8 dicembre 2024
Quattro articoli nella legge di Bilancio per il 2025 e si chiude la partita dei giochi d’azzardo di Stato. Se il parlamento ratificherà il testo del governo, la discussione si concluderà togliendo di mezzo, nell’ordine, una vera policy di contrasto alle dipendenze da scommesse e lotterie (che impegnano 150 miliardi e più di euro all’anno), una minima decente procedura legale di contrattualizzazione con le compagnie del business e ogni remora nell’ampliare ulteriormente il battage delle estrazioni di numeri al lotto. Quattro colpi di una manovra, come si usa dire, “a tenaglia”. Con l’articolo 66 del disegno di legge si sopprime il fondo nazionale per il contrasto al gioco d’azzardo e, contestualmente, si scioglie l’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, creato dal ministero della Salute. In precedenza, con tre altre norme (articoli 12, 13 e 14) si chiede a Camera e Senato di modificare il prelievo fiscale sui “sui giochi di sorte a quota fissa e sui giochi di carte non in forma di torneo”, di prorogare le concessioni (e siamo a 10 anni dalle scadenze!) e di ampliare il mercato dell’azzardo.
Prima però di passare all’articolo “rivelatore” (il 66) decifriamo la denominazione “giochi di sorte a quota fissa”. Si tratta di “scommesse virtuali” su gare simulate da un terminale elettronico di cavalli, cani, auto o altri eventi sportivi. Le quote stabilite in anticipo, indipendenti dal caso reale. Nella stessa aggregazione rientrano i giochi a estrazione dove si scommette su numeri o combinazioni, il bingo “a distanza”, il “gratta e vinci” (online o cartaceo). E poi ancora il poker a pagamento “cash” e i giochi da casinò digitale nei quali i partecipanti competono contro il banco, ovvero contro gli algoritmi del sistema hi-tech.
Evidentemente questo “portafoglio” non basta, se si aggiunte (art. 13) la quarta estrazione infrasettimanale per il lotto, normale e “super”, mentre in barba a ogni parvenza di correttezza formale si prolungano le concessioni per il bingo, le scommesse, la gestione delle reti per le slot machine delle sale specializzate (art. 14).
Storia di un giocatore d'azzardo patologico
Tale disinvoltura è stata criticata dalla Corte dei conti, in passaggio del documento che ha depositato quando è stata ascoltata, il 5 novembre, alla Camera. Ma la randellata più grave all’interesse pubblico, anzi al valore costituzionale della Salute, è assestata con l’art. 66, per l’appunto, che toglie vie al fondo per la prevenzione e la cura e sopprime l’organismo d’indirizzo, l’Osservatorio presso il ministero della Salute.
Con la soppressione del fondo dedicato alla cura e alla prevenzione del disturbo da gioco d’azzardo (Dga) e con l’abolizione dell’Osservatorio nazionale per il contrasto alle dipendenze da azzardo si compromettono anni di lavoro istituzionale positivo e si disegna un quadro inquietante di contraddizioni e interessi incrociati
Qual è il segno di questa operazione davvero violenta? Nel disegno di legge di Bilancio 2025, esplicitamente all’appena citato articolo 66, si intravede un bivio pericoloso per le politiche sociosanitarie italiane. Con la soppressione del fondo dedicato alla cura e alla prevenzione del disturbo da gioco d’azzardo (Dga) e con l’abolizione dell’Osservatorio nazionale per il contrasto alle dipendenze da azzardo non solo si compromettono anni di lavoro istituzionale positivo, ma si disegna un quadro inquietante di contraddizioni e interessi incrociati.
Dal 2012, con il decreto Balduzzi, e ancor più dal 2017, con l’inclusione del Dga nei livelli essenziali di assistenza (Lea, cioè le prestazioni che il servizio sanitario pubblico deve fornire, ndr), l’Italia aveva tracciato un percorso chiaro: trattare le dipendenze comportamentali, tra cui il gioco d’azzardo, come una priorità di salute pubblica. Questo approccio, sostenuto per l’appunto da un fondo dedicato ministeriale che impegna le regioni, e vigilato da un Osservatorio consultivo nel Ministero della Salute, ha permesso di costruire un modello integrato tra Stato, regioni e terzo settore, basato su dati, programmazione e coordinamento.
Ecco perché la norma del ddl Bilancio 2025 rappresenta una cesura: non si tratta solo di una riduzione delle risorse, ma di una cancellazione dell’architettura istituzionale che ha reso possibile politiche pubbliche efficaci. Questo modello, che ha generato prassi condivise e investimenti territoriali, rischia ora di dissolversi, lasciando spazio a interventi frammentati e sporadici.
L’esponenziale diffusione del gioco d’azzardo ha prodotto una “pandemia silenziosa” di dipendenze, con ripercussioni devastanti su individui, famiglie e tessuto sociale
La violenza della decisione proposta alle Camere risalta appena si pone un’attenzione alle “quantità”. Il volume delle giocate nel 2023 ha superato i 147,5 miliardi di euro, con una previsione di circa 160 per il 2024. Un flusso di denaro impressionante, che però genera entrate fiscali invariate per lo Stato. Ma a quale costo?
