1 maggio 2024
"Quando vado a lavorare spero che nessuno mi investa, ci penso tutte le volte che esco da casa". Nicola (nome di fantasia) ha 43 anni ed è un operaio impiegato nella manutenzione stradale. Il suo lo considera un lavoro sicuro, almeno sotto il profilo del contratto e della paga. "La mia azienda è sana e adotta gli accorgimenti per tutelarci – racconta a lavialibera – ma non può nulla se la gente va veloce. In questo mestiere i rischi non spariranno mai, tornare a casa senza che un’auto a tutta velocità ti travolga è un'incognita".
”In questo mestiere i rischi non spariranno mai, tornare a casa senza che un’auto a tutta velocità ti travolga è un'incognita”
Va bene l’ineluttabile, ma perché così tante morti sul lavoro?
L’autostrada è un posto pericoloso. Si può morire guidando, figuriamoci lavorando. Ogni cantiere ha dei rischi e lo stesso vale per le fabbriche, dove si utilizzano macchine che possono trasformarsi in trappole. Per ridurre gli incidenti è necessario dotarsi dei dispositivi di sicurezza, eseguire controlli periodici, puntare sulla formazione e, soprattutto, sull’esperienza e sul buon senso. I pericoli puoi ridurli, ma non eliminarli. Quando l’operaio accetta di fare questi mestieri sa che potrà farsi male. Forse è su questa consapevolezza che bisognerebbe fare formazione.
Cosa si intende per sicurezza sul lavoro?
Gli incidenti sono da attribuire alla mancata formazione?
La formazione è una sorta di allenamento. Come nello sport, si agisce sui muscoli e sulla mente, più fai le cose e più ti abitui a farle. Tuttavia, l’abitudine può portare a prendere sottogamba operazioni che meritano attenzione, per questo servono controlli frequenti. Conosco colleghi di altre aziende che non indossano la cintura sul cestello o l'elmetto perché fa troppo caldo. Per stare più comodi e andare più veloci non si tutelano.
Nel 2023 sono stati 1.041 gli incidenti mortali sul lavoro (fonte Inail, 1.466 secondo l’Osservatorio nazionale di Bologna).
Il settore edile si conferma quello con maggiore mortalità, seguito da trasporti, magazzinaggio, attività manifatturiere e commercio. Si contano in media 5 morti ogni 100mila occupati. Al Sud il dato sale a 6,3.
Per gli stranieri il rischio di morire è più che doppio rispetto agli italiani. 65,3 decessi ogni milione di occupati nel primo caso, contro i 31,1 nel secondo. Nel 2023, hanno perso la vita in 155, 49 a causa di un infortunio in itinere.
Ma la formazione, per come è pensata oggi, funziona?
La formazione non va pensata come un costo, ma un investimento. Un'azienda a fine anno tira le somme e se i costi superano gli introiti ogni valutazione diventa negativa. In questo momento c’è un coordinamento con la cassa edile e con le scuole edili. Facciamo anche delle simulazioni per i nuovi arrivati e per loro la formazione è interna. In azienda, si studiano certe attrezzature o la segnaletica, mentre per le “cose grosse” ci appoggiamo a Confindustria e per i patentini ai corsi della scuola edile. Si tratta sempre di formazione teorica, in molte situazioni serve però l’esperienza.
E chi non è esperto?
In quel caso è consigliabile affidarsi ai colleghi con più anzianità. A 43 anni mi trovo a dare consigli ai più giovani, completando il loro percorso teorico con quello all'interno del cantiere. Ci sono attenzioni che si acquisiscono solo con gli anni e non nei corsi, e poi la fiducia tra colleghi, soprattutto quando si fa un lavoro pericoloso, è fondamentale per garantire la sopravvivenza stessa degli operai.
Ci sono operai che non ricevono alcuna formazione?
Mi è capitato in passato di incontrare operai non formati. Per velocità, per non perdere giornate a fare formazione vengono messi a fare determinati lavori. Generalmente è il caposquadra che assegna i ruoli e per loro prevede i compiti più semplici e spesso più faticosi. Il primo danno, se gli va bene, è lo stesso lavoro che faranno: di pessima qualità.
