Lo scheletro del capodoglio nel giardino dell'osservatorio di Capo Granitola. Foto: M. Panzarella
Lo scheletro del capodoglio nel giardino dell'osservatorio di Capo Granitola. Foto: M. Panzarella

In Sicilia, l'osservatorio dove si studia il clima nel nome di Rita Atria

A Capo Granitola, in provincia di Trapani, un gruppo di scienziati studia gli inquinanti e le condizioni climatiche del mar Mediterraneo centrale. Il centro è intitolato alla giovane testimone di giustizia, perché "la sfida per combattere il cambiamento climatico richiede uguale coraggio e sete di giustizia"

Natalie Sclippa

Natalie SclippaRedattrice lavialibera

5 settembre 2025

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C’è un luogo in cui la ricerca scientifica si lega alla memoria e all’impegno: la stazione marina internazionale con l’osservatorio climatico–ambientale del Consiglio nazionale per le ricerche (Cnr) di Capo Granitola, a 12 chilometri da Mazara del Vallo, in provincia di Trapani. Affacciata sullo stretto di Sicilia, la stazione ha il compito di recuperare informazioni per studiare il clima e le sue variazioni sul territorio italiano.

Ad accogliere i ricercatori, i visitatori e i giovani coinvolti nei laboratori, lo scheletro di un capodoglio di undici metri: ripescato nel porto di Mazara e ora ricostruito nel giardino, sembra a guardia della struttura che dal 2019 è intitolata a Rita Atria. Giorgio Tranchida, ricercatore del Cnr, spiega a lavialibera: “Molti di noi sono originari di queste zone e conoscono le difficoltà di questi territori. Per questo, insieme ai colleghi del Cnr di Bologna e a Libera, abbiamo voluto dare un segnale forte: promuovendo la ricerca, la cultura, la conoscenza da qui diamo il giusto lustro alla storia di Rita, testimone di giustizia”. 

Leggi "Terra Bruciata", la nostra inchiesta tra le province di Palermo, Agrigento e Trapani 

Un avamposto per il monitoraggio

Il ricercatore Giorgio Tranchida, con dietro un pannello con la storia di Rita Atria. Foto: P. Valenti
Il ricercatore Giorgio Tranchida, con dietro un pannello con la storia di Rita Atria. Foto: P. Valenti

L’osservatorio è all'interno di un container fissato nel giardino della stazione marina. Entrando, il suono delle macchine accompagna il racconto degli studi che qui vengono portati avanti. “Tutti i dati che acquisiamo servono per ricostruire un sistema molto complesso – continua Tranchida – In questo senso, la ricerca non è fine a se stessa, ma ha grandi interconnessioni con il territorio e le persone che ci vivono”.

La sua posizione privilegiata permette di raccogliere informazioni sulle condizioni del bacino del Mediterraneo, oltre che di seguire vari fenomeni atmosferici. “Campionando un pacco di sedimenti – continua Tranchida – si possono trovare degli inquinanti che arrivano anche da molto lontano”. Registrare come gas e particelle si muovono aiuta a descrivere fenomeni che hanno una portata globale e che influiscono sulla vita degli esseri viventi. Per questo, oltre a Capo Granitola, ci sono altri osservatori sparsi per l’Italia: sul monte Cimone, in provincia di Modena, al Plateau Rosà, subito oltre il confine italo-svizzero, a Lecce, a Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, e quello sul monte Curcio, in provincia di Cosenza.

Abbiamo voluto che il nome di Rita si legasse all’impegno di questo osservatorio Cnr, in questa sua Terra, perché la sua testimonianza rimanga viva nel tempo, anche tra chi lavora e parla di scienza e di clima

Questo monitoraggio diffuso permette di intercettare cambiamenti, che in Italia sono particolarmente rilevanti. Il nostro Paese, come riporta anche l’Agenzia europea per l’ambiente, è un hotspot climatico, un posto dove si possono notare di più cambiamenti ambientali pericolosi come l’aumento del rischio di siccità, di perdita di biodiversità e di incendi boschivi.

“Tutto ciò che raccogliamo poi diventa materiale utile per i decisori politici, che possono utilizzarli per prendere iniziative per limitare i danni. Siamo a disposizione dei ministeri competenti, come quello della Salute e dell’Ambiente, nel caso in cui si dovessero studiare zone particolarmente contaminate”. 

Alcuni macchinari all'interno dell'osservatorio climatico intitolato a Rita Atria. Foto: P. Valenti
Alcuni macchinari all'interno dell'osservatorio climatico intitolato a Rita Atria. Foto: P. Valenti

Questi approfondimenti riguardano, tra gli altri, i siti di interesse nazionale, aree talmente inquinate da essere classificate dallo Stato come pericolose e per questo che necessitano di bonifica del suolo, sottosuolo e delle acque, per evitare danni ambientali e sanitari. “Per  esempio, nella laguna di Orbetello i ricercatori stanno controllando quale potrebbe essere il rischio del rilascio di mercurio, perché era una delle sostanze utilizzate nei cicli di alcune lavorazioni industriali. Nel tempo si possono bioaccumulare negli esseri viventi, come i pesci ed essere nocivi anche per le persone che lo mangiano”.

Studiare ricordando Rita Atria

Tranchida, ci indica il pannello appeso sulla parete dietro di lui, tra i complessi macchiari necessari alle misurazioni. Lì, evidenziata in giallo, è raccontata la storia di Rita Atria, testimone di giustizia, che si tolse la vita il 26 luglio 1992, a cui l’osservatorio è stato dedicato. 

"Abbiamo voluto che il nome di Rita si legasse all’impegno di questo osservatorio Cnr, in questa sua Terra, perché la sua testimonianza rimanga viva nel tempo, anche tra chi lavora e parla di scienza e di clima"

Nel volantino di presentazione della stazione di Capo Granitola, si legge: “Abbiamo voluto che il nome di Rita si legasse all’impegno di questo osservatorio Cnr, in questa sua Terra, perché la sua testimonianza rimanga viva nel tempo, anche tra chi lavora e parla di scienza e di clima, tra i giovani che frequenteranno la Stazione marina internazionale e l’osservatorio climatico [...], tra chi cercherà di capire meglio il clima da misure e studi su CO2, CH4, Black carbon, 03,... perché la sfida di combattere il cambiamento climatico richiede uguale coraggio e sete di giustizia”. Una volontà che unisce memoria e impegno.

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