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2 gennaio 2025
La tutela dei beni vitali della natura e la messa al bando dei beni micidiali come le armi sono necessarie e urgenti a garanzia della sopravvivenza dell’umanità; garanzia che può provenire solo dalla rifondazione del patto di convivenza stipulato con la Carta dell’Onu, con una Costituzione della Terra o più trattati vincolanti.
Per effetto della globalizzazione è cambiata radicalmente la geografia dei poteri su cui si è fondato il costituzionalismo all’indomani della seconda guerra mondiale. I poteri che contano si sono trasferiti fuori dai confini degli Stati nazionali e perciò dalla sfera del loro diritto e del loro governo. Ne è seguito un capovolgimento del rapporto tra politica ed economia. Non sono più i governi che mettono in concorrenza le imprese, ma sono le grandi imprese multinazionali che mettono i governi in una concorrenza al ribasso, trasferendo i loro investimenti dove possono massimamente sfruttare il lavoro, devastare impunemente l’ambiente, corrompere i governi e non pagare le imposte. La politica è subalterna all’economia e la formula più funzionale al dominio dei mercati è precisamente la semplificazione, in grado di conferire ai governi la massima potenza sulla società, ma la massima impotenza e subalternità nei confronti dei mercati.
Produttori e venditori di armi andrebbero trattati come corresponsabili morali delle guerre
Dobbiamo essere consapevoli che la situazione attuale consiste nella regressione della convivenza internazionale a uno stato di natura. Uno stato di natura nucleare, popolato non più, come lo stato di natura hobbesiano, da lupi naturali, cioè dagli esseri umani, ma da lupi artificiali, gli Stati e i mercati, dotati di una capacità distruttiva incomparabilmente maggiore. Questo stato di natura auto-distruttivo può essere superato solo da un nuovo patto, nell’interesse di tutti. Un costituzionalismo oltre lo Stato, all’altezza dei poteri selvaggi che aggrediscono la convivenza civile e, al di là dei diritti, un costituzionalismo per l’appunto dei beni vitali della natura da proteggere, e dei beni micidiali, le armi, da mettere al bando.
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Oggi il problema fondamentale, che riguarda la sopravvivenza dell’umanità, è non solo e non tanto quello dei diritti, ma ancor prima quello dei beni. È il problema dei beni vitali da tutelare e dei beni illeciti da vietare. Intendo dire che il futuro della pace e della democrazia dipende oggi da un allargamento del costituzionalismo ai problemi globali generati da due classi di beni: dai beni fondamentali da tutelare contro le aggressioni dei mercati e dei beni illeciti da mettere al bando a tutela in entrambi i casi della nostra sopravvivenza.
Serve allargare il costituzionalismo ai beni globali generati da due classi di beni, dai beni fondamentali da tutelare contro le aggressioni dei mercati e dai beni illeciti da mettere al bando a tutela in entrambi i casi della nostra sopravvivenza
La prima classe è quella dei beni vitali della natura, che dobbiamo proteggere come fondamentali e che invece stiamo devastando, mettendo a rischio, in tempi non lunghissimi, l’abitabilità della Terra. Con lo sviluppo industriale ecologicamente insostenibile – il riscaldamento globale, le siccità, gli incendi e le alluvioni – il genere umano si è trasformato in una sorta di metastasi che avvolge il pianeta. Ogni anno immettiamo nell’atmosfera decine di miliardi di tonnellate di anidride carbonica, come se fossimo le ultime generazioni che vivono sulla Terra.
Di qui la necessità di una fase nuova del costituzionalismo che riconosca e garantisca, accanto ai diritti fondamentali, anche quelli che possiamo chiamare beni fondamentali perché vitali, come l’acqua potabile, l’aria, i ghiacciai e il patrimonio forestale: sottraendoli al mercato e alla disponibilità della politica; istituendo a loro difesa un demanio planetario di rango costituzionale onde conservarli e renderli accessibili a tutti; promuovendo il loro incremento attraverso pratiche di riforestazione, difese e riparazioni delle sorgenti e delle faglie acquifere e un nuovo sviluppo della biodiversità.
