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Trent'anni di Libera, con Liberi di scegliere un'altra via è possibile

Il progetto Liberi di scegliere permette a minori e madri di allontanarsi dalle famiglie criminali e ricominciare una nuova vita lontano dai contesti mafiosi. Adesso serve una legge

Giorgio De Chiecchi

Giorgio De ChecchiDirettore dell'area giustizia e partecipazione di Libera

1 marzo 2025

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C'è chi la chiama "terza via", immaginando una strada alternativa a quella che riserva il destino, mentre per altri è un atto di ribellione o, più semplicemente, una scelta compiuta in nome della libertà. Ci sono tanti modi per definire il progetto Liberi di scegliere – nato nel 2012 su impulso del tribunale per i minorenni di Reggio Calabria e del suo ex presidente Roberto Di Bella

Liberi di scegliere, un modo diverso di fare antimafia

Rivolto in un primo momento solo ai minori nati e cresciuti in famiglie mafiose, per offrire loro alternative culturali, sociali e affettive allontanandoli da quegli ambienti, si è poi rivelato uno strumento efficace per tante madri che trovano il coraggio di abbandonare i nuclei criminali e ricominciare un’altra vita in un territorio lontano. Aiutare queste donne, come ripete sempre don Luigi Ciotti, significa soprattutto buttare all’aria le basi stesse della mentalità mafiosa, che non concepisce la possibilità che qualcuno scelga valori diversi.

Aiutare queste donne, come ripete sempre don Luigi Ciotti, significa soprattutto buttare all’aria le basi stesse della mentalità mafiosa, che non concepisce la possibilità che qualcuno scelga valori diversi

Il progetto prevede per i minori l’accoglienza all’interno di una cornice educativa, in cui il privato sociale e le agenzie del territorio collaborano con l’istituzione pubblica attraverso l’attivazione di équipe specializzate, in grado di fornire il supporto psicologico e sociale necessario all’elaborazione autonoma di un progetto di vita libero e sganciato dalle dinamiche criminali.

Liberi di scegliere. L'appello: "Serve una legge"

Alle donne che si ritrovano in una situazione familiare e relazionale mafiosa contro la loro volontà o che, dopo aver pagato il loro debito con la società, decidono di svincolarsi dal contesto mafioso e offrire una vita diversa a sé stesse e ai propri figli, Liberi di Scegliere offre uno strumento nuovo, dove lo Stato non interviene solo per giudicare e punire ma per offrire un’alternativa, una possibilità per vivere con dignità.

Intesa rinnovata

Il 26 marzo 2024 il protocollo Liberi di scegliere è stato rinnovato e ampliato, e agli uffici giudiziari del distretto di Reggio Calabria e Catania si sono aggiunti quelli delle procure di Napoli e Palermo, oltre a una più ampia rete di associazioni coordinate da Libera. A Roma era presente anche Di Bella, oggi presidente del tribunale per i minorenni di Catania, che ha spiegato: "Sono 150 i minori tutelati, 30 le donne entrate nel progetto, di cui sette sono divenute collaboratrici o testimoni di giustizia. Ci sono inoltre anche due ex boss di ruoli apicali di ’ndrangheta e mafia che hanno avviato percorsi per proteggere i loro figli".

Donne e mafie: la rosa che ha battuto la tigre

Il 21 gennaio 2025 il procuratore di Milano Marcello Viola, insieme al sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Milano Alessandra Cerreti, hanno aggiunto le loro firme al protocollo, a testimonianza di quanto ormai questo approccio sia rilevante in tutto il Paese. Il protocollo ha rappresentato la formale legittimazione a un’azione di grande responsabilità civile che già da tempo veniva portata avanti.

Da anni le stesse persone che integrano realtà istituzionali chiedono una mano alla nostra associazione per alcune delicate situazioni di sicurezza personale, che riguardano minori o adulti. Spesso ci si è trovati, e ci si trova ancora, nell’urgenza di aiutare una persona o un nucleo familiare a cambiare ambiente perché la loro casa, la loro città non sono più luoghi sicuri.

Spesso ci si trova nell’urgenza di aiutare una persona o un nucleo familiare a cambiare ambiente perché la loro casa, la loro città non sono più luoghi sicuri

Il documento attuale prevede il coinvolgimento di numerosi attori, istituzionali e non, e punta a creare una rete operativa che accompagni i minori e i familiari che decidono di seguirli, fino a un reale e positivo inserimento nella nuova realtà sociale, il che significa il pieno raggiungimento di una concreta autonomia relazionale e lavorativa. Inoltre, in tutti quei casi in cui esista il rischio che le scelte di rottura dagli originari nuclei familiari possano essere oggetto di vendette o ritorsioni, dovrebbe garantire idonee misure di protezione.

