Giorgia Meloni e il premier albanese Edi Rama
Giorgia Meloni e il premier albanese Edi Rama

Migranti, la Corte costituzionale albanese sospende l'accordo Meloni-Rama. Ecco il perché

L'accordo tra Italia e Albania, firmato a Roma il 6 novembre scorso da Giorgia Meloni e Edi Rama, per la gestione di una quota dei migranti salvati nel Mediterraneo da navi militari italiane, potrebbe aver violato la costituzione albanese e le convenzione internazionali a cui il Paese aderisce. Ecco perché la Corte costituzionale dell'Albania ha deciso di sospendere la ratifica del memorandum

Rosita Rijtano

Rosita RijtanoRedattrice lavialibera

Aggiornato il giorno 30 gennaio 2024

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Aggiornamento: L'accordo tra Italia e Albania, firmato a Roma il 6 novembre scorso da Giorgia Meloni e Edi Rama "è conforme alla Costituzione". Lo ha deciso la Corte costituzionale di Tirana, dopo che il mese scorso 30 deputati del Partito democratico di opposizione avevano presentato ricorso contro la costituzionalità del Trattato. I giudici - 5 a favore e 4 contro - hanno dunque stabilito che l'accordo può passare alla ratifica del Parlamento di Tirana.

Come anticipato da lavialibera, l'accordo siglato tra la premier italiana Giorgia Meloni e la sua controparte albanese, Edi Rama, per la gestione di una quota dei migranti salvati nel Mediterraneo da navi militari italiane, potrebbe aver violato la costituzione albanese e le convenzione internazionali a cui il Paese aderisce. Per poter cedere la sovranità di porzioni del territorio albanese, Rama avrebbe dovuto ottenere l'autorizzazione da parte del presidente della Repubblica. Ecco perché la Corte costituzionale dell'Albania ha deciso di sospenderne la ratifica del memorandum fino a quando sarà verificato il rispetto delle procedure, accogliendo i due ricorsi presentati dal Partito democratico e da altri deputati schierati a fianco dell'ex primo ministro Sali Berisha.

Il testo integrale del ricorso del Partito democratico albanese 

Cosa prevede l'accordo sui migranti Meloni-Rama e quali sono i punti critici in Italia e in Albania

L’accordo prevede la realizzazione in Albania di due strutture per le “procedure di frontiera o di rimpatrio” dei migranti che ospiteranno non più di tremila persone in contemporanea, per un totale – si stima – di 36mila persone l'anno. Strutture che, precisa il memorandum, saranno gestite da personale italiano nel rispetto delle leggi italiane ed europee.

L'accordo durerà cinque anni e sarà rinnovato in automatico (al pari del memorandum Italia-Libia). Tutti i costi per la realizzazione delle strutture sono a carico dell'Italia, che rimborserà all'Albania le spese sostenute per l'attuazione del protocollo, inclusi i mezzi e il personale impiegato per garantire la sorveglianza e la sicurezza al di fuori delle aree destinate alle strutture (che rimarrà di competenza albanese) e durante i trasferimenti dei migranti via terra. Come anticipo, entro 90 giorni dall'entrata in vigore del memorandum l'Italia verserà 16,5 milioni di euro in un fondo ad hoc che sarà istituito dallo Stato albanese. Inoltre, lo Stato italiano si impegna a creare in un banca albanese un fondo di garanzia in cui, anticipa il giornale Gogo.al, saranno congelati oltre 100 milioni di euro. In capo all'Italia sarà anche la gestione interna delle strutture, compresa l'assistenza sanitaria. E si prevede che le autorità albanesi possano entrare in caso di gravi pericoli, come un incendio, che richiedono un intervento immediato. 

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Oltre la propaganda, però, l'attuazione del memorandum Roma-Tirana si è sin da subito prospettata difficile sia in Italia sia in Albania. E, anche nel caso in cui dovesse andare in porto, l'accordo potrebbe violare il principio di uguaglianza, il diritto d'asilo e di difesa, garantiti da norme nazionali, comunitarie e internazionali. O, nel migliore del casi, essere un grande spreco di soldi pubblici.

In Italia, il primo scoglio è rappresentato dal passaggio in parlamento. In prima battuta il governo aveva tentato di bypassarlo, poi ha lavorato a un disegno di legge che nei giorni scorsi ha avuto il via libera del consiglio dei ministri e deve ora passare al vaglio delle camere. In Albania, invece, il parlamento non è mai stato un problema per Rama che "ha i voti necessari per far passare una legge”, spiega a lavialibera Kreshnik Collaku, deputato del Partito democratico albanese, componente della commissione esteri al parlamento, ed ex vice ministro degli esteri. L'accordo potrebbe, però, aver violato la costituzione albanese non rispettando i passaggi necessari antecedenti alla firma del memorandum: “Per poter realizzare un accordo del genere, che prevede una parziale cessione della sovranità su alcune porzioni del proprio territorio da parte dello Stato albanese, il premier deve essere prima autorizzato da un documento del presidente della repubblica che gli conferisce pieni poteri – precisa Collaku –. Non sappiamo ancora se questa autorizzazione ci sia stata o meno. Il primo ministro ha portato avanti le trattative senza consultare l’opinione pubblica e tenendo tutti all’oscuro”. 

Su queste fondamenta poggia il ricorso presentato dal Partito democratico all'alta corte, che l'ha accolto. La corte ha ora tempo tre mesi per pronunciarsi e il primo esame è previsto il 18 gennaio 2024. 

