Caramanna, la pm che vuole dare un'altra possibilità ai bambini delle famiglie di mafia: "Dopo le minacce la mia vita è cambiata"

Quest'anno sono oltre 150 i procedimenti avviati a Palermo per dichiarare la decadenza dalla responsabilità di genitori mafiosi. Per questo qualcuno ha preso di mira Claudia Caramanna, da quattro anni alla guida della Procura per i minorenni. "Quando vedo che è iniziato un percorso di cambiamento, mi sento ripagata e credo che la strada intrapresa sia quella giusta", dice in un'intervista a lavialibera

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

8 agosto 2025

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Da quattro anni Claudia Caramanna guida la procura per i minorenni a Palermo e da tre riceve minacce per il suo impegno nell’allontanare i giovanissimi dalle famiglie mafiose. “La mia vita è cambiata radicalmente”, spiega la magistrata nel corso di un’intervista telefonica con lavialibera, raccontando il lavoro, le difficoltà e anche la gratitudine che riceve. Seguendo l’esperienza di “Liberi di scegliere” avviata a Reggio Calabria dal giudice Roberto Di Bella con la collaborazione di Libera (leggi qui), Caramanna ha moltiplicato gli sforzi per dare nuove possibilità a madri e figli allontanandosi dai contesti criminali. “Cosa nostra è cambiata e si è evoluta, ma il vincolo di natura familiare continua a legare, in termini significativamente ricorrenti gli appartenenti al sodalizio mafioso, agevolando il percorso di inserimento dei giovani appartenenti alla 'famiglie'”, spiega Caramanna. Nel corso del 2025, sono stati oltre 150 i procedimenti aperti. Nel 2024 erano stati un centinaio.

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Dottoressa Caramanna, come avete fatto ad aumentare così tanto il lavoro?

Sono passati quattro anni da quando sono diventata procuratore e prima ci si occupava solo occasionalmente del tema “minori e mafia”. Nel giugno 2023 abbiamo stipulato un protocollo di intesa con la Procura della Repubblica di Palermo, Direzione distrettuale antimafia e la Procura generale di Palermo, finalizzato alla comunicazione ed allo scambio di atti, così da potere intervenire in via sistematica ed organizzata a tutela dei minori appartenenti a nuclei legati alla criminalità organizzata.

Come funziona nella pratica il protocollo?

Quando viene eseguita un’ordinanza, la Procura della Repubblica di Palermo trasmette gli atti relativi ai soggetti destinatari delle ordinanze, che hanno figli minorenni. Registro una grande sensibilità, la collaborazione e l’impegno della magistratura ordinaria e delle forze dell’ordine.

Anche le forze di polizia, quindi, sanno come agire in questi casi?

Si tratta di un’attività nuova per il distretto di Palermo, non di natura repressiva bensì preventiva, in relazione alla quale le forze dell’ordine hanno manifestato interesse ed impegno, con risultati estremamente positivi.

La collaborazione con la Procura ordinaria di Palermo riveste una importanza decisiva. Nei casi in cui, anche nel corso di indagini preliminari, emerga una condizione di grave pregiudizio per un minore o un suo coinvolgimento in pericolose attività criminose, è previsto un coordinamento immediato con il procuratore della Repubblica, Maurizio de Lucia (leggi l'intervista), per trovare un punto di equilibrio tra la necessità di tutelare il minore e quella di mantenere la segretezza delle indagini. Nei casi in cui il minore si trovi in condizioni di serio e concreto pericolo si è convenuto di agire in via immediata alla sua tutela.

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Che tipo di processi sono quelli che avviate?

Stamattina ho ascoltato la madre di un bambino di sei anni che, nel corso della sua vita, aveva visto il padre soltanto per otto mesi, in quanto detenuto. La donna ha raccontato di avere portato il bambino in carcere, anche in altre regioni per incontrare il padre. All’inizio gli avevano fatto credere che l’uomo fosse in crociera, ma poi il bambino ha capito che la realtà era ben diversaClaudia Caramanna - Procuratrice per i minorenni di Palermo

Si avviano dei procedimenti di natura civile. Viene svolta un’istruttoria preliminare sul contesto familiare e sociale, verificando ad esempio se la madre del minore è inserita nel contesto mafioso e in attività criminali, si acquisiscono informazioni nelle scuole frequentate dai minori che spesso registrano già segnali di disagio: a volte si comportano come dei bulli, non rispettano le regole, non svolgono i compiti a casa, hanno atteggiamenti da leader negativo.

Inoltre vengono effettuate verifiche presso i pediatri per verificare se i minori sono seguiti dal punto di vista sanitario. Dopodiché – questa è una novità – noi magistrati della Procura per i minorenni convochiamo le madri o le nonne a cui sono affidati questi minori. Cerchiamo di approfondire il contesto socio-familiare, di verificare il tipo di educazione impartita ai figli, acquisire il loro punto di vista sull’attività criminosa del compagno o del marito tratto in arresto.

