10 luglio 2023
Droni in grado di intercettare piccoli aerei e radar marittimi di lunga distanza. Sono due dei nove progetti che Leonardo e Engineering Ingegneria Informatica hanno sviluppato grazie a finanziamenti dell’Unione europea. Fondi che hanno l’obiettivo di realizzare soluzioni tecnologiche per il controllo delle frontiere, e il respingimento dei migranti. Le due aziende, in collaborazione con altre imprese Ue e persino alcune università italiane, si sono aggiudicate sei milioni di euro. Ma non sono le sole. Tra il 2014 e il 2022, l’Europa ha sostenuto 49 lavori di questo tipo, versando in totale 250 milioni di euro.
Migranti, dieci minacce hi-tech
Due studi, pubblicati oggi da Statewatch ed EuroMed Rights, che lavialibera ha potuto visionare in anteprima, documentano come l’Unione spenda miliardi di euro per proteggere i propri confini, investendo non solo nell’acquisto e nella ricerca di strumenti hi-tech, ma anche nella formazione e nella dotazione delle forze dell’ordine sia dei Paesi Mena (Medio Oriente e Nord Africa), sia di altri Stati africani, come il Niger, e balcanici. Soldi che sono serviti, e serviranno, a mettere in piedi un’infrastruttura di sorveglianza alle frontiere interne ed esterne dell’Ue, senza alcun “riguardo per i diritti delle persone in movimento così come delle popolazioni locali”, denunciano gli autori dei report.
Tra il 2014 e il 2022, l’Europa ha sostenuto 49 progetti per lo sviluppo di soluzioni hi-tech alle frontiere, versando in totale 250 milioni di euro
L’analisi di Statewatch si concentra sullo stato dei confini interni, evidenziando come il budget che l’Unione ha previsto tra il 2021 e il 2027 con l’obiettivo di contribuire alle politiche di frontiera è cresciuto del 94 per cento rispetto a quello dei sei anni precedenti (2014 e 2020), raggiungendo i 115 miliardi di euro. C'è molta attenzione alla Grecia che tra il 2014 e il 2020 ha ricevuto nel complesso 977 milioni di euro per la gestione delle migrazioni, mentre tra il 2021 e il 2027 sarà destinataria di 1,5 miliardi di euro. Anche i soldi diretti in modo specifico al rafforzamento delle frontiere elleniche sono aumentati, balzando dai 303 milioni a più di un miliardo di euro, con un incremento del 248 per cento. Altri rialzi significativi riguardano i confini di Francia e Croazia, al cui sviluppo è destinato rispettivamente il 200 e il 100 per cento in più del sessennio prima.
Per l'Italia non è previsto un aumento significativo, ma il nostro Paese – spiega a lavialiberaChris Jones, direttore di Statewatch – "è da sempre uno degli Stati europei a cui spetta la più grande quota dei finanziamenti Ue". Nello specifico, tra il 2014 e il 2020 il nostro governo ha ricevuto la più alta somma di fondi Ue dedicati a implementare le politiche di frontiera, dopo la Grecia, per un totale di oltre 830 milioni di euro. Le previsioni per il 2021-2017 vedono salire la quota a 911 milioni di euro, con la penisola quarta in classifica a seguito di Grecia (1,5 miliardi di euro), Francia (1,2 miliardi di euro), e Spagna (922 milioni di euro).
Non tutto il budget verrà sfruttato per sistemi hi-tech – precisano gli autori del dossier –, stimando però che comunque a questo scopo verranno spesi miliardi di euro. Come dimostra anche un recente documento della commissione Ue che indica le tecnologie d'avanguardia, e le grandi banche di informazioni condivise, come priorità politica. Per avere un'idea di quale possa essere il futuro dei confini Ue, sono interessanti i progetti di ricerca che l'Unione ha scelto di sostenere.
L'Italia ha un ruolo di primo piano pure in questo campo. Negli ultimi anni Leonardo, azienda italiana leader nei settori della difesa, della sicurezza e dell’aerospazio, che ha come maggiore azionista il ministero della Difesa, ha partecipato a tre programmi sovvenzionati dall’Europa. Quello in cui ha fatto da capofila, che conta anche altre aziende italiane e l’università degli studi di Bologna, si chiama Marisa e ha come obiettivo “combattere la migrazione irregolare” al pari del “traffico di stupefacenti” grazie all’elaborazione di un sistema di sorveglianza in mare che permetta di correlare dati provenienti da diverse fonti, inclusi i social network. Mentre Ranger, concluso nel 2019, prevedeva lo sviluppo di radar per la sorveglianza marittima a lunga distanza per identificare “le imbarcazioni sospette”. Infine c'è Promenade, che terminerà nel 2023 e coinvolge anche l’università Cattolica del Sacro Cuore. Lo scopo è la messa a punto di una piattaforma che sfrutta intelligenza artificiale e big data per migliorare il tracciamento delle barche. Tra i progetti a cui partecipa Engineering Ingegneria Informatica, una società italiana che sviluppa soluzioni informatiche, c’è da segnalare Flexi-Cross che la vede impegnata nella creazione di soluzioni innovative per migliorare i controlli alle frontiere, incluse la verifica dei dati biometrici e l'identificazione in tempo reale.
