Máxima Acuña. Foto: Virginia Tallone
Máxima Acuña. Foto: Virginia Tallone

La campesina peruviana contro le multinazionali dell'oro

Maxima Acuña coltivava i suoi campi a Sorochuco (Perù) fino a quando è arrivato l'ordine di sfratto nel 2011. Sui suoi terreni doveva sorgere parte di una miniera d'oro e di rame. Da quel momento è iniziata la sua battaglia per resistere, insieme alla sua famiglia, alle pressioni di due multinazionali. L'abbiamo intervistata

Natalie Sclippa

Natalie SclippaRedattrice lavialibera

23 settembre 2024

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Un progetto di espansione delle miniere d’oro e un’azione di resistenza che va avanti da 15 anni: la vita di Máxima Acuña, agricoltrice di Sorochuco (Perù) è cambiata quando ha saputo di doversene andare dalla sua casa. I suoi terreni, infatti, dovevano diventare parte delle terre del Progetto Conga, un megaprogetto che prevedeva l’estrazione di oro e rame e bloccato nel 2016 per l’impatto ambientale che avrebbe causato. Acuña e la sua famiglia hanno scelto di resistere, diventando da campesini ad attivisti. Anni di minacce, ritorsioni e isolamento, ma il suo impegno è diventato un esempio, tanto da ricevere nel 2016 il Goldman Environmental Prize, uno dei premi più prestigiosi per l’ambiente. La scorsa settimana si trovava in Italia, invitata da Scuola Gea, la Scuola di giustizia ecologica e ambientale. Ha incontrato partiti politici come Sinistra Italiana e i Verdi, che si sono impegnati sia a supportare la sua famiglia nelle spese legali contro le multinazionali che l’hanno portata in tribunale sia a discutere il suo caso alla Commissione esteri del Parlamento Italiano. L’abbiamo intervistata per conoscere meglio la sua storia. 

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In cosa consiste il progetto Conga?

È un mega progetto minerario di estrazione di oro e, seppur in minor parte, di rame. Le imprese estrattive attive su quel progetto erano la Yanacocha del Perù – che è anche il nome del secondo sito estrattivo di oro al mondo (ndr) – e la Newmont degli Stati Uniti che sono tra le multinazionali di estrazione dell’oro più grandi del mondo. Il progetto Conga va a distruggere migliaia di ettari di territorio andino, va a prosciugare più di 20 lagune di acqua.

Nel 1994 insieme a suo marito ha comprato 26 ettari di terra. Cosa coltivavate?

C’erano molti prodotti della nostra terra: patate, olluqito (un tipo di patate peruviane), mashua (tubero), oca (altra tipologia di patata), mangime naturale per gli animali. Un’altra parte di terra, invece, serviva per l’allevamento e il pascolo delle pecore, cavalli, vacche e cuy, un animale simile al porcellino d’India. 

Poi le cose cambiano nel 2011. Cosa è successo?

La multinazionale Yanacocha voleva iniziare a lavorare nella miniera. Per fare questo dovevamo andarcene: dopo il nostro sfratto, avrebbero potuto iniziare i lavori.

Yanachocha è l’unica azienda che ha interessi nella vostra zona?

La multinazionale Yanacocha voleva iniziare a lavorare nella miniera. Perché potessero fare questo, dovevamo andarcene: dopo il nostro sfratto, avrebbero potuto iniziare i lavori

No, oltre alla multinazionale peruviana, c’è anche Newmont Boaventura, che ha sede in Colorado. 

Ha deciso di ribellarsi proprio contro la Newmont Mining Corporation, che intanto aveva dichiarato di aver acquisito le vostre terre nel 1997. Quali sono state le conseguenze?

Hanno iniziato a maltrattarci psicologicamente e fisicamente e picchiarci, visto che eravamo d’intralcio per i lavori. Ci hanno denunciato, non lasciandoci andare nei campi. Come se non bastasse, hanno cominciato a uccidere gli animali, come i nostri cani, rubavano i raccolti della nostra terra. Hanno distrutto parte della nostra casa, come il tetto e i pannelli solari, oltre alla videocamera con cui facevamo le riprese. Da quel momento, anche la nostra libertà di movimento è stata limitata, visto che per entrare e uscire dovevamo essere identificati ai checkpoint che l’impresa ha stabilito.

Cosa è successo dopo?

La compagnia Newmont ha impostato una grande campagna di diffamazione contro di me e contro la mia famiglia. Secondo loro siamo oppositori allo sviluppo, pazzi e bugiardi. E questo è stato impossibile anche trovare lavoro. Così ci hanno isolato, convincendo anche i nostri vicini di casa a non avere alcun tipo di relazione con noi perché siamo disonesti. Abbiamo perso tanto di quello che avevamo, tra cui la privacy, la pace e la tranquillità della nostra casa, perché i loro macchinari sono al confine con la nostra terra, che è circondata dalla polizia e dalla loro sicurezza. Un drone sorvola sempre il cielo sopra la nostra casa. Ci hanno proibito di andare nelle lagune della nostra terra, tra cui la laguna Azul, la laguna Alforja Cocha e la laguna El Perol. Hanno anche strappato i documenti che attestano che la proprietá è nostra. 

Arrivano le denunce, le minacce di morte, la paura di finire in carcere e anche quella di non avere abbastanza soldi per terminare il processo. Ma il pericolo più grande rimane quello di perdere la vita

Sono questi i pericoli che si corrono quando ci si scontra con le multinazionali? 

Arrivano le denunce, le minacce di morte, la paura di finire in carcere e anche quella di non avere abbastanza soldi per terminare il processo. Ma il pericolo più grande rimane quello di perdere la vita, perchè questo a loro risolverebbe il problema, toglierebbe un ostacolo e nessuno lo verrebbe a sapere. 

Avrebbe mai pensato di diventare un simbolo della resistenza contro l’estrattivismo?

No, non ho mai avuto questa idea. Io e la mia famiglia abbiamo semplicemente lottato per difendere quello che è giusto. 

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Il relatore speciale delle Nazioni Unite sui difensori dell’ambiente ha detto che spesso chi diventa attivista non ha voluto diventarlo, ma è costretto da quello che sta vivendo. È d’accordo?

Sì, la forza di lottare nasce dai maltrattamenti, dagli abusi che queste imprese commettono. Noi iniziamo a prenderne coscienza e a subirne le conseguenze sulla nostra pelle e decidiamo di resistere. Altri cominciano anche a sostenere le persone direttamente colpite dalle ingiustizie. Ciò che mi dà la forza di continuare sono la Madre Terra e credere in Dio. 

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L’ex presidente Castillo aveva un piano per nazionalizzare le miniere. Secondo te diventerà mai realtà?

Il Presidente aveva buone intenzioni, per il Pianeta, per la Terra e per la Pachamama. Lo abbiamo capito noi campesinos e lo hanno capito i grandi impresari, incastrandolo. Così non è riuscito a cambiare le cose: non gli hanno fatto finire il mandato per questo motivo. 

Siete in tanti a lottare nella vostra regione? 

Siamo rimasti gli unici a resistere. Anche altri negli anni hanno detto di essere contro le miniere, ma poi cedono. 

Ha un sogno che vorrebbe realizzare?

Tornare a vivere in pace e tranquillità con quello che ci dona la Pachamama, la nostra terra. Solo lottando insieme le ingiustizie contro la mia famiglia e la distruzione di Madre Terra termineranno.

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