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Pfas, la Francia corre ai ripari (aspettando l'Europa)

Parigi discute una proposta di legge per vietare alcune categorie di prodotti contenenti i cosiddetti "inquinanti eterni". In attesa di una messa al bando europea, alcuni paesi si muovono da soli, altri (come l'Italia) temporeggiano

Paolo Valenti

Paolo ValentiRedattore lavialibera

12 aprile 2024

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La Francia si appresta a diventare il primo Paese del G7, e tra i primi al mondo, a bandire i pfas. Lo scorso 4 aprile, l’Assemblea nazionale (uno dei due rami del parlamento) ha approvato con 186 voti a favore e nessun contrario (ma con quasi due terzi dei deputati assenti) la proposta di legge “per la protezione della popolazione dai rischi legati alle sostanze per- e polifluoroalchiliche”. Si tratta dei cosiddetti inquinanti eterni, di cui da mesi lavialibera racconta la contaminazione in Piemonte e Veneto: un insieme di migliaia di composti chimici sintetici, cioè non presenti in natura, utilizzati da decenni nella produzione di beni di uso quotidiano (pentole, tessuti, cosmetici) perché resistenti all’acqua e al calore, che contaminano in maniera irreversibile l’ambiente e l’organismo umano causando gravi problemi di salute.

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I deputati hanno "salvato" gli imballaggi alimentari e gli utensili da cucina per “lasciare alle industrie francesi il tempo necessario per trovare alternative soddisfacenti”

La proposta di legge, presentata dal deputato ecologista Nicolas Thierry, prevede di vietare la produzione, l’importazione, l’esportazione e la commercializzazione di cosmetici, cere e capi d’abbigliamento (ad eccezione di quelli di protezione usati da militari e vigili del fuoco) contenenti pfas a partire dal primo gennaio 2026. Dal 2030 saranno messi al bando tutti i prodotti tessili contaminati. Rispetto al testo originale, i lavori in aula hanno escluso dal divieto gli imballaggi alimentari e gli utensili da cucina per “lasciare alle industrie francesi il tempo necessario per trovare alternative soddisfacenti”. Stralciata anche la proposta di generalizzare la messa al bando a tutti i prodotti contenenti pfas dal 2027, in previsione – così è stata giustificata la scelta – di una decisione in questo senso a livello europeo. 

L’inquinamento da pfas ha fatto irruzione nel dibattito pubblico transalpino nel maggio del 2022, quando la trasmissione Envoyé special della televisione pubblica France 2 ha mandato in onda l’inchiesta “Lione, allerta inquinanti eterni”. L’indagine, supportata da analisi di laboratorio, aveva rivelato la presenza in quantità allarmanti di pfas nel suolo, nelle acque, nell’aria e persino nel latte materno nella regione del Rodano, dove sono attive 500 industrie chimiche. La prefettura era intervenuta ordinando ispezioni nell’area e intimando a due siti delle multinazionali Daikin e Arkema di ridurre gli sversamenti. Le segnalazioni si sono poi moltiplicate su tutto il territorio nazionale, spingendo il governo a intervenire. Nel gennaio del 2023, il ministero della transizione ecologica ha emanato un piano d’azione dedicato. Aggiornato settimana scorsa, prevede di rendere sistematici e standardizzare i controlli sulle emissioni industriali e sulla presenza di pfas sui prodotti destinati alla consumazione, recensire i siti inquinati, informare la popolazione sui rischi e sostenere a livello europeo una restrizione nella produzione, l’utilizzo e la commercializzazione di queste sostanze.

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L’Ue si è già mossa su alcuni dei pfas: nel 2009 ha messo al bando l’acido perfluoroottansolfonico (pfos), ritenuto "possibilmente cancerogeno" dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro; nel 2020 la stessa sorte è toccata all’acido perfluoroottanoico (pfoa), classificato come cancerogeno. L'acido perfluoroesansolfonico (pfhxs), utilizzato per produrre la schiuma degli estintori, è stato vietato lo scorso agosto. Ora è sul tavolo una proposta per generalizzare le restrizioni a tutti i pfas: a febbraio 2023, Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia hanno chiesto all’European chemicals agency (Echa) di rivedere il regolamento Reach (Registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche) in questo senso. Nel suo piano d’azione, il governo francese ha dichiarato l’intenzione di unirsi a questi Paesi per sostenere la richiesta.

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Prima della Francia, altri paesi hanno preso decisioni drastiche nella lotta agli inquinanti eterni: la Danimarca ha messo al bando gli imballaggi alimentari contenenti pfas nel 2019 e le schiume antincendio l’anno scorso. Queste saranno vietate a partire dal 2025 anche in Nuova Zelanda, che ha recentemente approvato una misura simile anche per i cosmetici. In Italia, teatro della più grande contaminazione nel continente europeo, la classe politica non sembra ritenerla una questione urgente: il governo si è limitato a recepire le direttive europee e disporre meccanismi e standard di monitoraggio, mentre un disegno di legge (comunque timido) presentato al Senato nel 2021 è decaduto con il cambio della legislatura.

Lo scorso maggio, diverse associazioni e comitati, tra cui Greenpeace Italia e Mamme no pfas, hanno presentato al parlamento il “Manifesto per l’urgente messa al bando dei pfas”, sottoscritto insieme a 120 organizzazioni europee, per chiedere una legge nazionale che ne vieti l’uso e la produzione.

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