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13 ottobre 2025
Imprenditore e vescovo dicono “no” alle richieste di “pizzo” della ‘ndrangheta. Così scattano denuncia e arresti di due persone accusate di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Una bella notizia di antimafia concreta. È accaduto nei giorni scorsi nella Locride, in provincia di Reggio Calabria, terra di clan potenti e violenti. Il 3 settembre due persone si erano presentate nel cantiere della Chiesa del Santissimo Rosario a Caulonia, dove sta operando l’impresa Saccà di Taurianova. È uno dei sette cantieri per la messa in sicurezza sismica di importanti luoghi di culto (la Calabria è la regione a più alto rischio sismico), lavori finanziati con 21,6 milioni di euro del Pnrr e gestiti dalla diocesi di Locri-Gerace.
“Sapevamo che la ‘ndrangheta ci avrebbe provato e così ogni due mesi ho incontrato singolarmente tutte le imprese e ho chiesto ai carabinieri una tutela maggiore”Don Francesco Oliva - Vescovo di Locri e Gerace
Si tratta di lavori importanti su bellissimi e storici edifici come l’imponente Concattedrale di Gerace, la più grande chiesa romanica del Sud, il monumento più rappresentativo dell’architettura bizantino-romanico-normanna in Calabria, l’eremo di Sant’Ilarione nella frazione di San Nicola di Caulonia, lungo il fiume Allaro, un complesso monastico tardo-medioevale, riconducibile al monachesimo bizantino. Ancor più famoso è il Santuario della Montagna di Polsi, purtroppo anche perché legato alla ’ndrangheta che lì svolgeva incontri e perfino i riti di affiliazione. Da alcuni anni, però, grazie all’impegno del vescovo don Franco Oliva e del nuovo rettore, don Tonino Saraco, ha recuperato il suo vero valore, allontanando le presenze mafiose, e riempiendo il luogo di tante iniziative positive.
Opere importanti, quindi, e una cifra importante, appetibile per i clan. Per questo fin dall’inizio il vescovo ha operato in stretto contatto con prefettura, procura e forze dell’ordine, per garantire correttezza, trasparenza e impermeabilità, e ha operato al fianco delle imprese: “Sapevamo che la ‘ndrangheta ci avrebbe provato e così ogni due mesi ho incontrato singolarmente tutte le imprese e ho chiesto ai carabinieri una tutela maggiore”. Ma gli appetiti della ‘ndrangheta non si fermano, sicuri di non trovare ostacoli.
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Così i due “inviati” del clan il 3 settembre si sono presentati nel cantiere e, non trovando sul posto il titolare, hanno manifestato agli operai la volontà di incontrarlo quanto prima, anticipando ai lavoratori esplicitamente la necessità di un “contributo” per la “gente che ha bisogno”. Informato dell’accaduto dai suoi dipendenti, l’imprenditore ha avvertito il vescovo e si è rivolto alla polizia che ha avviato le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia diretta dal procuratore Giuseppe Borrelli.
Le richieste di incontro rivolte agli operai si sono ripetute fino al 22 settembre, quando il furgone a bordo del quale viaggiavano i dipendenti è stato fermato per strada dai due uomini che avanzavano l’ennesima richiesta urgente di “parlare con il titolare”. L’indomani, all’interno del cantiere, l’imprenditore è stato “rimproverato” dai due rappresentanti del clan che lo hanno accusato di aver iniziato i lavori senza “aver bussato da nessuna parte”, chiedendo poi una “mano d’aiuto per un paio di famiglie che non se la passano bene”. Al tempo stesso, però, i due hanno "concesso" uno sconto, pretendendo soltanto 20mila euro, invece del solito 4-5 per cento richiesto dai clan sull’importo totale dei lavori appaltati, che in questo caso valgono un milione e 560mila euro. L’imprenditore non ha ceduto e per i due è scattato il fermo, convalidato successivamente dal giudice per le indagini preliminari che ne ha disposto la misura cautelare in carcere.
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“Plaudiamo all’iniziativa del titolare dell’impresa che ha denunciato gli autori del vile atto, con la speranza che il suo gesto sia d’esempio per quanti altri, probabilmente, ancora subiscono l’umiliazione del ricatto”Don Francesco Oliva - Vescovo di Locri-Gerace
Il vescovo non ha taciuto. Ha espresso “solidarietà” e “vicinanza” all’impresa, ha condiviso e sostenuto la denuncia all’autorità giudiziaria auspicando che “tale importante gesto debba essere di esempio per quanti subiscono simili inqualificabili ricatti e monito per chi pensa che sia ancora possibile intimidire chi lavora con serietà e onestà”. Parole molto chiare le sue. Ha definito la richiesta del pizzo “un peccato del quale bisognerà rendere conto a Dio e agli uomini”, ma anche un'“azione criminale che destabilizza chi la riceve facendo perdere serenità e voglia di investire a chi ogni giorno, con sacrifici e senso del dovere, offre lavoro e dignità alle famiglie di centinaia di operai del territorio”. Per questo, ha aggiunto, “plaudiamo all’iniziativa del titolare dell’impresa che ha denunciato gli autori del vile atto, con la speranza che il suo gesto sia d’esempio per quanti altri, probabilmente, ancora subiscono l’umiliazione del ricatto, affinché abbiano il coraggio di denunciare per far scomparire questa vergognosa piaga che umilia, sconfigge e offende la Calabria e tutti noi calabresi”.
Monsignor Oliva, che è stato il primo vescovo a far parte dell’ufficio di presidenza di Libera, non è nuovo a iniziative forti contro la criminalità. La diocesi ha in gestione dieci beni confiscati alla ‘ndrangheta in paesi simbolo come San Luca, Africo, Siderno, Gioiosa Jonica, Locri, Ardore, affidati alle parrocchie per ospitare gli oratori per bambini e ragazzi o per dare lavoro pulito, anche a ex detenuti. Il vescovo ha più volte definito la ‘ndrangheta come “morte” e “antivangelo”. Ma ha anche istituito la Giornata di preghiera per la conversione dei mafiosi. Nella chiarezza. Alcuni anni fa quando seppe che i restauri di una parrocchia erano stati pagati con l’offerta di un personaggio poco raccomandabile, pretese che quei soldi fossero restituiti, e con due bonifici della Diocesi, dicendo “Il Popolo di Dio, cioè la Chiesa, non ha bisogno di soldi sporchi”, perché fosse documentato da che parte sta la Chiesa.
La mafia non ama questa Chiesa che ribadisce l’inconciliabilità tra mafia e Vangelo. E che, oltretutto, promuove lavoro, sviluppo e cura del territorio. Perché questa vicenda ha anche un’altra buona notizia. Tutte le opere finanziate col Pnrr saranno completate come previsto entro il 31 dicembre, anzi alcune molto prima come la chiesa di Caulonia in cui lavori saranno completati a fine ottobre. Davvero un bell’esempio. E, ricorda il vescovo, “con la massima attenzione rivolta alla sicurezza degli operai impegnati nei cantieri”. La migliore risposta ai mafiosi che anni fa scrissero sul muro dell’Episcopio “più lavoro meno sbirri”. Una risposta con la concretezza dell’antimafia del fare.
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