2 gennaio 2025
Che cos’è la politica, oggetto in questi tempi di un discredito pressoché universale? Una definizione classica, offerta dal politologo statunitense David Easton, ne individua l’essenza nella capacità di operare una allocazione autoritativa dei valori. Chi governa, in altri termini, esercita il potere di decidere ciò che ha peso e rilevanza nella società, distribuendo risorse sia di natura materiale, sia di rilevanza simbolica. E in ultima istanza, potrà far valere quel potere anche ricorrendo alla violenza: la potenziale brutalità del comando si stempera in una più rassicurante forma di autorità soltanto nel momento in cui acquisisce – per varie vie – la legittimazione dei cittadini.
Leggi la rubrica "Mondi di mezzo" e gli articoli di Alberto Vannucci
Questo sunto di decenni di riflessione sociologica vale da introduzione a una piccola notazione sui contorcimenti politici con i quali il governo e la maggioranza che lo sostiene gestiscono l’annuale fase suprema di allocazione dei valori, quintessenza dell’affermazione del loro potere politico: la legge di bilancio 2025. Conosciamo gli aspetti più deteriori che accompagnano l’iter del provvedimento, le decine di migliaia di emendamenti volti a elargire qualche mancia alla propria micro o macro-clientela di riferimento, così da convertirla in voti alla prima tornata elettorale utile. I pochi prescelti – vedi il voucher da 1.500 euro per chi iscrive i figli alle scuole private – di norma vengono selettivamente individuati tra le categorie più simpatetiche, o con facilità orientabili verso il centro-destra, com’èovvio.
È invece passata pressoché sotto silenzio la proposta governativa di cancellare il fondo per la manutenzione di opere pubbliche negli enti locali sciolti per mafia e di tagliare in maniera drastica (riducendolo a un sesto) il fondo destinato agli amministratori locali vittime di minacce e intimidazioni mafiose. Il provvedimento è il segno di una preoccupante retromarcia rispetto al valore che la politica – nella sua declinazione meloniana – riconosce all’impegno antimafia.
Lo strano caso di Corigliano Rossano
Il provvedimento è il segno di una preoccupante retromarcia rispetto al valore che la politica – nella sua declinazione meloniana – riconosce all’impegno antimafia
Eppure la mappatura degli atti di intimidazione violenta subiti dagli amministratori locali in Italia, redatta ogni anno da Avviso Pubblico nel rapporto Amministratori sotto tiro riporta uno scenario preoccupante: 315 atti di intimidazione, minacce e violenza nel 2023, uno ogni 28 ore, per la prima volta la regione più colpita è la Calabria, con 51 episodi. In un computo delle violenze verso politici in Europa, l’Italia registra 51 atti, risultando seconda solo alla Francia. Certo, si tratta di intimidazioni di varia matrice, non soltanto quella criminale e mafiosa. Ma davvero qualche spicciolo di consenso strappato alla propria clientela vale il segnale di disimpegno antimafia, la perdita di autorità, il conseguente disvalore trasmesso alla società civile?
Crediamo in un giornalismo di servizio a cittadine e cittadini, in notizie che non scadono il giorno dopo. Ma per continuare a offrire un'informazione di qualità abbiamo bisogno di te. Sostienici!
Se sei già abbonato o hai acquistato il numero in cui è presente l'articolo clicca qui per accedere e continuare a leggere.
Politica all'attacco della magistratura. Il governo italiano, come quello di altri paesi occidentali, mostra insofferenza verso alcuni limiti imposti dallo stato di diritto delegittimando giudici e poteri di controllo