Torino, 31 marzo 2022. La cassetta in cui i detenuti del carcere possono imbucare le loro "domandine", le richieste scritte per colloqui o beni d'uso quotidiano (Foto di Marco Panzarella)
Torino, 31 marzo 2022. La cassetta in cui i detenuti del carcere possono imbucare le loro "domandine", le richieste scritte per colloqui o beni d'uso quotidiano (Foto di Marco Panzarella)

I telefoni entrano in carcere soprattutto se i detenuti sono isolati dal mondo

I traffici di droga e telefoni nei penitenziari portano alcuni a chiedere più restrizioni per i detenuti. Tuttavia se si concedesse loro la possibilità di telefonare più spesso ai parenti o usare Internet si potrebbero prevenire queste illegalità. E ci si potrebbe concentrare su altre questioni. Il carcere ha bisogno di riforme

Andrea Oleandri

Andrea OleandriResponsabile comunicazione di Antigone

28 marzo 2025

  • Condividi

Lo scorso 25 febbraio la procura di Torino ha dato conto di un’indagine su 116 persone – sia già detenute, sia libere – per un traffico di sostanze stupefacenti all’interno del carcere cittadino e per l’ingresso di telefoni cellulari. Non si tratta della prima volta che ciò avviene. Capita diverse volte di imbattersi in sequestri di questo tipo negli istituti di pena. Fatti che vengono spesso utilizzati da alcuni per chiedere maggiori chiusure alla vita detentiva e maggiori restrizioni ai beni che da fuori possono entrare dentro, cosa avvenuta già in molti contesti.

Ad esempio, in alcuni carceri, i familiari dei detenuti non possono portare ai loro cari certi tipi di cibo o di prodotti, oppure possono farlo presentandoli in modi specifici. Non tutti hanno accettato le disposizioni di buon grado. In qualche penitenziario siciliano sono avvenute delle proteste contro il divieto di introdurre capi di vestiario pesanti, nonostante siano indispensabili per affrontare l’inverno in strutture dove manca il riscaldamento. In altri casi i detenuti si sono lamentati contro una norma in base alla quale si possono portare formaggi e salumi già affettati: è un modo per evitare che nascondano altro, ma in questo modo gli alimenti deperiscono prima.

I telefoni in carcere, non solo per le relazioni criminali, ma soprattutto familiari

Dopo una serie impressionante di suicidi avvenuti nell’estate del 2023, il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva promesso un intervento e, dopo diversi mesi, si è passati da quattro a sei telefonate al mese (ognuna di dieci minuti)

La questione dei telefoni in carcere, invece, non può essere trattata in maniera separata dallo stato complessivo del sistema penitenziario italiano, partendo da una domanda tutt’altro che retorica: abbiamo un problema di legalità negli istituti di pena italiani? Verrebbe da rispondere di sì. Il “traffico” di cellulari è solo una delle dimostrazioni, che peraltro ci interroga anche sul perché le persone rischino una nuova indagine e una possibile nuova condanna.

In alcuni casi, dicono i giudici, i telefoni sono utilizzati per mantenere relazioni criminali con l’esterno. Ma in altri – e questo viene sottolineato, ad esempio, anche nel comunicato della procura di Torino – servono soltanto a mantenere le relazioni familiari. Fino a poco tempo fa, con pochissime eccezioni, all’interno degli istituti di pena le persone detenute avevano a disposizione dieci minuti di telefonate a settimana. Dopo una serie impressionante di suicidi avvenuti nell’estate del 2023, il ministro della Giustizia Carlo Nordio aveva promesso un intervento e, dopo diversi mesi, si è passati da quattro a sei telefonate al mese (ognuna di dieci minuti). Un aumento minimo che certo non cambia la situazione di isolamento dei detenuti dai loro affetti. Estendere l’uso delle telefonate, anche a livello quotidiano, almeno per i detenuti di media sicurezza già sarebbe un ottimo modo per contrastare l’illegalità e ridurre il numero di cellulari da intercettare e sequestrare.