Per altro verso, la cosa più importante è la messa al bando delle armi. Prevedere la produzione e il commercio delle armi come un crimine contro l’umanità. Dobbiamo essere consapevoli che senza le armi le guerre sarebbero impossibili, le organizzazioni criminali e terroristiche perderebbero la loro potenza e il numero degli omicidi, che sono circa 480mila l’anno, l’80 per cento dei quali con armi da fuoco, crollerebbe.
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La sola garanzia in grado di porre fine a questo massacro insensato è il disarmo globale e totale. È la condizione elementare non solo della pace e della sicurezza globale, ma anche della civilizzazione delle relazioni interpersonali e internazionali. A tal fine occorre far crescere nel senso comune e nell’opinione pubblica la stigmatizzazione dei produttori e dei venditori di armi come corresponsabili moralmente delle guerre e di tutti i crimini che fanno uso delle armi da essi prodotte o vendute. Occorre generare la percezione che in ogni assassinio, in ogni atto terroristico, in ogni guerra c’è la corresponsabilità di questi produttori di morte. Giacché è da costoro che sono armati gli eserciti, le organizzazioni criminali, le bande terroristiche e gli assassini. Si tratta del crimine tra tutti incomparabilmente più grave, perché responsabile non di questo o quell’assassinio, di questa o quella guerra, ma di tutti gli assassinii e di tutte le guerre che con le armi vengono consumati nel mondo, ed anche di un possibile olocausto nucleare che porrebbe fine all’umanità.
È sempre stato considerato utopistico qualunque progresso civile prima che si realizzasse, così è stato per l'abolizione della schiavitù, della tortura e della pena di morte
Soltanto in un clima di pace si può affrontare anche il problema della garanzia dei diritti umani e la garanzia della natura. La novità del nostro progetto consiste in questo: non basta proclamare la pace, i diritti o i beni fondamentali, occorre introdurre le garanzie, senza le quali, come l’esperienza insegna, pace, uguaglianza e diritti sono destinati a rimanere sulla carta, sistematicamente violati e inattuati. Sappiamo bene che le catastrofi globali, in parte già in atto e tutte destinate ad aggravarsi – l’incubo nucleare, il riscaldamento climatico, la crescita delle disuguaglianze e il dramma dei migranti – sono state più volte denunciate dallo splendido magistero di Papa Francesco.
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Ma le denunce non bastano. Occorre opporre alle catastrofi la rifondazione della convivenza internazionale: una Costituzione della Terra, capace di determinare il passaggio dell’umanità dall’odierno stato di natura allo stato civile. Non si tratta di un’ipotesi utopistica, ma della sola risposta realistica al dilemma che da sempre – ed oggi in maniera più impellente ed urgente che in qualunque altro momento della storia – si pone all’umanità: la generale insicurezza determinata dalla libertà selvaggia dei più forti, fino al rischio dell’auto-distruzione, oppure il patto di convivenza pacifica sulla base del divieto della guerra e delle garanzie della vita.
L’utopia, in questo momento più che mai, ha a che fare con l’unica possibilità di un futuro per l’umanità
Ma poi che cos’è l’utopia? Sempre è stato considerato utopistico qualunque progresso civile prima che si realizzasse: l’abolizione della schiavitù, della tortura e della pena di morte; l’affermazione della libertà di coscienza e di pensiero e degli altri diritti fondamentali; l’uguaglianza e la dignità di qualunque essere umano; la parità di uomini e donne; il valore del lavoro e la garanzia dei diritti dei lavoratori. Utopistico è anche ciò che contrasta con i pregiudizi e con il senso comune, il quale, come scrisse Alessandro Manzoni, è il principale nemico del buon senso.
In concreto, l’utopia è il bene di tutti che il male e l’egoismo di pochi impedisce di realizzare. È ciò che è razionale e che solo la cecità del senso comune giudica irreale e irrazionale. È sempre stato così. L’utopia, in questo momento più che mai, ha a che fare con l’unica possibilità di un futuro per l’umanità. E non ci sono altre risposte. L’utopia equivale al futuro di pace e di giustizia dell’umanità, in alternativa alla fine del futuro conseguente alle catastrofi che si produrranno se non torneranno a prevalere il buon senso e la ragione.
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