Stamattina, ad esempio, ho ascoltato la madre di un bambino di sei anni che, nel corso della sua vita, aveva visto il padre soltanto per otto mesi, in quanto aveva trascorso il resto della sua vita detenuto in diverse carceri italiane. La donna ha raccontato di avere portato il bambino in carcere, anche in altre regioni per incontrare il padre. All’inizio gli avevano fatto credere che l’uomo fosse in crociera, ma poi il bambino ha capito che la realtà era ben diversa.

Nel corso delle audizioni, cerchiamo di stimolare le madri su quale sia il futuro che vogliono dare ai loro figli. È un momento forte. A volte rispondono che non manca loro nulla, che non hanno l'intenzione ad aderire ad alcuna proposta della magistratura minorile nell’interesse dei figli, e dichiarano di non volersi in alcun modo allontanare dal contesto malavitoso in cui hanno vissuto insieme agli uomini della loro vita. Spesso giungono nei nostri uffici con atteggiamento spavaldo, ma poi emergono fragilità, ferite profonde e drammi familiari. Qualcuna, alla fine dell’audizione, si dice disponibile ad avviare un percorso di cambiamento.

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Come procedete?

Si avvia un procedimento civile in base all'articolo 330 del codice civile, finalizzato alla dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale di quei padri assenti e disinteressati alla vita dei figli e che hanno trascorso e continuano a trascorrere la loro vita in carcere avendo scelto consapevolmente, in maniera reiterata, di vivere una vita dedita alla commissione di gravissimi reati.

Con le madri viene avviato un percorso con richiesta al Tribunale di affidamento ai servizi sociali con la collaborazione di enti e associazioni come Libera, che hanno aderito al protocollo “Liberi di scegliere”.

In alcuni casi viene disposto l’inserimento in comunità dei minori unitamente alla madre se consenziente. Se la madre dei minori non risulta adeguata, si verifica che ci sia un parente disponibile all’affidamento. Nei casi più gravi, di sostanziale abbondono del minore, si avvia un procedimento finalizzato alla dichiarazione di adottabilità.

I numeri dei procedimenti sono in crescita, ma quante madri aderiscono al protocollo?

Le donne che aderiscono al protocollo sono poche, ma danno comunque un segnale importante. Bisogna iniziare i percorsi, magari con fatica

Non sono in grado di darle una percentuale precisa, ma il dato è ancora basso. Sono poche, ma danno comunque un segnale importante. Bisogna iniziare i percorsi, magari con fatica. I procedimenti civili hanno una certa durata nel tempo e non è detto che le madri non cambino idea.

Questa attività ha aumentato molto il carico della procura per i minorenni?

Ci sono quartieri della città di Palermo dove bambini, anche di 10-12 anni, vendono dosi di crack senza avere la minima consapevolezza dell’illiceità del loro comportamento. Vengono sfruttati dagli adulti, anche perché si tratta di soggetti non imputabili

Sì, facciamo un lavoro estremamente faticoso. Abbiamo bisogno di altre risorse, anche perché negli anni la situazione del distretto, la criminalità minorile, il disagio dei minori, sono profondamente cambiati. Gli uffici minorili sono sempre stati poco considerati. Inoltre, abbiamo registrato negli ultimi anni un aumento dei reati (in particolare contro la persona e caratterizzati da particolare violenza ed efferatezza) commessi da minorenni.

La criminalità organizzata poi li sfrutta nell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti. Ci sono quartieri della città di Palermo dove bambini, anche di 10-12 anni, vendono dosi di crack senza avere la minima consapevolezza dell’illiceità del loro comportamento. Vengono sfruttati dagli adulti, anche perché si tratta di soggetti non imputabili nei cui confronti non è possibile aprire un procedimento penale. Grazie al decreto Caivano, oggi è possibile trarre in arresto i minori che abbiano compiuto i 14 anni e che si siano resi autori anche di cosiddetto piccolo spaccio di sostanze stupefacenti. Dal mio punto di vista, ritengo che questo sia un segnale importante per le organizzazioni criminali che fino ad un certo momento hanno ritenuto di potere sfruttare i minori per i loro traffici quasi impunemente.

Il decreto Caivano ha però sollevato molte critiche.

Sì, è vero, è stato un provvedimento normativo che ha destato varie perplessità. Va però ricordato che l’arresto del minorenne è ed è rimasto sempre facoltativo; quindi, le forze di polizia si confrontano sempre con il magistrato di turno, vi è grande attenzione e cautela nella valutazione della gravità del fatto e della personalità del minore.

Il decreto Caivano ha fornito strumenti che in alcuni casi si sono rivelati particolarmente utili nella nostra attività.

