenti, sia nella nuova legge che negli accordi, i canali legali. Nonostante i proclami, non c’è ombra di iniziative concrete per permettere a chi scappa da guerre e persecuzioni di ottenere protezione e trasferirsi in modo sicuro. “Se i migranti potessero ottenere un visto e prendere un aereo, certamente lo farebbero. Ma dato che non è così, la traversata della Manica resta l’unica possibilità”, continua la dottoressa Basaran. “Dall’inizio della guerra in Ucraina, il Regno Unito ha attivato diversi meccanismi per permettere ai rifugiati di trasferirsi. Sono canali legali perché i governi hanno deciso di renderli tali. Dovremmo prenderli ad esempio e garantire le stesse opportunità ad altre persone altrettanto bisognose di protezione”.
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