L’esponenziale diffusione del gioco d’azzardo ha prodotto una “pandemia silenziosa” di dipendenze, con ripercussioni devastanti su individui, famiglie e tessuto sociale. Il paradosso è evidente: lo Stato, promotore e regolatore del gioco d’azzardo legale, si trova a essere contemporaneamente responsabile delle politiche di contenimento dei danni derivanti dalla sua stessa concessione. Una contraddizione che, con l’eliminazione del fondo e dell’Osservatorio, si aggrava ulteriormente, subordinando le esigenze di salute pubblica agli interessi fiscali e industriali.
Lo Stato dipende dall'azzardo e ora bisogna cambiare
L'abolizione dell'Osservatorio è un arretramento nella capacità dello Stato di governare fenomeni complessi e multidimensionali come le dipendenze per non ostacolare un'industria in crescita
L’Osservatorio, istituito come organo consultivo del ministero della Salute, non è stato finora solo un “luogo di monitoraggio”. Esso rappresenta il fulcro di un metodo: definire le linee d’azione per il trattamento, analizzare l’efficacia degli interventi, sostenere le regioni – tutte le regioni – nella programmazione e nel coordinamento delle politiche sociosanitarie. E infatti, la Corte dei conti, in una delibera approfondita del dicembre 2021, ne aveva lodato l’efficacia, riconoscendone il contributo nel promuovere una “continuità normativa” tra il decreto Balduzzi e i successivi aggiornamenti dei Lea. Da qui una vera policy complessiva che non ha lasciato indietro nessuna delle regioni del Paese.
La sua abolizione non rappresenta solo una perdita di memoria istituzionale, ma anche un arretramento nella capacità dello Stato di governare fenomeni complessi e multidimensionali come le dipendenze. È un segnale di disimpegno, che lascia intuire una priorità diversa: quella di non ostacolare un’industria in crescita.
Il gioco d’azzardo, infatti, non dà luogo a un fenomeno isolato. È parte di un universo di dipendenze in espansione, che comprende il gaming online, il consumo di alcol, tabacco e junk food. Nel 2019, con la pubblicazione dell’Icd-11 (l'11a edizione della classificazione internazionale delle dipendenze, ndr) da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità, il concetto di addiction è stato ampliato, includendo anche disturbi comportamentali legati al consumo digitale.
Tuttavia, in Italia, manca ancora un piano nazionale integrato per affrontare l’intera gamma delle dipendenze. Le regioni, pur avendo dimostrato capacità di iniziativa, non possono supplire a un’assenza di coordinamento e di risorse strutturate. La frammentazione, amplificata dalla proposta di abolire l’Osservatorio, rischia di minare definitivamente la possibilità di interventi efficaci.
Il gioco d'azzardo arricchisce lo Stato, ma a caro prezzo
La decisione di spostare la responsabilità delle dipendenze da un organismo scientifico e sanitario a una logica di compartecipazione tra il ministero della Salute e quello dell’Economia appare simbolica. Il ministero dell’Economia, con il suo ruolo di gestore fiscale, non può essere garante della salute pubblica. Il rischio è che le scelte politiche vengano orientate più dagli interessi di bilancio che dalla tutela dei cittadini.
Questo approccio è rozzamente rivelato nell’articolo 66, che prevede un generico riferimento a “patologie da dipendenza” senza alcun impegno finanziario sufficiente e organismi tecnici di supporto, analoghi all’Osservatorio sul gioco d’azzardo. Si fa riferimento a un generale Osservatorio sulle “patologie da dipendenza”, che dovrebbe integrare gli stessi portatori d’interesse lucrativo sui giochi, come delle produzioni correlate a danni alla salute. È la negazione di quanto realizzato finora con il piano nazionale per il contrasto al gioco d’azzardo, che ha dimostrato come la programmazione e il finanziamento strutturato possano fare la differenza.
La salvaguardia della salute pubblica non può essere subordinata agli interessi di mercato
L’associazione Alea, insieme a una vasta rete di enti (circa 230) e professionisti (altre 750 persone), hanno invitato a riflettere sulle conseguenze di queste scelte. L’appello non è stato rivolto solo alle istituzioni, ma anche alla società nel suo complesso: operatori, accademici, cittadini. La salvaguardia della salute pubblica non può essere subordinata agli interessi di mercato.
L’appello mira a riaccendere l’attenzione dei rappresentanti elettivi in Parlamento, come avvenne nella XVI legislatura, quando si costituì un “intergruppo” trasversale, con l’adesione di 120 tra deputati e senatori, di ogni gruppo presente alle Camere. È un caso la refrattarietà a ricostituirlo con una quantità consistente di adesioni? Ci si continuerà ad astenere dal vigilare e proporre, fermando la forza di pressione del complesso industriale-finanziario del gambling?
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