Oltre la famiglia

Liberi di scegliere ha avuto inizio in Calabria, dove la ’ndrangheta ha una particolarità: la struttura a base famigliare. Alcune donne si sono ribellate mettendo in discussione la loro scontata complicità in quel contesto e, una volta fuori dal carcere, si sono chieste se davvero valesse la pena continuare con quella vita. Una riflessione importante, perché nella ’ndrangheta le donne hanno un ruolo fondamentale, non tanto nella responsabilità apicale dell’organizzazione ma come coloro che trasmettono, nel quotidiano e fondamentale rapporto con i loro figli, i disvalori della mafiosità, della vendetta contro chi ha procurato del male.

La loro arma è il rapporto educativo con le nuove generazioni, la capacità di mantenere unita la famiglia, qualsiasi attività essa compia. Immaginare, pertanto, di incidere su questo atto libero e generativo di una madre, aiutandola a confrontarsi con la propria dignità di donna, mettendola nella condizione di poter decidere con maggior libertà riguardo alla sua vita e alla vita dei suoi cari, sarebbe davvero minare alla radice il male mafioso.

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Per una donna o un nucleo familiare iniziare un percorso con Liberi di scegliere non è cosa banale. La proposta si caratterizza, dopo un pronunciamento delle autorità competenti, come un accompagnamento che può durare da uno a tre anni, con una rete, coordinata da Libera, che accoglie le persone, le inserisce progressivamente nel territorio, offre relazioni di amicizia e fiducia, in un ambiente dalla cultura differente.

Nel frattempo, lo Stato semplifica il trasferimento di alcune competenze, come l’inserimento nel sistema socio-sanitario e di istruzione. L’approccio è il più possibile individuale perché ogni nucleo ha una sua storia, diverse sono le esperienze, il background, le età, l’aver vissuto o meno il carcere, pertanto non ci sono rigidi cliché. Ci sono volontari che accolgono i bimbi, alcuni con la madre ancora in carcere, comunità a cui sono affidati gli adolescenti.

In Liberi di scegliere l’approccio è il più possibile individuale, perché ogni nucleo ha una sua storia e diverse sono le esperienze

Si tratta di offrire una reale opportunità alle persone, sperando che possano un giorno decidere liberamente della loro vita, scegliere relazioni di fiducia e non di interesse o timore. La molla della decisione per molte donne è spesso quella di essere madre: lo fanno per i figli, ma un poco alla volta imparano il valore della propria vita in quanto donne, con una propria identità, con propri desideri, e allora la maternità è ancora più ricca perché accompagnata dalla maggior consapevolezza di sé.

L’urgenza di una legge

Oggi i minorenni e gli adulti che decidono di dissociarsi e allontanarsi dall’ambiente criminale di origine non hanno diritto ad alcuna tutela da parte dello Stato, non rientrando nelle figure giuridiche del collaboratore di giustizia o del testimone di giustizia. Il primo, ad esempio, può accedere al cambio delle generalità, con l’assegnazione di nome, cognome, data e luogo di nascita nuovi, oltre a una serie di dati riguardanti lo stato civile, sanitari e fiscali.

La molla della decisione per molte donne è spesso quella di essere madre: lo fanno per i figli, ma un poco alla volta imparano il valore della propria vita in quanto donne

Chi collabora può, inoltre, usufruire di un assegno mensile nonché del pagamento del canone di locazione, delle utenze e delle spese mediche e legali. La sfida è quindi introdurre una legge capace di tutelare minori e madri che scelgono di spezzare il legame con la criminalità, che li tenga al riparo dalle vendette e che possa garantire loro l’accesso a sanità, istruzione e lavoro.

Collaboratori di giustizia e il "contratto" con lo Stato

A questo sta lavorando il parlamento nella Commissione antimafia, con un particolare focus sul cambio di generalità: queste donne non vogliono essere mantenute, cercano un futuro e, in certe particolari situazioni, il cambio di nome, così da poter serenamente ricominciare una nuova vita. "Ci sono donne che abbiamo già spostato più volte perché, lavorando con magistrati e polizia, hanno sempre collaborato", ha affermato don Luigi Ciotti durante l’audizione tenutasi il 20 novembre 2024 dinanzi alla Commissione antimafia, che sta coordinando la proposta di legge su Liberi di scegliere.

Antimafia, Ciotti chiede legge per "Liberi di scegliere"

"Bisogna trovare un varco nuovo, basterebbe un articolo sul cambio anagrafico per l’iscrizione a scuola dei bambini e per poter essere inserite nel mondo del lavoro». Una legge in questo senso, dichiara ancora don Ciotti, può dare "fiducia ad altre donne che aspettano, che non ce la fanno più, perché la mafia ha confiscato le loro vite e quelle dei loro figli. Sono scelte che aprono una breccia in contesti che sembravano impenetrabili fino a pochi anni fa".

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