Le reazioni politiche alla sospensione del memorandum Italia-Albania

"Con la sospensione della ratifica dell’accordo sui migranti tra Italia e Albania, la corte costituzionale albanese svela la farsa di un trattato fuori dallo Stato di diritto che ha come unico scopo la propaganda elettorale per le prossime elezioni europee", ha detto su X (ex Twitter) Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, aggiungendo: "Il premier Rama sapeva già e lo aveva ammesso in varie occasioni che si trattava di un piano capestro che Giorgia Meloni ha sbandierato come una proposta rivoluzionaria e ha trattato coloro che si sono opposti come nemici dell’Italia. La decisione è anche l'ennesima prova del fallimento delle politiche migratorie di questo governo".  

 "Non c’è dubbio: questo governo vince qualunque premio in giro per l’Europa e a livello internazionale. Ma in incompetenza e inadeguatezza", ha scritto il segretario nazionale di Sinistra italiana Nicola Fratoianni, parlamentare dell’Alleanza Verdi Sinistra.

Le potenziali violazioni dei diritti dell'accordo Roma-Tirana

Se, infine, l'intesa dovesse concretizzarsi, la gestione di queste due strutture al di fuori dei confini italiani potrebbe violare una serie di diritti garantiti da norme interne, comunitarie e internazionali. Prima di tutto, il principio di uguaglianza. Anche se nel testo non c'è nessun esplicito riferimento a donne, bambini e soggetti vulnerabili, Meloni ha assicurato che il memorandum riguarderà solo uomini maggiorenni soccorsi da navi militari italiane. Questo significa che chi arriva in Italia con altri mezzi, o sulle imbarcazioni delle organizzazioni non governative, riceverà un trattamento diverso. Non solo. Dopo averli salvati, le autorità italiane dovranno effettuare una selezione tra i migranti imbarcati. Non è chiarò quando sarà fatta la cernita, quale sarà l'autorità competente, né in base a quali criteri determinerà chi è vulnerabile e chi no. “Tutte le persone soccorse in mare – ha scritto in una nota l'ong Emergency – dovrebbero raggiungere un luogo sicuro nel minor tempo possibile perché naufraghe prima che migranti. Tutti dovrebbero essere considerati vulnerabili e ricevere un trattamento dignitoso e una protezione adeguata nel rispetto del diritto internazionale e comunitario”.

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In secondo luogo, il memorandum potrebbe violare il diritto di asilo e di difesa. Secondo il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (una rete di ong), gli Stati dell'Unione europea non possono gestire le procedure di identificazione, asilo, e rimpatrio al di fuori dell'Unione europea. Ma, se anche fosse possibile, le norme prevedono una serie di garanzie, il cui pieno rispetto è difficile da immaginare oltre confine, aggiunge a lavialibera Luca Masera, ordinario di diritto penale a Brescia e componente Asgi, che nei giorni scorsi è finito al centro di una campagna d'odio online dopo che il leader della Lega Matteo Salvini ha definito "incommentabile" una sua intervista rilasciata al quotidiano la Repubblica, in cui Masera giudicava l'accordo Italia-Albania "incompatibile con la nostra costituzione". 

"La procedura  prevede che la domanda di asilo sia valutata da una commissione che dovrebbe ascoltare la storia del richiedente di persona. Come farà, in questo caso? Si prevede che il personale italiano faccia avanti e indietro dall'Albania? E se no, in che modo sarà assicurata la correttezza dell'iter?" Luca Masera - docente di diritto penale 

"La procedura – prosegue Masera – prevede che la domanda di asilo sia valutata da una commissione che dovrebbe ascoltare la storia del richiedente di persona. Come farà, in questo caso? Si prevede che il personale italiano faccia avanti e indietro dall'Albania? E se no, in che modo sarà assicurata la correttezza dell'iter? Non solo. Se la commissione rigetta la domanda, il richiedente può fare ricorso per vie legali. A questo proposito, in teoria, l'accordo prevede che Italia e Albania consentano ad avvocati, assistenti e organizzazioni internazionali di accedere ai centri. Ma in pratica, se l'avvocato si trova a centinaia di chilometri di distanza, il richiedente asilo non potrà esercitare il suo diritto di difesa garantito dalla costituzione”.

Un altro nodo riguarda il trattenimento dei richiedenti asilo nella struttura albanese sul "modello dei Cpr". Il testo del memorandum è vago. Ma più esponenti del governo, inclusa la stessa Meloni, hanno parlato di procedura accelerata di frontiera. Il riferimento sembra essere a una nuova ipotesi di procedura accelerata, aggiunta post decreto Cutro, che può essere svolta "in frontiera". La procedura può essere applicata ai richiedenti asilo provenienti da uno dei paesi che l'Italia considera "sicuri" (al momento sono 16), e il richiedente asilo può essere trattenuto in appositi centri per un massimo di 28 giorni. A stabilire il fermo è un provvedimento della questura, che deve essere convalidato da un giudice, e a cui il migrante può fare ricorso.

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I primi passi in questa direzione, però, non sono stati favorevoli al governo. Nelle scorse settimane il tribunale di Catania ha deciso di non convalidare il fermo, disposto dalla questura, di 14 richiedenti asilo provenienti da "paesi sicuri". Nella motivazione dell'ultimo provvedimento, che ha riguardato quattro cittadini tunisini, si legge: "Il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda e, come già affermato da precedenti decisioni di questo tribunale, il trattenimento di un richiedente protezione internazionale per le direttive europee, costituendo una misura di privazione della libertà personale, è legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge". Non è chiaro come la situazione possa essere diversa in Albania, dove per di più diventa difficile rendere effettivo il diritto di difesa, e quindi garantire che il richiedente possa parlare con un avvocato e fare ricorso.

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