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Formazione ed esperienza sono fondamentali, i controlli invece che importanza hanno?
Sono essenziali, ma per come sono pensati non funzionano. Esiste un controllo interno, a carico del committente, che spesso viene annunciato prima: "Mi raccomando domani mettete i caschetti perché potrebbero arrivare gli ispettori". Fare così però non serve a nulla. Poi c’è il controllo esterno, in mano a enti territoriali come l'Ispettorato, l'Azienda sanitaria locale, i carabinieri per la tutela della salute, l'Agenzia regionale per la protezione aziendale, o i vigili del fuoco. I costi di questi interventi li paga la regione e le sanzioni interessano la ditta o il committente, a seconda delle responsabilità. Il controllo interno dovrebbe appoggiarsi a quello esterno e viceversa, ma nella quotidianità le parti comunicano male. Penso che il controllo sia la parte migliorabile del sistema di sicurezza. Se i controlli non ci sono, sono pochi o superficiali, i lavoratori non percepiscono la sicurezza, ma solo un fastidio. È paradossale che gli operai si formino per la sicurezza ma non abbiano stipendi adeguati ai rischi che corrono. O ancora, che non riescano ad affrontare la burocrazia complessa che consentirebbe loro di ricevere dei sussidi.
“È paradossale che gli operai si formino per la sicurezza ma non abbiano stipendi adeguati ai rischi che corrono”
Ci sono lavoratori che rischiano più di altri?
La discriminazione esiste anche nel nostro settore. Quando ho iniziato, in un’altra ditta, se c'era un piccolo scavo da fare a braccia si incaricava l'ultimo arrivato o l’extracomunitario di turno, con la scusa che non c’era il tempo per insegnargli a usare un escavatore. Alla lunga la squadra si divideva in persone che avevano mansioni complesse e altre che svolgevano mansioni base.
Come giudichi le misure adottate dal governo?
L'introduzione degli appalti a cascata è un tentativo di abbattere i costi a vantaggio delle ditte più piccole, che spesso sfuggono ai controlli. La logica del sistema ha dei difetti, chi controlla sceglie sempre le grandi aziende perché sono più facilmente identificabili. Un addetto ai controlli dà l’impressione che stia lavorando meglio quando ispeziona un cantiere che dura sei mesi e in cui sono impiegati 100 operai. Difficilmente ne esaminerà uno aperto per una settimana in cui lavorano due persone.
Sfruttamento e incidenti: questo non è un bel lavoro
Si discute sul reato di omicidio sul lavoro e la patente a punti per le aziende edili. Possono servire?
Entrambe le soluzioni responsabilizzerebbero di più le aziende. L’omicidio sul lavoro al momento è solo una proposta, mentre la patente a punti da ottobre per le imprese edili sarà obbligatoria. All'inizio, dovrebbe assegnare 30 punti, soggetti a decurtazione in caso di violazioni e infortuni. Sotto i 15 non si può più operare nel cantiere. Va bene tutto, ma sembra strano abbinare un punteggio a un incidente che coinvolge la vita di una persona. In più, so che sono stati proposti degli emendamenti che avvantaggiano le aziende con molti dipendenti e questo ha poco senso. In media in Italia, nel 2023, ci sono stati quasi tre morti al giorno sul lavoro, da un calcolo veloce si intuisce che se questa cifra non cala saranno tantissime le aziende che rischiano di chiudere o comunque di essere fermate fino al ripristino dei punti. Credo che entrambe le proposte vadano riviste insieme ai sindacati. Sono loro che hanno il polso delle reali necessità degli operai edili.
Si muore di lavoro, ma anche senza
I numeri però dicono che le morti sul lavoro stanno calando.
Analizzando un lasso di tempo molto ampio, sicuramente la situazione è migliorata. Rispetto ai cantieri in cui lavoravano i nostri padri o i nostri nonni la situazione è cambiata. L’uso dei dispositivi di protezione, l'introduzione dei corsi di formazione, i controlli obbligatori hanno aumentato la sicurezza, ma c'è ancora molto da fare.
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