L’evoluzione hi-tech non riguarda solo i confini interni ma anche il processo di esternalizzazione delle frontiere, come evidenzia il rapporto pubblicato da Euromed Rights che si focalizza sull’impatto che l’Eu Emergency trust fund for Africa (Eutf for Africa), un fondo da cinque miliardi di euro lanciato nel 2015, ha avuto negli Stati del Medio Oriente e dell’Africa occidentale, anche se – precisa Antonella Napolitano, autrice dello studio – questi progetti hanno ripercussioni pure in altre zone del continente africano, soprattutto nella fascia del Sahel, da dove proviene circa il 90 per cento dei migranti che arrivano in Italia.
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Due esempi significativi:
Esemplare è il caso dell’Algeria dove nell’aprile 2019 Cepol, l’agenzia europee per la formazione delle forze dell’ordine, ha organizzato delle sessioni per esponenti della polizia algerina in cui sono state insegnate tecniche di sorveglianza digitale. Competenze che, mette in guardia Napolitano, possono essere usate anche contro attivisti locali, creando ulteriore instabilità politica che anziché arginare le migrazioni, contribuisce ad alimentarle: “Non sappiamo se le autorità algerine abbiano effettivamente sfruttato questi corsi per contrastare l’immigrazione irregolare – dice la ricercatrice –. Abbiamo invece individuato una concomitanza temporale con le proteste in Algeria del 2019. Alle rivolte, hanno fatto seguito campagne online di disinformazione e propaganda portate avanti da gruppi pro-regime”. Varie istituzioni europee e internazionali, ad esempio la Nato, hanno tenuto corsi analoghi anche in Egitto, Marocco e Tunisia.
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Secondo gli autori dei dossier, l’utilizzo di nuove tecnologie alle frontiere Ue pone significative sfide per il rispetto dei diritti umani, a causa della grande quantità di informazioni che collezionano, e dei pregiudizi che ereditano dagli esseri umani. Basti pensare a EUMigraTool, uno strumento realizzato grazie al programma Ue Horizon 2020, che si propone di fornire previsioni sulla provenienza e il numero di migranti diretti in uno specifico Paese europeo. I dati che andranno ad alimentare questa sorta di sfera di cristallo, con cui l'Ue ambisce ad anticipare i flussi migratori in modo da arginarli, saranno i più disparati: dai servizi tv alle notizie sui quotidiani online, passando per i social network. Società civile e accademici hanno chiesto di impedirne l'utilizzo e di fermare lo sviluppo di sistemi predittivi in questo ambito, evidenziando che potrebbe generare ed esacerbare il presupposto infondato che alcuni gruppi di persone rappresentino un rischio per la sicurezza.
L'Ue forma le forze dell'ordine dei Paesi africani. Competenze che, mette in guardia la ricercatrice Antonella Napolitano, possono essere usate anche contro attivisti locali, creando ulteriore instabilità politica
Eppure nessuna norma dell’Unione ha fatto fronte alla questione, anzi ha avallato l'impiego di questi strumenti. L'ultima dimostrazione: la proposta di legge Ue sull'intelligenza artificiale, che andrà a proteggere i cittadini del Vecchio continente dagli abusi dell'impiego della tecnologia, non prevede le stesse tutele per i migranti.
Un altro punto toccato dal dossier di Statewatch riguarda l'efficacia del rafforzamento dei confini. A questo proposito significativo è il caso del confine meridionale della Spagna che negli ultimi trent'anni è stato tecnologicamente potenziato da governi sia di destra sia di sinistra. All'inizio, l'infrastruttura consisteva di una semplice recinzione di filo spinato, mentre oggi ci sono, tra le altre cose, droni, satelliti, telecamere termiche e sistemi di riconoscimento facciale. Ma il principale risultato è stata "la deviazione dei flussi migratori verso altre rotte, più pericolose, costose e lunghe, con il conseguente vertiginoso aumento delle morti in mare", ricorda Jones, concludendo che la produzione di queste tecnologie sta determinando anche notevoli danni ambientali: "Sensori e telecamere sono realizzati grazie all'estrazione di preziose risorse naturali, come cobalto, nichel e litio, che va a impoverire ancora di più il Sud del mondo".
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