Roma, 26 giugno 2024. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella saluta Carla Garlatti, Garante per l'infanzia e l'adolescenza, in occasione della presentazione della relazione annuale (foto: Quirinale)
Roma, 26 giugno 2024. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella saluta Carla Garlatti, Garante per l'infanzia e l'adolescenza, in occasione della presentazione della relazione annuale (foto: Quirinale)

L'ex garante dell'infanzia Garlatti: "I diritti dei minori non hanno colore politico"

Minori stranieri non accompagnati, ragazzi in carcere, taglio al fondo per la povertà educativa: l'ex garante per l'infanzia e l'adolescenza Carla Garlatti traccia un bilancio del mandato appena concluso, senza risparmiare le critiche verso la politica. "I ragazzi stanno male, l'educazione prevalga sulla punizione"

Paolo Valenti

Paolo ValentiRedattore lavialibera

28 gennaio 2025

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“Intensi e faticosi”. La magistrata Carla Garlatti, 67 anni, ex presidente del Tribunale per i minorenni di Trieste, definisce così i quattro anni spesi alla guida dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza. Nominata a inizio 2021, lo scorso 14 gennaio ha lasciato l’incarico, giunto a scadenza naturale. A succederle è la giornalista Marina Terragni, la cui nomina, proposta dalla ministra per la Famiglia Eugenia Roccella, ha fatto discutere per la mancanza di esperienza nell’ambito dei minori e le prese di posizione contro il ddl Zan, l’omogenitorialità e l’”ideologia gender”. “Le auguro buon lavoro”, dice Garlatti sorvolando le polemiche. Minori stranieri non accompagnati, carcere, droghe e le difficoltà di interloquire con una politica troppo “adultocentrica”: l’abbiamo intervistata.

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Garlatti, che bilancio traccia di questi quattro anni di mandato? 

Sono stati anni molto intensi e per certi aspetti anche faticosi, ma credo e spero di aver fatto tanto. Mi sono spesa molto su questioni come la disabilità, il digitale, la povertà, la marginalità, mettendo sempre a centro l’ascolto e la partecipazione. Ho incontrato decine di ragazzi negli istituti penali per minorenni (ipm) e minori stranieri non accompagnati nei centri d’accoglienza. Dall’altro lato, non è stato facile far sentire la voce dell’Autorità e quindi quella dei ragazzi. Alcuni risultati li abbiamo ottenuti, ma con grande fatica. Altri non ancora, come la richiesta che ogni decisione politica venga accompagnata da una valutazione preventiva e un monitoraggio successivo rispetto all’impatto che può avere sui ragazzi. Sarebbe molto importante perché certamente sono il futuro, ma sono anche il presente e delle loro esigenze va tenuto conto adesso. 

Di recente ha scritto che il suo lavoro è stato guidato dalla domanda “come stanno i ragazzi?”. Crede che la politica se lo chieda abbastanza? 

"I diritti dei minorenni non hanno un colore politico, ma devono essere tutelati in maniera trasversale, evitando quella visione adultocentrica che invece troppo spesso vedo prevalere"

Guardiamo i risultati dell’ultima consultazione pubblica “Il futuro che vorrei”: l’80 per cento dei ragazzi dice di non sentirsi al centro dell’interesse della politica. Ma l’ho riscontrato anche durante il mio mandato: ho sempre inoltrato all’amministrazione attiva le raccomandazioni che mi sono arrivate dalla Consulta delle ragazze e dei ragazzi, ma non ho mai ricevuto un riscontro concreto. Non siamo ancora riusciti a far capire che i diritti dei minorenni non hanno un colore politico, non possono diventare appannaggio di uno schieramento rispetto a un altro, ma devono essere tutelati in maniera trasversale, evitando quella visione adultocentrica che invece troppo spesso vedo prevalere.

Durante i suoi spostamenti ha incontrato alcuni dei 20mila minori stranieri non accompagnati presi in carico dal sistema d’accoglienza italiano: chi sono?

