21 agosto 2023
Luglio è stato il mese più caldo di sempre. A comunicarlo è Copernicus, il servizio europeo sui cambiamenti climatici, che riporta temperature superiori di 0,7 gradi centigradi sopra la media di riferimento trentennale 1991-2020. E più il termometro sale, più si cercano modi per rendere i luoghi in cui si trascorre il tempo vivibili e quindi più freschi. Così aumenta la richiesta di raffreddamento in case, uffici e mezzi di trasporto di tutto il mondo. L’Agenzia internazionale dell’energia stima che tra il 2016 e il 2050 il numero di condizionatori salirà del 244 per cento, passando da 1,6 a 5,6 miliardi di apparecchi installati. Con una conseguenza diretta: l’incremento della quantità di energia elettrica necessaria per far funzionare aria condizionata e ventilatori. Ma c’è chi non può permettersela o chi ha a disposizione solo impianti di scarsa qualità. Un sovraccarico che rischia di generare black out e altro inquinamento, come mettono in luce uno studio e un progetto che fonde arte e scienza, che cercano di dare anche soluzioni.
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L’approvvigionamento energetico e la domanda crescente di energia elettrica in tutte le aree geografiche del mondo sono una delle sfide più grandi da affrontare nei prossimi decenni. Lo sviluppo di settori come quello dell’edilizia, dell’industria e dei trasporti ha fatto salire l’offerta di 2,5 volte tra il 1971 e il 2020 e del 39 per cento negli ultimi vent’anni. Il raffreddamento degli edifici ha rappresentato quasi il 40 per cento del consumo totale di energia. A fotografare la situazione è una ricerca scientifica del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici pubblicata su Nature.
“Concentrandoci sulle temperature percepite sono emerse le necessità di Paesi come Thailandia, Cambogia e Vietnam, prima poco presi in considerazione. Questi Stati, però, fanno fatica a gestire la richiesta: nelle zone povere l’installazione sta avvenendo in maniera disordinata, utilizzando condizionatori di seconda scelta, che inquinano e consumano di più”.
Enrico Scoccimarro, senior scientist e uno degli autori dello studio, spiega a lavialibera che questi dati sono un aiuto pratico anche per i decisori politici, per indirizzarli su come fare in modo di aumentare gli stoccaggi di energia e, allo stesso tempo, mitigare l’innalzamento delle temperature. Le novità interessanti sono tre. “La prima è che abbiamo fatto i calcoli sulle temperature percepite, tenendo conto anche della percentuale di umidità presente”.
Più alto è questo valore, infatti, più vulnerabile è l’essere umano, perché riesce a disperdere il calore con più difficoltà. Lavorare sulla percezione, inoltre, permette di comprendere la reale domanda di energia elettrica per il raffreddamento a livello globale, perché è su quello che si basa, molto spesso, la decisione di installare o meno condizionatori o ventilatori.
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“Concentrandoci sulle temperature percepite sono emerse le necessità di Paesi come Thailandia, Cambogia e Vietnam, prima poco presi in considerazione. Questi Stati, però, fanno fatica a gestire la richiesta: nelle zone povere l’installazione sta avvenendo in maniera disordinata, utilizzando condizionatori di seconda scelta, che inquinano e consumano di più”.
L’Agenzia internazionale dell’energia stima che tra il 2016 e il 2050 il numero di condizionatori salirà del 244 per cento, passando da 1,6 a 5,6 miliardi di apparecchi installati
“C’è una seconda novità – continua Scoccimarro – che riguarda il peso assegnato alle aree che abbiamo analizzato. Mi spiego meglio: visto il focus della nostra ricerca, che riguarda le tendenze globali sull’utilizzo di energia per il raffreddamento, era inutile prendere in considerazione il fatto che si scaldasse una zona ampia ma desertica o che questa aree facesse media con altre densamente popolate. Abbiamo rivolto un’attenzione specifica alle città e ai luoghi in cui la popolazione è maggiore”. Il terzo punto preso in considerazione è la durata della richiesta di raffreddamento, ovvero l’individuazione dei periodi in cui si verificano eventi intensi e non solamente le medie annuali, che possono essere fuorvianti dato l’obiettivo.
Per trovare soluzioni è necessario anzitutto “avvicinare il problema”, ovvera conoscerlo nei suoi aspetti specifici. Essere a conoscenza di difficoltà dall’altra parte del mondo non sempre porta ad affrontare adeguatamente le questioni su scala globale, soprattutto per temi come il consumo e lo stoccaggio di energia elettrica.
Da questa riflessione è nato The cooling solution, un progetto che ha mosso i primi passi da una ricerca scientifica (Energya) che aveva il compito di studiare i comportamenti delle persone quando fa troppo caldo o troppo freddo e che poi si è trasformata in una mostra, che si trova ora a Venezia. Durante lo studio, è stata presa in considerazione la parte di popolazione che, troppo povera, non ha accesso a sistemi di raffreddamento, con la conseguente esposizione a maggiore vulnerabilità agli eventi estremi. Chi, invece, può permettersi l’aria condizionata vede salire le spese fino al 40 per cento.
Per riuscire a fare ciò il gruppo di ricerca ha raccolto dati da censimenti e uffici statistici in diversi paesi, paesi ricchi, poveri, caldi e temperati, in particolare riguardo i paesi dell’Europa, l’India, l’Indonesia e il Brasile
“Fino a ora non esisteva una quantificazione su scala globale di questi comportamenti, ossia una quantificazione della domanda di energia per il raffreddamento” spiega Jacopo Crimi, responsabile della comunicazione del progetto Energya “e per questo abbiamo trovato un modo perché potessero essere divulgati e capiti anche dai non esperti.” Per riuscire a fare ciò, il gruppo di ricerca ha raccolto dati da censimenti e uffici statistici in diversi Stati, paesi ricchi, poveri, caldi e temperati, in particolare riguardo i paesi dell’Europa, l’India, l’Indonesia e il Brasile. Il team si è affidato alle immagini di Gaia Squarci “per avvicinare un largo pubblico a risultati tecnici attraverso un linguaggio ibrido. Le immagini hanno permesso di uscire dalla bolla di chi è già consapevole dell’esistenza e della gravità del cambiamento climatico.
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Così, mentre la scienza mette in luce il progressivo aumento della necessità di energia elettrica per il raffreddamento e l’inasprimento delle disuguaglianze tra chi può permettersi un impianto e chi invece deve farne a meno, si cercano nuovi modi per arrivare al pubblico. “Il messaggio – conclude Crimi riportando il valore di un tipo di progetto come questo – è che siamo tutti intimamente collegati, e che le nostre azioni e le scelte di vita si ripercuotono sia su chi fa parte di altre fasce socioeconomiche nel nostro stesso paese sia su chi abita altrove”.
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