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1 maggio 2025
Circondata dalle acque del Mediterraneo, tra sentieri di montagna battuti dalle capre, castagni e agrumi, la Corsica assomiglia in molti aspetti alla sua lontana cugina siciliana. A unire le due isole, nonostante le 300 miglia nautiche di distanza, è anche la presenza, radicata da tempo, della criminalità organizzata: la mafia corsa uccide, estorce, minaccia commercianti e amministratori locali. Eppure, solo da poco si è iniziata a chiamarla per nome. "Il vostro problema è che la mafia non ha ucciso abbastanza", diceva nel 2022 l’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando durante un incontro con collettivi antimafia corsi a Palermo.
La mafia esiste anche in Francia
Con 3,7 omicidi per 100mila abitanti – la popolazione è di 350mila –, nel 2024 l’isola ha segnato il record di regione più criminogena della Francia metropolitana, superando di molto i tassi che si registrano, per esempio, in Sicilia (0,8) e in Calabria (0,9). Gli attentati contro negozi, trattori o camion della raccolta dei rifiuti – un mercato molto ambito – sono quasi quotidiani e 192 degli avvenuti o tentati omicidi degli ultimi vent’anni sarebbero direttamente legati alla criminalità organizzata.
Tra questi, dieci hanno colpito politici locali e quindici altrettanti imprenditori, secondo i dati condivisi dal collettivo Massimu Susini, che porta il nome di un attivista indipendentista e difensore dell’ambiente corso che il 12 settembre 2019 è stato aggiunto alla lista delle vittime innocenti della mafia di Libera. L’uomo, pastore del sud dell’isola, è stato ucciso con diversi colpi di fucile da caccia davanti alla sua capanna sulla spiaggia di Peru, nel piccolo villaggio di Carghjese. Dopo l’apertura di un’indagine per omicidio in banda organizzata, suo zio, Jean-Toussaint Plasenzotti, ha fondato uno dei due collettivi antimafia dell’isola. "La sua presa di coscienza, il suo coraggio, la sua azione e la sua memoria devono avere un seguito", dichiarava allora davanti a circa duecento corsi solidali. Parallelamente, un altro indipendentista che nel frattempo aveva deposto le armi, Léo Battesti, ha fondato il collettivo A Maffia No, a Vita Iè (La mafia no, la vita sì). Così è nata la lotta antimafia in Corsica.
Gli inizi sono stati difficili, i sostegni scarsi. I collettivi si sono immediatamente interessati alla legislazione antimafia italiana e hanno viaggiato più volte nel Paese, insieme all’associazione francese Crim’ALT, per osservarne il funzionamento e i risultati. "Persino Corse-Matin (il quotidiano locale, ndr) si prendeva gioco di noi quando parlavamo del reato di associazione di tipo mafioso", ricorda Jérôme Mondoloni, avvocato e membro fondatore del collettivo Massimu Susini. "Ci dicevano 'siete coraggiosi'. Il che voleva piuttosto dire 'siete pazzi'", aggiunge Plasenzotti.
Per garantire la propria indipendenza, le due organizzazioni rifiutano i finanziamenti pubblici e sopravvivono grazie alle donazioni private. Nei mesi successivi all’omicidio, il nome e il volto di Massimu hanno iniziato a comparire sui muri e i ponti dell’isola, persino sui versanti delle montagne, quasi una sfida ai suoi assassini. Nel settembre del 2021, una targa in suo onore è stata vandalizzata vicino a Bastia. Poche ore dopo è stata ripristinata da un cittadino rimasto anonimo. La sera stessa, i tifosi del Bastia hanno srotolato uno striscione dalle tribune dello stadio di Furiani, a nord dell’isola: "Anu vulsutu tumbà lu, l’anu resu immortale" (Volevano ucciderlo, lo hanno reso immortale). "Sta emergendo una cultura antimafia", si rallegrava lo zio.
