20 giugno 2020
Prima costretti a fuggire dalla fame e dalle guerre e poi condannati a vivere in condizioni precarie, o persino senza un tetto sopra la testa né mezzi di sostentamento, più a lungo che in passato. Nel 2019 il numero dei profughi ha raggiunto quota 79,5 milioni: una cifra quasi raddoppiata rispetto al 2010, quando se ne contavano 41 milioni, e che nell'ultimo anno è incrementata di quasi dieci milioni di unità. Un numero di persone che supera l'intera popolazione dell’Egitto: il quattordicesimo Paese più popoloso al mondo. Tra loro ci sono molti bambini, pari circa al 40 per cento del totale.
È il dato che emerge dal nuovo Global Trends: il rapporto annuale dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), pubblicato in occasione della giornata mondiale del rifugiato. L’incremento annuale, rispetto ai 70,8 milioni di persone in fuga registrati alla fine del 2018, rappresenta il risultato di due fattori principali. Il primo riguarda le nuove preoccupanti crisi verificatesi nel 2019, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo, nella regione del Sahel, in Yemen e in Siria. Il secondo è relativo a una migliore mappatura della situazione dei venezuelani che si trovano fuori dal proprio Paese, molti non legalmente registrati come rifugiati o richiedenti asilo, ma per i quali sono necessarie forme di protezione.
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Il report dà le proporzioni di un fenomeno dietro cui ci sono storie di disperazione che si protraggono nel tempo. “Siamo testimoni di una realtà nuova che ci dimostra come gli esodi forzati, oggi, non soltanto siano largamente più diffusi, ma, inoltre, non costituiscano più un fenomeno temporaneo e a breve termine”, ha detto l’Alto commissario delle Nazioni unite per i rifugiati, Filippo Grandi. Una condizione che si ripercuote soprattutto sui più piccoli, così esposti al rischio di violenze sessuali e abusi. Le stime dell'Unhcr parlano di 34 milioni di under 18 in fuga lo scorso anno. Bambini che spesso vivono gran parte della propria infanzia — se non l'intera vita — da profughi. Una delle tante situazioni drammatiche è quella dei minori, senza parenti né genitori, che si trovano in Grecia, ovvero circa 5500. "Ci sono adeguate strutture solo per il 20 percento di loro, mentre gli altri sono esposti ad abusi e sfruttamento", aveva segnalato a lavialiberaBoris Cheshirkov, portavoce dell'alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, che si trovava a Lesbo dopo l'annuncio dell'apertura dei confini ai migranti interessati a raggiungere l'Europa da parte del presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan.
Stando a quanto si legge nel report, è proprio il protrarsi nel tempo della condizione da sfollato uno dei cambiamenti più significativi degli ultimi anni. Mentre da metà degli anni Novanta al 2010 il numero di profughi si è mantenuto stabile e allo stesso tempo molti di loro sono stati rimpatriati o hanno avuto la possibilità di rifarsi una vita in un altro Paese, nella scorsa decade qualcosa è mutato: sempre più persone hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni, ma hanno avuto sempre meno opzioni per ricominciare da capo. Per esempio, tra il 2010 e il 2019 solo 3,9 milioni di rifugiati hanno potuto fare ritorno nella loro nazione di origine, contro i dieci milioni della decade precedente. Negli anni Novanta, una media di 1,5 milioni di rifugiati riusciva a fare ritorno a casa ogni anno. Negli ultimi dieci anni la media è crollata a circa 385mila.
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Una situazione legata "al prolungarsi dei conflitti, come quello siriano che dura ormai da dieci anni", spiega a lavialiberaMonica Massari, docente di sociologia dell'Università di Milano. Anche nel 2019, infatti, la popolazione siriana conta il maggior numero di profughi: 13,2 milioni di persone, inclusi 6.6 milioni di rifugiati e più di sei milioni di sfollati all'interno della stessa Siria. A seguire ci sono il Venezuela, l'Afghanistan (al quinto anno di conflitto), il Sudan del Sud, il Myanmar e la Somalia. Al protrarsi delle guerre si aggiunge il fatto che a queste persone viene impedito di raggiungere l'Europa — aggiunge Massari —. Di conseguenza, c'è chi vive nei campi profughi per anni, se non per intere generazioni".
Da notare che oltre l’80 per cento delle persone in fuga nel mondo vive in Paesi o territori afflitti da insicurezza alimentare e malnutrizione grave, molti dei quali soggetti al rischio di cambiamenti climatici e catastrofi naturali. Questi ultimi, inoltre, vengono considerati potenziali principali cause di conflitti e sfollamento. "Il cambiamento climatico e i disastri naturali possono esarcerbare i pericoli che costringono le persone a fuggire all'interno del loro paese o a attraverso i confini internazionali— si legge nel rapporto —. L'interazione tra crisi climatica, conflitto, fame e povertà crea emergenze sempre più complesse". La Turchia è la nazione che ha ospitato più rifugiati, seguita dalla Colombia e dalla Germania (unico Stato europeo della lista).
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