6 ottobre 2023
Si è aperto oggi a Napoli il processo per Raffaele Imperiale, il narcos di Castellammare di Stabia accusato di aver importato in Europa – dal 2017 al 2021, data del suo arresto – almeno sette tonnellate di cocaina, ma soprattutto di avere messo in piedi un’organizzazione capace di esportare droga e denaro. Un gruppo che avrebbe riciclato e inviato all’estero denaro utilizzando il sistema dell’Hawala, che ha fatto incetta di oro tra Napoli e Vicenza, per poi spedire il metallo prezioso in Olanda.
Così il narcos Imperiale riciclava i soldi sporchi
Con Imperiale alla sbarra sono finiti Bruno Carbone, suo socio in affari, Corrado Genovese, il contabile del gruppo, Daniele Ursini, responsabile della logistica, e una serie di collaboratori e dipendenti. Tutti hanno scelto il rito abbreviato, con Imperiale e Carbone che sono anche diventati collaboratori di giustizia. In Calabria andranno invece a giudizio Bartolo Bruzzaniti, tra i migliori clienti di Imperiale, che si era occupato di fare uscire i container con la droga dal porto di Gioia Tauro, e Giuseppe Mammoliti, personaggio chiave nell’organizzazione.
Davanti al gip Maria Luisa Miranda comincia quello che si può definire il padre di tutti i processi in tema di stupefacenti. Imperiale, imputato anche a Reggio Calabria e Milano, è stato infatti a capo di un’organizzazione internazionale specializzata nel narcotraffico e ha avuto per soci e clienti tutti i big mondiali della cocaina: dall’olandese di origini marocchine Ridouan Taghi, in attesa di essere processato nell’ambito dell’inchiesta Marengo, al bosniaco Edin Gacanin, capo del sanguinoso clan Tito e Dino, anche lui in galera.
E ancora, l’irlandese Daniel Kinahan, sul quale la Dea – l’agenzia federale antidroga statunitense – ha messo una taglia da cinque milioni di dollari. Di fatto, Imperiale è il primo degli appartenenti al gotha europeo della coca a comparire davanti ai magistrati.
Imperiale, imputato anche a Reggio Calabria e Milano, è stato a capo di un’organizzazione internazionale specializzata nel narcotraffico e ha avuto per soci e clienti tutti i big mondiali della cocaina
Anche grazie alla collaborazione di Eurojust, è stato possibile penetrare nei sistemi di comunicazioni criptate Encrochat e Sky ecc, ottenendo una sorta di diario delle organizzazioni criminali più potenti. Imperiale e soci hanno fornito un enorme mole di materiale – chat, foto, video – finito in mano ai magistrati, che hanno così potuto ricostruire l’organizzazione del narcotraffico. E quando un anno fa è scattata l’ordinanza del gip Linda D’Ancona, corredata da centinaia di dialoghi, a Imperiale e Carbone non è rimasto che pentirsi.
I primi verbali resi pubblici dopo la decisione di collaborare con la giustizia danno conto di giri vorticosi di denaro e di vicende rocambolesche. Carbone, ad esempio, è finito in Siria dove è rimasto prigioniero della milizia Hayat Tahrir al-Sham, che ha poi deciso di consegnarlo agli 007 italiani. Una volta arrivato in Italia, si è chinato a baciare la terra. Imperiale, invece, ha ricostruito l’organizzazione della sua impresa: dopo aver consegnato ai magistrati italiani due tele di Van Gogh e un memoriale (in poche pagine ha ammesso alcune delle sue responsabilità nel traffico della coca, gestito insieme ai capi degli Scissionisti di Scampia) ha deciso di “rimboccarsi le maniche” e creare una nuova azienda con lo stesso fine sociale e una diversa struttura.
Dalle chat i segreti della rete del narcos Imperiale
Operazione resa possibile grazie al contributo di uno dei big del narcotraffico mondiale, il cileno Rico Riquelme. “Mi diede la possibilità di reintrodurmi nel sistema affidandomi 300 kg di cocaina – ha spiegato Imperiale lo scorso 25 ottobre – e dicendomi che lo avrei potuto pagare quando potevo, anche in sei-dodici mesi”. Da questo primo carico l’impresa decollò fino a schiantarsi nel 2021 con l’arresto a Dubai.
Coca in Australia, oro in Germania. Gli affari globali di Imperiale
Particolarmente interessanti le dichiarazioni spontanee già rese da Corrado Genovese, il commercialista che ha raccontato come tutto il giro della droga si reggesse sull’attività dei cosiddetti “cambisti”, capaci di far girare il denaro rastrellato con le attività criminali e di metterlo a disposizione di chi ne ha bisogno in tutti i paesi del mondo. Una finanza nera e parallela, capace di violare gli embarghi e alimentare qualunque tipo di commercio.
Il narco Imperiale è in cella, ma la caccia al suo tesoro prosegue
Imperiale, dal canto suo, riusciva a far volare il denaro da un paese all’altro utilizzando una serie di società cartiere messe in piedi da Mattia Anastasio, definito nelle chat il “Bello”, che guadagnavano fornendo denaro cash alle imprese “regolari”, facendosi pagare su conti sparsi in mezzo mondo. La finanza dunque è stata l’ultima frontiera del boss di Castellammare, che adesso comincia a rispondere di una lunghissima serie di reati.
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