A differenza della narrazione che spesso se ne fa, sono ragazzi normali, che hanno paura e nostalgia di casa e che sono venuti in Italia per trovare un lavoro e mandare i soldi a casa. Il problema è che si continua a trattare il fenomeno come se fosse emergenziale, quando invece è strutturale, va avanti da anni con alti e bassi. Questo fa sì che spesso vengano lasciati in prima accoglienza senza fare nulla per mesi e questo non va bene.

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Stando all’ultima relazione del Commissario alle persone scomparse, sono 3.437 i minori stranieri di cui è stata denunciata la sparizione e che non sono ancora stati ritrovati. Che fine fanno e come possiamo evitarlo?

Nel migliore dei casi cercano di raggiungere parenti o punti di riferimento all’estero. Io mi sono battuta per facilitare la procedura di trasferimento, che ora richiede tempi lunghissimi. Nella peggiore delle ipotesi, invece, quando spariscono finiscono nelle mani dello sfruttamento, che può essere lavorativo o sessuale e riguardare sia maschi che femmine. E rintracciarli in questi casi diventa molto difficile. 

I dati e le testimonianze che abbiamo raccolto nel dossier Tutti dentro mostrano che sono in aumento le presenze negli istituti penali minorili e che le condizioni qui assomigliano sempre più a quelle dei carceri per adulti: sovraffollamento, rivolte, attività che chiudono, difficoltà di accesso per i volontari. Cosa resta del “modello italiano” di giustizia minorile? 

Qui tocchiamo una corda per me dolorosa. Il nostro era davvero un sistema d’eccellenza, che ricorreva al carcere solo come ultima spiaggia. Ora, a fronte dei maggiori ingressi, il numero degli educatori che già era appena adeguato è assolutamente insufficiente. Ritengo poi inaccettabile che sia stata introdotta la possibilità di trasferire i 18enni nel carcere per adulti. Sono ragazzi in crescita: se davvero vogliamo investire nel recupero, allora l’aspetto rieducativo deve prevalere su quello punitivo. Non possiamo arrenderci all’idea che non sia recuperabile. Magari non lo sarà, ma se vogliamo abbattere la recidiva bisogna lavorare sulla presa di coscienza di ciò che è stato fatto e sulla rieducazione. Basta guardare i risultati: non è l’aumento della pena che spinge il minorenne a non commettere il reato.

Come giudica la scelta del governo di non rinnovare il fondo per il contrasto della povertà educativa minorile?

"Il taglio al fondo contro la povertà educativa mi lascia stupefatta. Servono risorse per liberare i ragazzi dalla linea di eredità della povertà"

Mi ha lasciata stupefatta. Non conosco le motivazioni, ma certamente non è un buon segno. La povertà educativa è un fenomeno ampio e multidimensionale, frutto del contesto familiare, economico e sociale, e deriva proprio dalla mancanza di opportunità e risorse culturali. Ecco, questo taglio mi lascia tristemente perplessa perché limita la possibilità di realizzare progetti e interventi che mirano a colmare questa mancanza. Si dice che la povertà si eredita: compito della politica allora è spezzare questa linea di eredità, fare in modo che i ragazzi ne escano. Ma questo è possibile solo se vengono loro offerti gli strumenti per farlo.

L’ultima indagine Espad indica un aumento di quasi tutti i consumi a rischio tra i giovani dai 15 ai 19 anni, primo fra tutti quello di psicofarmaci. Cosa ci dicono questi dati? 

Che i ragazzi stanno male, molto male. E questo ce lo dicono anche i risultati della consultazione sulla salute mentale che abbiamo realizzato l’anno scorso: più della metà dei ragazzi che hanno risposto dice vivere in un perenne stato d’ansia e solo l’8 per cento si sente felice. Un altro dato che mi ha colpito è che il 7 per cento dice di preferire avere contatti con i coetanei soltanto online. Di questa sofferenza dobbiamo farci carico, capirne il perché e porre rimedio.

La nomina della nuova Garante ha suscitato polemiche. Che cosa si aspetta e cosa le augura?

Non la conosco, ma le auguro buon lavoro.

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