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Aggiornato il giorno 20 novembre 2025
È una prima assoluta: mercoledì 19 novembre, il Comitato delle Nazioni unite incaricato di garantire il rispetto della Convenzione di Aarhus sulla democrazia ambientale ha dichiarato ammissibile il ricorso presentato da una serie di associazioni francesi che hanno denunciato l'assenza di dibattito pubblico sull'organizzazione dei Giochi invernali delle Alpi francesi 2030. È la prima volta che un progetto olimpico finisce sotto la lente della giustizia internazionale. Ora Parigi avrà cinque mesi per portare elementi a difesa della propria posizione, prima della decisione del Comitato. "La Francia non può più calpestare la democrazia – hanno esultato le associazioni promotrici Ligue des droits de l'homme, Comité citoyen J.O.P. 2030, France nature environnement e Mountain wilderness France –. Il governo deve sospendere l'esame del disegno di legge olimpico, gli impegni finanziari molto onerosi previsti dalla legge di bilancio e organizzare immediatamente un dibattito pubblico per discutere finalmente l'opportunità di organizzare questi Giochi, il cui costo totale supera i 4 miliardi di euro (di cui 2,5 miliardi di finanziamenti pubblici) e la cui impronta di carbonio raggiungerà le 804mila tonnellate di CO2, con un impatto economico e ambientale sproporzionato".
Le mancanze sono le stesse che da anni vengono denunciate per le OIimpiadi di Milano-Cortina 2026 e che, a meno di tre mesi dall'inaugurazione, si fanno ormai irrimediabili. Così, dall'altra parte delle Alpi, cittadini e associazioni provano a trarre lezioni dal caso italiano per evitare che nel 2030 finisca allo stesso modo. Il rischio c’è: "A poco più di quattro anni dalla cerimonia d’inaugurazione non abbiamo ancora la carta ufficiale dei siti di gara e non è stato previsto alcun coinvolgimento delle comunità interessate", dice a lavialiberaAntoine Pin, direttore della sezione francese di Protect our winters (Pow), comunità internazionale di persone appassionate di sport invernali che hanno a cuore la lotta al cambiamento climatico.
Mentre ancora non si conosce la carta dei siti di gara, il governo francese ha presentato una legge per accelerare l’iter di approvazione delle opere
Lo scorso maggio, il governo francese ha depositato in parlamento un disegno di legge che punta a snellire e accelerare l’iter di approvazione delle opere che saranno necessarie – il cui elenco dettagliato non è ancora noto –, anche in deroga ad alcune norme ambientali e urbanistiche. Pochi giorni dopo, l’associazione Collectif citoyen Jop 2030 ha sollecitato il Tribunale amministrativo di Lione e, insieme ad altre, il Comitato dell’Onu incaricato di far rispettare la Convenzione di Aarhus, che sancisce il diritto dei cittadini di partecipare ai processi decisionali in materia ambientale, per chiedere la sospensione del progetto di realizzazione dei Giochi, una moratoria su tutte le leggi in materia e l’apertura di un dibattito pubblico: "Il danneggiamento ambientale, la negazione della democrazia, la malagestione finanziaria e l’opacità che caratterizzano il progetto non possono restare senza risposta", hanno dichiarato i promotori. Il 19 novembre è arrivata la decisione sull'ammissibilità.
"No bassaran!": gli attivisti francesi che difendono terra e acqua
Parallelamente, c’è chi prova a colmare i vuoti creando occasioni in cui gli abitanti delle comunità interessate possano dire la loro. La scorsa primavera, Pow France ha condotto un sondaggio, in collaborazione con l’Università Savoia Monte Bianco, per misurare la consapevolezza dei cittadini rispetto al progetto. Degli oltre mille intervistati, il 60 per cento ha dichiarato di avere scarsa fiducia nella promessa di un'Olimpiade sostenibile continuamente ribadita dagli organizzatori e l’80 per cento si è detto favorevole alla partecipazione attiva dei cittadini ai processi decisionali.
"Non ci basta denunciare ciò che non va, vogliamo far vivere ai cittadini ciò che è mancato e a cui avrebbero avuto diritto"Antoine Pin - Protect our winters France
A partire da quella richiesta, l’associazione ha organizzato la prima Convention citoyenne olympique, un percorso partecipativo fatto di assemblee pubbliche in cui tutte le parti coinvolte nel progetto – cittadini, esperti, sportivi, amministratori – si confrontano sulla possibilità di rendere i Giochi realmente sostenibili per i territori. "Abbiamo previsto tre weekend da luglio a novembre, con differenti focus tematici e l’obiettivo finale di produrre delle raccomandazioni – spiega Pin –. Non ci basta denunciare ciò che non va, vogliamo far vivere ai cittadini ciò che è mancato e a cui avrebbero avuto diritto, anche se forse è già troppo tardi per avere un impatto significativo sul progetto".
Giochi invernali, a perdere è la montagna
Al tavolo, insieme a 50 cittadini estratti a sorte tra quelli interessati, siederanno anche rappresentanti delle federazioni sportive, degli ordini professionali e degli enti locali. Anche il Comitato olimpico internazionale ha comunicato di essere aperto al dialogo. All’appello manca però il Comitato organizzatore: "È l’unico da cui non abbiamo avuto ancora risposta, e la sua assenza direbbe molto", continua il direttore di Pow France. L’organismo, la cui composizione non è ancora stata ufficializzata, non ha dato riscontro neanche rispetto al documento che venti ong hanno elaborato insieme ad atleti, scienziati, cittadini e rappresentanti locali nel novembre del 2023, all’indomani della presentazione della candidatura, che dettaglia 17 condizioni perché la promessa di sostenibilità non rimanga solo sulla carta.
Agli incontri parteciperà anche una delegazione di Pow Italia, tra le realtà promotrici della campagna Open Olympics, a indicare l’interesse che le lezioni imparate da Milano-Cortina rivestono per la comunità d’Oltralpe. Lo racconta la coordinatrice Giorgia Garancini: "Avendo visto come stanno andando le cose qui e sentendoci anche abbastanza impotenti di fronte a tutte le decisioni prese a porte chiuse e all’avanzamento dei lavori, ci è sembrato evidente che passare il testimone ai nostri ‘cugini francesi’ sarebbe stato il modo migliore per dare continuità al nostro impegno e non farlo morire con la fine dei Giochi del 2026".
"L'eredità più grande che il nostro lavoro può lasciare è il principio che non si possano più fare passi indietro rispetto alla trasparenza: prima che si posi la prima pietra, dev’esserci un portale aperto che spieghi perché e restituisca in tempo reale le informazioni disponibili"Leonardo Ferrante - referente anticorruzione civica Libera e Gruppi Abele
Leonardo Ferrante, referente anticorruzione civica di Libera e Gruppo Abele, lancia anche la proposta di un "Open Olympics trasfrontaliero", considerato anche che le gare di pattinaggio di velocità del 2030 potrebbero svolgersi a Torino: "Siamo disponibili a collaborare con le realtà associative francesi interessate perché non si riparta da zero – dice a lavialibera –. L'eredità più grande che il nostro lavoro può lasciare è il principio che non si possano più fare passi indietro rispetto alla trasparenza e che questa rientri tra gli obblighi degli organizzatori: prima che si posi la prima pietra, per qualsiasi grande evento di questo tipo, dev’esserci un portale aperto che spieghi perché e restituisca in tempo reale le informazioni disponibili. Certo, non è risolutivo, ma è l’inizio di un processo di interlocuzione e partecipazione".
Da lavialibera n° 33, Giochi insostenibili
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