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Il 18 marzo 2022, una nota confidenziale del Sirasco, il servizio di intelligence sulla criminalità organizzata della direzione nazionale della polizia giudiziaria francese, è trapelata confermando quanto i collettivi sostenevano da tempo: non meno di 25 bande criminali sarebbero attive sull’isola. L’autunno dello stesso anno, su richiesta dei comitati, l’Assemblea della Corsica ha organizzato un ciclo di seminari sulla lotta contro le pratiche mafiose, insieme a rappresentanti del governo regionale e associazioni locali: una collaborazione orizzontale necessaria su un’isola dove investimento spesso fa rima con riciclaggio di denaro. Eppure sono stati pochi gli amministratori locali a partecipare: "Complicità per alcuni, indifferenza per altri e paura per altri ancora", dice l’attivista Manette Battistelli, riprendendo le parole del giornalista Jacques Follorou, esperto della criminalità organizzata in Corsica.
E ci sono voluti due anni perché l’esecutivo regionale stilasse una relazione a partire dalle conclusioni di quegli incontri. Intanto, i collettivi proseguono i loro sforzi, scendendo in piazza ogni volta che se ne presenta l’occasione per denunciare la presa della mafia e chiedere che la legge francese si doti di strumenti adeguati per combatterla. Qualche risultato è stato ottenuto: a partire da dicembre 2023, la confisca dei beni frutto di reati mafiosi è divenuta obbligatoria e la possibilità di riutilizzarli per scopi sociali è stata estesa anche agli enti locali.
Parallelamente, sono continuati i regolamenti di conti mortali: il 23 dicembre 2024, dei colpi di arma da fuoco all’interno del Lamparo, una brasserie del centro di Ajaccio, hanno causato un morto e sette feriti. Due mesi e due omicidi più tardi, un evento ha scosso l’opinione pubblica anche oltre i confini della Corsica: sabato 15 febbraio, Chloé Aldrovandi, 19 anni, è stata uccisa per errore mentre guidava nell’auto abitualmente usata dal suo compagno.
Pochi giorni dopo – "niente è mai proprio una coincidenza", sottolinea Plasenzotti –, il 27 febbraio, l’Assemblea della Corsica ha approvato all’unanimità la relazione dell’esecutivo regionale frutto del ciclo di seminari alla presenza del ministro della Giustizia Gérald Darmanin e di Leoluca Orlando, che ha chiuso la sessione con un invito ai rappresentanti: "Vi prego, fatemi un favore, non dite che in Corsica non c’è mafia". Primo risultato per i collettivi: il ministro della Giustizia ha promesso un rafforzamento degli organici nei tribunali corsi e la creazione di un pool antimafia a Bastia. Annunci seguiti, già il giorno dopo, dalla visita del prefetto a Carghjese per il primo convegno antimafia organizzato sull’isola dal collettivo Massimu Susini.
"La gente non dice più che siamo coraggiosi, ora camminano con noi"Jean-Toussaint Plasenzotti - Fondatore del collettivo Massimu Susini
L’8 marzo scorso, poi, più di mille persone hanno camminato contro la criminalità organizzata per le strade di Ajaccio, una prima assoluta in Francia. La manifestazione è stata sostenuta dal prefetto della Corsica, Jérôme Filippini, che durante il corteo è salito su un camion per gridare al megafono: "La mafia, bisogna chiamarla con il suo vero nome!". "La gente non dice più che siamo coraggiosi, ora camminano con noi – commenta Plasenzotti –. Si è creata una linea di demarcazione all’interno della società corsa tra gli antimafiosi e i compiacenti. Sta emergendo e si sta organizzando una forza che da tempo speravamo di vedere". Ma la lotta è tutt’altro che finita per i collettivi, che ora guardano al futuro. L’obiettivo è coinvolgere i giovani, nella speranza di veder nascere nuove associazioni. "Ora, devono fare loro questa lotta – dice Léo Battesti, cofondatore di A Maffia No, A Vita Iè –. Ma d’ora in poi il sentiero è tracciato".
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