28 aprile 2023
Luoghi vitali, certo complessi e non lineari, gravidi di opportunità e quindi interessanti. Il Novecento è stato il secolo dell'urbanità, basti pensare che oggi oltre il 50 per cento dei terrestri vive o si appresta a vivere in contesti cittadini. Una storia di successo che, se analizzata in profondità come fa Bertram Niessen in Abitare il vortice, risulta piena di contraddizioni, stressata da una realtà economica, sociale e ambientale che non si accontenta degli strumenti dello storytelling.
L'autore conduce il lettore dentro un lavoro di analisi che non si ferma alla fotografia del "ciò che è", ma invita all'immaginazione e alla sperimentazione, alla ricerca e alla messa in pratica di futuri desiderabili. Da un lato c’è la città degli specchi, che per qualche decennio ha rappresentato al meglio l'ideologia della crescita senza limiti, ha interpretato in maniera esemplare il meccanismo di attrazione ed estrazione di valore e contribuito alla narrazione di successo della competizione tra centri produttivi, tanto di economie quanto di immaginari culturali. Dall’altro, la città delle crepe, con le crisi assortite degli ultimi quindici anni (l'ultima quella pandemica), che hanno portato in superficie tutti gli aspetti di criticità di quel modello di città – è il caso di Milano, esempio italiano più calzante ed esposto – che sale e allo stesso tempo lascia indietro, che produce rigenerazione urbana e insieme moltiplica l'esclusione. Disuguaglianze crescenti, frammentazione comunitaria, incertezza, mancanza di prospettiva e senso comune sono sintomi di una difficoltà che, se non compresa e interpretata, rischia di minare la già fragile infrastruttura sociale cui oggi possiamo fare riferimento.
Lo sguardo di JR sulle periferie del mondo
Abitare il vortice significa quindi invertire la tendenza, lavorando per "redistribuire e legare, mutualizzando l'esperienza di vita di comunità", come spiega Paolo Venturi, direttore dell’Associazione italiana per la promozione della cultura, della cooperazione e del no profit (Aiccon). Abitare il vortice richiede investimenti corposi in termini di tempo, competenze e coraggio nella trasformazione delle politiche. Abitare il vortice – perchè non ci si salva da soli ma insieme, come insegna Richard Sennett – vuol dire mettere sotto stress tutti i paradigmi economici, pianificatori e antropologici che ci hanno portati fin qui, restituendo allo spazio urbano il suo ruolo di laboratorio politico, dove prossimità e coscienza di luogo, cura, cooperazione e innovazione diventino gli ingredienti principali di una nuova stagione delle città.
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