18 aprile 2024
La letteratura, talvolta, può servire allo scopo di questionare circa i grandi temi dell’esistenza. Oppure, in particolare quando si dà un mandato d’ordine politico-sociale, può contribuire a far luce sulle grigie trame del potere. O, volendo, può anche rappresentare la realtà quotidiana esattamente per come si mostra, e dare così modo a chi legge di identificarsi in una confortevole storia domestica e familiare. In altri casi, con mire probabilmente meno ambiziose, può dare breve e passeggera concretezza a quelli che, citando un passo di Jorge Luis Borges, ci piace definire “tenui ed eterni interstizi di assurdità” nella trama del reale, cioè, nel nostro caso, quei fatti e quegli eventi che pure ci capitano normalmente giorno per giorno ma che, se ci pensiamo bene, possono in qualche maniera perturbare il nostro abituale (spesso cocciutamente razionale, razionalista e razionalizzante) modo di guardare il mondo e di starci dentro, o meglio in superficie.
È il caso di Massimo Gerardo Carrese, autore nato a Thun nel 1978 ma di stanza in provincia di Caserta, che da oltre vent’anni, in quanto studioso della fantasia e applicatore professionale della stessa, si definisce, unico nel suo genere, con l’appellativo auto-coniato di “fantasiologo”, non senza incontrare la curiosità di chi sulle parole ci ha costruito un’incrollabile e legittima reputazione: stiamo parlando di Treccani, che nelle pagine del suo magazine online sembra essersi augurata, quantomeno in potenza, la possibilità di accogliere ufficialmente il termine inventato da Carrese tra i neologismi della lingua italiana, previa adeguata diffusione.
Già autore per Il Saggiatore, nel 2023, del saggio Il grande libro della fantasia, in cui oltre ad accompagnarci in una storia della fantasia e delle sue possibili applicazioni ci propone anche vari innesti pratici ludico-fantasiologici, Carrese ha di recente raccolto in volume una serie di spassose prose brevi e molto brevi sotto il titolo di SpuntiSunti, uscito in libreria il 15 marzo per la neonata casa editrice perugina déclic.
Si tratta di affondi lievemente perturbanti sulla realtà che ci circonda e sulle piccole cose che fanno il quotidiano
Nel libro, un po’ straniante già nella veste grafica di copertina, opera dell’illustratrice napoletana Resli Tale, leggiamo le vicende di un narratore stralunato che, a partire da piccoli disordini percepiti o introdotti sua sponte nel “tessuto approssimativo e plausibile della nostra esistenza”, per dirla con Tommaso Landolfi, scioglie il freno alle proprie riflessioni, dando libero sfogo, in prima persona, a quella che sulle prime potrebbe sembrare una cascata di verbigerazioni (un disturbo del linguaggio consistente nel pronunciare discorsi interminabili e incoerenti, ndr.) senza senso. Ma no, si tratta invece di affondi lievemente perturbanti sulla realtà che ci circonda e sulle piccole cose che fanno il quotidiano.
Per esempio: cosa può succedere durante il vuoto d’attesa che si crea allo sportello dell’ospedale quando, per pagare il ticket, invece di un solo numerino ne prendiamo deliberatamente sei o sette all’apposita macchinetta emettitrice? E cosa può succedere quando, mentre siamo fermi in fila, chiediamo a chi sta dietro di noi se anche lei/lui è in fila, invece che farlo con chi sta davanti come solitamente si usa? E ancora, quali sono le conseguenze sugli astanti se in un treno diretto ad Acerra contraddiciamo un passeggero, dopo che questi ha appena confermato ad altri che quel treno va per l’appunto ad Acerra?
Ecco dove ci porta Carrese con SpuntiSunti: non ad Acerra, ma nelle leggerissime perturbazioni introdotte nel quotidiano da uno sguardo divergente. Perturbazioni talmente minime che di norma non farebbero testo ma che, se filtrate da un sovrappiù di attenzione e con la giusta inclinazione vero la fantasticheria, e magari anche con il favore del gioco di parole (nel libro abbondano anagrammi, allitterazioni, palindromi e altri giochi di gusto enigmistico), possono dar vita a divertentissime versioni eventuali del reale. Lo stesso avviene se in altri frangenti, invece che rompere o violare la situazione sociale, come si direbbe sulla scorta dell’etnometodologo Harold Garfinkel, ci intestardiamo, con il narratore, ad applicare un fervente rigore letterale e nominalistico nella lettura delle cose, come capita per esempio nella prosa di apertura della raccolta, intitolata Ingredienti, nel cui incipit si legge: “Io ancora non trovo un cibo senza ingredienti. Ho trovato una scatola d’orzo dove è scritto ingredienti: orzo. Che poi è scritto al plurale ingredienti ma c’è una sola cosa dentro, cioè l’orzo. E già questa cosa mi fa pensare”.
Scritti con una lingua intrapsichica, più che colloquiale, in cui le relative si rincorrono facendosi spesso beffe della correttezza sintattica, della punteggiatura e del bel parlare, gli SpuntiSunti di Carrese hanno non solo il pregio di farci divertire (e molto) alla lettura, ma anche quello impagabile di offrirci una cassetta per gli attrezzi davvero a buon mercato con cui provare a interpretare bizzarramente il mondo a partire dalle impercettibili fratture che si aprono nei piccoli testi che lo compongono, come per esempio i cartelli di avviso, le espressioni idiomatiche, i modi di dire, le formule di cortesia, le prammatiche non scritte di approccio alla convivenza con gli estranei in contesti di passaggio, e così a seguire. Un libro da leggere ad alta voce e anche in compagnia, volendo, per riscoprire insieme ad altri le fantasticherie di uno sguardo d’infanzia e magari, perché no, provare in prima persona a generarne di nuove.
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