30 giugno 2020
Nel 2019 sono state oltre 23mila le infrazioni accertate, +15,6 per cento di aggressioni all'ecosistema marino rispetto all'anno precedente e 520 milioni di euro di beni sequestrati (+11,2 per cento). Oltre la metà degli illeciti si è concentrata tra Campania, Puglia, Sicilia e Calabria. Questi i numeri dell'ultimo dossier di Legambiente – basato sui dati delle Forze dell'ordine (Arma dei carabinieri, Guardia di finanza, Corpi forestali delle Regioni a statuto speciale e Capitanerie di porto) – che fotografa l'impatto delle attività illegali in mare e lungo le coste italiane. I nemici del mare che continuano ad allarmare l'associazione rimangono colate di cemento illegale, inquinamento delle acque e pesca di frodo che, secondo l'Istituto superiore per la protezione ambientale (Ispra), contribuisce a rendere il Mediterraneo il mare più sfruttato al mondo. La cattiva depurazione delle acque rimane un'annosa e mai risolta questione tutta italiana, "che vede il nostro Paese profondamente arretrato e continuamente sanzionato dall'Unione europea – denuncia Legambiente –. Una piaga che insieme agli scarichi industriali e ai rifiuti, in particolare plastica e microplastiche, trasforma il “mare nostrum” in un mare fortemente inquinato". Un mare monstrum, appunto, come recita il titolo del dossier.
Nel 2019 sono stati 23.623 i reati contestati con 22.564 persone denunciate e arrestate e 6.486 sequestri, per un valore economico che ammonta a circa 520 milioni di euro. Il trend, salvo un calo nel 2016, è da anni in costante aumento. Il 52,3 per cento di tutte le infrazioni contestate si concentra nelle quattro regioni a cosiddetta tradizionale presenza mafiosa. La classifica nazionale per numero assoluto di reati contestati vede al primo posto la Campania, tanto nella classifica del cemento che in quella dell’inquinamento e della navigazione fuorilegge, cedendo il passo solo nella pesca, dov’è seconda dietro la Sicilia. Se si valuta, invece, il numero di reati in rapporto ai chilometri di costa, sale al primo posto la Basilicata, con 10,7 reati per chilometro, seguita dal Molise, con 10,5 reati per chilometro, e, al terzo posto, la Campania con 10.
Anche nel 2019, l’abusivismo edilizio e i reati legati al ciclo del cemento hanno dominato la partita con il 42,5 per cento dei reati sanzionati dalle Forze dell’ordine, oltre 10mila infrazioni, più di ventisette al giorno. Le regioni più colpite sono state Campania, Puglia, Lazio, Calabria e Sicilia: cinque regioni che da sole pesano per il 64,5 per cento del totale. Dalla costiera amalfitana alla Scala dei Turchi, dal Salento al litorale calabrese con Isola di Capo Rizzuto, fino alle isole minori come Lampedusa, Capri e le Eolie: le perle del mare nostrum sono preda degli appetiti degli abusivi, che non risparmiano nemmeno i posti idrogeologicamente più fragili come Ischia. Un passo avanti è stato fatto con l’approvazione della legge 68 del 2015, che ha introdotto nel codice penale una serie di delitti contro l’ambiente, rendendo le indagini più efficaci e le sanzioni più pesanti, per esempio, per chi inquina. Ma molto deve ancora essere fatto. Legambiente chiede, ad esempio, una riforma incisiva per la lotta all'abusivismo edilizio che trasferisca la competenza per gli interventi di demolizione dai Comuni, politicamente esposti e soggetti al consenso elettorale, ai Prefetti.
Seconda voce con il maggior peso nel dossier, il mare inquinato, connesso al problema cronico della maladepurazione: secondo l’Istat poco più del 44 per cento dei Comuni italiani è dotato di impianti di depurazione adeguati agli standard europei. In 342 Comuni il servizio di depurazione delle acque reflue urbane è del tutto assente. Nel complesso, l’inquinamento da cattiva depurazione, scarichi fognari e idrocarburi ha registrato 7.813 infrazioni nel 2019, il 33,1 per cento delle illegalità accertate. Il problema riguarda gli scarichi civili, ma anche quegli industriali, gli impianti petroliferi e il problema della plastica che con il fenomeno del littering (l'abbandono dei rifiuti) colpisce la biodiversità marina.
I rifiuti del coronavirus finiscono in mare e per strada
Al terzo posto la pesca illegale con il 22 per cento delle infrazioni accertate e 555mila chili di pescato, quasi 69mila metri di reti e oltre 7.500 attrezzi da pesca finiti sotto sequestro. Chiude il quadro delle diverse tipologie di sanzioni contestate il reato di infrazione al codice della navigazione, che rappresenta il 2,4 per cento del totale, tra diportisti che oltrepassano i divieti di tutela delle aree marine più delicate o pirati che minacciano la sicurezza di altri natanti o dei bagnanti lungo le spiagge. Anche qui la Campania conta oltre il 60% delle infrazioni.
"Con la pandemia da Covid-19 e il lungo periodo di lockdown abbiamo avuto la chiara dimostrazione di quanto incida negativamente la pressione antropica sull’ecosistema e, ancor più, di quanto sia devastante l’impatto delle attività illecite – si legge in apertura al dossier –. In assenza di scarichi industriali, i fiumi si sono rapidamente ripuliti, salvo poi, pochi giorni dopo la ripartenza, tornare a subire l’avvelenamento da parte degli ecocriminali". Anzi, secondo Legambiente anche in piena emergenza sanitaria c'è stato chi ha continuato senza sosta a lavorare nei cantieri abusivi. Una pratica che ora, in piena crisi economica, "rischia di acuirsi in nome di una nuova tolleranza verso la deregulation anche edilizia".
L'abusivismo edilizio continua a oltraggiare le aree costiere di diverse regioni, tra case per le vacanze costruite in tutta fretta e stabilimenti balneari che si espandono illegittimamente per conquistare spazio per ristoranti e discoteche. Un'attenzione particolare Legambiente la dedica alle isole minori, teatro negli ultimi anni di pesanti attacchi speculativi da parte di una cementificazione selvaggia.
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