Cemento di mafia

L'industria del mattone illegale è una zavorra di cui l'Italia non riesce a liberarsi. Tra condoni, inerzie, complicità. E insegnamenti dimenticati

Enrico Fontana

Enrico FontanaResponsabile dell'Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente

31 ottobre 2024

Giovanni Falcone dipingeva così, nel 1991, il mafioso diventato capitano d’industria, ricco e sicuro del suo potere, fatto di violenza e denaro sporco: "Se fa il costruttore, amplierà il suo raggio d’azione fino a comprendere le cave di pietra, i depositi di calcestruzzo, i magazzini di materiale sanitario, le forniture in genere e anche gli operai […]. Gli altri proprietari di cave, gli industriali del cemento e del ferro verranno a poco poco inglobati in una rete monopolistica sulla quale egli eserciterà il controllo".

Ecomafie, storia di una parola e una lotta

Parole profetiche, raccolte dalla giornalista Marcelle Padovani nel libro Cose di cosa nostra. Per scoprirne la drammatica attualità, basta leggere quello che scrive l’Istat, 31 anni dopo, alla voce "abusivismo edilizio", uno degli indicatori del Bes, il rapporto sul benessere equo e sostenibile: "In gran parte del Paese, una quota significativa della produzione edilizia continua a operare fuori dalla legalità". Come sanno fare benissimo i mafiosi, diventati capitani d’industria.

Al Sud, su 100 case costruite 42 sono abusive, che diventano 50 in Campania e 54 in Calabria

Il virus che moltiplica gli affari dei clan nell’industria del mattone si chiama abusivismo edilizio. E si commette un grave errore a pensare che sia un’eredità del passato, superata grazie ai tre condoni edilizi spalmati dal 1983 al 2004. Sempre l’Istat stima nel 2022 "un incremento netto delle abitazioni abusive in una misura che non si osservava dal 2004 (+9,1 per cento)". La situazione nel Mezzogiorno è insostenibile, con 42,1 case illegali ogni 100 costruite rispettando le regole, che diventano 50 in Campania e 54 in Calabria. Ogni anno un terzo del patrimonio immobiliare del Sud viene costruito, così, nel disprezzo assoluto delle regole. "Nel frattempo – conclude l’Istat – il mancato rispetto di piani urbanistici, vincoli di tutela e norme di sicurezza scarica costi altissimi sulla società in termini di degrado del paesaggio, rischio sismico e dissesto idrogeologico". E di legalità fatta a pezzi.

Affari d’oro

Tra il 2022 e il 2023, come racconta il Rapporto Ecomafia, sono stati commessi nel nostro Paese oltre 25mila reati nel ciclo del cemento (il 38 per cento di tutti quelli accertati contro l’ambiente), con più di 27mila persone denunciate, quasi la metà nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso. Chi costruisce le case abusive fa affari d’oro, con un fatturato di almeno 2 miliardi di euro stimato per il 2023. E lo Stato affida la propria credibilità a quei pochi sindaci e magistrati che fanno le demolizioni. È sufficiente un dato per misurare l’impunità di cui godono costruttori e beneficiari dell’abusivismo edilizio: nei 485 comuni di Campania, Sicilia, Calabria, Puglia e Lazio che hanno risposto al monitoraggio civico realizzato da Legambiente è stato eseguito appena il 15,3 per cento delle oltre 70mila ordinanze di demolizione emesse dal 2004 al 2022.

Condono elettorale

Le soluzioni non mancherebbero: più potere ai prefetti, più risorse per gli abbattimenti, sanzioni più severe per i funzionari delle aziende pubbliche che allacciano utenze (luce, gas, acqua) a immobili illegali. Ma il governo ha altre idee, come dimostra il quarto condono edilizio, rivenduto come un Salva Casa, mentre l’Istat ha deciso di liquidare in sei righe la voce abusivismo edilizio nel rapporto sul Bes pubblicato quest’anno, senza neppure aggiornare i dati. E intanto l’industria del mattone illegale ringrazia.

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