Leggi "Tutti dentro", il numero de lavialibera dedicato alle condizioni delle carceri minorili

Nel suo intervento per l’inaugurazione dell’anno giudiziario nel 2024 ha anche sottolineato che molti giovani autori di reato agiscono sotto effetto del crack.

Palermo, 25 gennaio 2025. La procuratrice per i minorenni Claudia Caramanna nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario (Fotogramma dalla diretta di Radio Radicale)
Palermo, 25 gennaio 2025. La procuratrice per i minorenni Claudia Caramanna nel corso dell'inaugurazione dell'anno giudiziario (Fotogramma dalla diretta di Radio Radicale)

Purtroppo, questo rende più complesso l’intervento sul minore. Sono ragazzi che assumono queste sostanze, ne diventano ben presto dipendenti e le loro condotte si caratterizzano per una sempre crescente violenza. L’ingresso nel circuito penale spesso è il primo momento in cui i genitori vengono a conoscenza della condizione di tossicodipendenza dei loro figli.

In quello stesso intervento pubblico ha segnalato che nel corso del 2023 sono stati registrati 30 ricoveri per overdose di bimbi sotto i tre anni. Com’è possibile?

In molti quartieri, soprattutto nel periodo pandemico, alcune famiglie di spacciatori hanno cominciato a preparare le dosi di crack nelle loro cucine. È stato quindi facile per bambini che iniziano a gattonare e portare ogni cosa alla bocca, ingerire accidentalmente hashish, cocaina ed altre sostanze. Per questo ci sono stati ricoveri, ma riguardano soltanto i casi più gravi di intossicazione. Ancora oggi registriamo casi di questo tipo con frequenza preoccupante.

Immagino sia un lavoro immenso. Quanti magistrati della procura per i minorenni si occupano di questi procedimenti?

Siamo in cinque, più me arriviamo a sei.

In passato, e anche di recente, lei ha ricevuto minacce. Come è cambiata la sua vita?

Vivo sotto scorta e ho ridotto sensibilmente la mia vita di relazione, trascorrendo le mie giornate nella Procura per i minorenni. Quando però vedo che è iniziato un percorso di cambiamento, mi sento ripagata

È cambiata radicalmente. Le prime minacce sono arrivate tre anni fa, con lettere a casa e minacce di morte. Vivo sotto scorta e ho ridotto sensibilmente la mia vita di relazione, trascorrendo le mie giornate nella Procura per i minorenni. Quando però vedo che i procedimenti vanno avanti e che è iniziato un percorso di cambiamento, mi sento ripagata e credo che il percorso intrapreso sia quello giusto.

Ha avuto anche espressioni di gratitudine e supporto per quanto fate?

Tre giorni fa sono stata in una comunità per giovani in misura cautelare. Ho incontrato un ragazzo autore di un gravissimo reato. Mi ha detto 'grazie, non dimenticherò mai quello che lei ha fatto per me'

Tre giorni fa sono stata in una comunità, nel territorio delle Madonie, che accoglie giovani in misura cautelare. Giro spesso nel territorio del distretto. Lì ho incontrato un ragazzo che si era reso autore di un gravissimo reato. Quando era in carcere aveva chiesto di parlarmi; ha iniziato un percorso di cambiamento e adesso è messo alla prova. Quando l’ho incontrato in comunità, mi ha detto “grazie, non dimenticherò mai quello che lei ha fatto per me”.

In questo clima, è importante il supporto delle altre istituzioni. La Regione Sicilia ha di recente approvato una norma. Servirà?

La legge regionale è un segnale importante, anche dal punto di vista simbolico. Hanno ritenuto di adottare un provvedimento legislativo e spero che si traduca in provvedimento reali e concreti. Prevede l’istituzione di équipe multidisciplinari integrate, il coinvolgimento di scuola e università, e misure finalizzate all’ inserimento lavorativo. Al momento però mancano i decreti attuativi.

Tutti i soggetti pubblici devono partecipare ed impegnarsi nella lotta alla mafia. Mi auguro intervenga presto anche la legge nazionale.

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Un’ultima domanda. La procura per i minorenni di Palermo si occupa anche delle province di Trapani e Agrigento, sulle cui coste sbarcano molti migranti. Qual è il quadro dei minori stranieri che arrivano su questi territori?

Mentre prima erano ragazzini di 16-17 anni, ora arrivano da soli anche bambini di 10-12 anni. Ci sono poi anche ragazzine in stato di gravidanza determinato dalle brutali violenze subite nel corso del viaggio e in alcuni casi vogliono abortire. Noi provvediamo alla richiesta al Tribunale per i minorenni della nomina del tutore. Quando è possibile cerchiamo di attivare il ricongiungimento familiare nei casi in cui i minori abbiano i genitori o altri parenti nel territorio. Quando sono soli attiviamo la procedura finalizzata alla dichiarazione dello stato di adottabilità.

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