Carceri, le telefonate allungano la vita, ma Nordio non risponde

Prigioni senza Internet, uno spaccato di pre-modernità

Viviamo in una società in cui Internet è onnipresente, ma in carcere non è concesso. Questo rende gli istituti di pena uno spaccato di pre-modernità, anche laddove non esistano o sussistano ragioni di sicurezza

Poi c’è ancora un altro tema. Sempre più spesso capita su alcuni social media, in particolare Instagram o TikTok, di vedere immagini riprese dentro le celle. Anche in questo caso, l’intento non è di certo criminale. Viviamo in una società in cui Internet è onnipresente, ma in carcere non è concesso. Questo rende gli istituti di pena uno spaccato di pre-modernità, anche laddove non esistano o sussistano ragioni di sicurezza tali da consigliare una stretta nell’accesso alla rete.

Affrontare queste due questioni permetterebbe di concentrarsi di più nei controlli sui circuiti detentivi più “a rischio”, tentando di prevenire l’ingresso dei telefoni che nelle carceri, come ci raccontano le cronache riportate dalla stampa, sono introdotti a volte portati dai parenti delle persone detenute, a volte con droni, ma a volte anche da agenti penitenziari e altri operatori. Oppure utilizzando peraltro strumenti già in uso, come quelli che permettono di segnalare l’arrivo di droni e intercettarli.

Per reinserire i detenuti serve un accesso a Internet

Affrontare le illegalità nel sistema penitenziario

Il carcere ha bisogno di riforme, di aperture, di superare incomprensibili preclusioni. L’intero sistema ha bisogno di essere riportato nella legalità per garantire alle persone detenute il rispetto dei loro diritti, così come i diritti di chi nei penitenziari lavora

Ma, tornando alla domanda della legalità complessiva del sistema penitenziario, la questione del “traffico” di cellulari è solo una parte del tutto. Del resto, un luogo comune sul carcere agitato da più parti è legato all’essere una “fabbrica del crimine”. È un luogo comune che ha anche un’attinenza con la realtà se si guarda ai dati della recidiva, sempre prossima a circa il 70 per cento: su dieci persone che finiscono in cella, sette di loro una volta fuori tornano a commettere reati, con buona pace della finalità risocializzante della pena.

Del resto è difficile costruire percorsi di reinserimento sociale in un luogo che ormai da venti anni non rispetta le norme sulla capienza, con tassi di sovraffollamento oscillanti, ma costanti: ci sono sempre più persone che posti disponibili. Che il sistema manchi di legalità, del resto, lo certificano anche i tribunali di sorveglianza che dal 2018 al 2022, in cinque anni, hanno condannato 19.570 volte lo Stato a risarcire le persone detenute o riconoscere loro sconti di pena proprio per i trattamenti “inumani e degradanti” a cui sono stati sottoposti.

La legalità viene meno anche di fronte ai tanti procedimenti per violenze e torture cui sono soggetti decine di agenti penitenziari. Da quando, nel 2017, è stato introdotto il reato di tortura, è stato utilizzato quasi soltanto nei confronti di chi opera in carcere, a segnalare evidentemente un problema che riguarda questo specifico luogo in cui c’è una tensione sempre presente, come testimoniano anche le aggressioni di alcuni detenuti verso altri detenuti o verso gli stessi operatori.

Per questo sarebbe un errore trattare il tema dell’introduzione dei telefoni dimenticando il contesto. Il carcere ha bisogno di riforme, di aperture, di superare incomprensibili preclusioni. L’intero sistema ha bisogno di essere riportato nella legalità per garantire alle persone detenute il rispetto dei loro diritti, così come i diritti di chi nei penitenziari lavora e costruire una maggiore sicurezza collettiva.

Crediamo in un giornalismo di servizio a cittadine e cittadini, in notizie che non scadono il giorno dopo. Aiutaci a offrire un'informazione di qualità, sostieni lavialibera
  • Condividi

La rivista

2025-numero 31

È tempo di muoversi

NUMERO SPECIALE: Libera compie trent'anni e guarda avanti: l'impegno per l'affermazione della libertà contro ogni forma di potere mafioso è più che mai attuale

È tempo di muoversi
Vedi tutti i numeri

La newsletter de lavialibera

Ogni sabato la raccolta degli articoli della settimana, per non perdere neanche una notizia. 

Ogni prima domenica del mese un approfondimento speciale, per saperne di più e stupire gli amici al bar

Ogni terza domenica del mese, CapoMondi, la rassegna stampa estera a cura di Libera Internazionale