30 anni dopo la legge sul riuso sociale degli immobili confiscati, Libera lancia "Diamo linfa al bene"

La campagna nel trentennale della legge 109/1996 mira all'investimento del 2 per cento del Fondo unico giustizia. Con queste cifre si possono far crescere le realtà impegnate nel recupero di quanto tolto ai mafiosi, trasformandole in spazi di comunità, lavoro e futuro. Nel 2026 lavialibera racconterà, ogni due settimane, un aspetto o una storia sul tema

Tatiana Giannone

Tatiana GiannoneSettore beni confiscati e Università di Libera

Riccardo Christian Falcone

Riccardo Christian FalconeGiornalista, esperto di comunicazione e attivista di Libera

7 dicembre 2025

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Diamo linfa al bene” è la nuova grande mobilitazione di raccolta firme lanciata da Libera nel trentennale della legge 109/96, quando, con oltre un milione di firme, l’Italia scelse di restituire alla collettività ciò che le mafie avevano sottratto.

Come nel 1995, vogliamo mettere al centro della nostra azione associativa i beni confiscati e la possibilità che essi vengano riusati socialmente, per dare nuove energie alle comunità. Lo facciamo con una campagna che ci porterà nelle piazze, nei beni confiscati, nelle scuole e nelle università.

Il riutilizzo sociale dei beni confiscati, una storia di trent'anni

I beni confiscati in Italia

Trent’anni fa, con la legge 109/96, l’Italia sancì il principio della restituzione alla collettività dei beni sottratti ai mafiosi.

“Raccogliere entro l’estate un milione di firme: è l’obiettivo della prima campagna nazionale promossa dall’associazione Libera per chiedere l’utilizzo a scopi sociali dei beni confiscati ai mafiosi”. Così iniziava l’articolo firmato da Luigi Ciotti e pubblicato il 30 giugno 1995 su 27 quotidiani per annunciare l'iniziativa.

Fu una vera rivoluzione, voluta con forza da oltre un milione di cittadine e cittadini. Quella rivoluzione ha il volto, oggi, delle oltre 1200 esperienze di riuso sociale disseminate in tutto il paese, che raccontano di territori e comunità che hanno saputo reagire, trasformando luoghi criminali in presìdi di democrazia e inclusione. Più di 500 associazioni di diversa tipologia hanno trovato opportunità; oltre trenta scuole di ogni ordine e grado usano gli spazi confiscati come strumento didattico, cinque cooperative di lavoro aprono la riflessione sul riuso delle aziende confiscate.

Guida ai beni confiscati alle mafie

Occorre, quindi, riaffermare il senso profondo del riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati, dando sempre di più concretezza allo spirito che ha animato la legge 109/96

Esperienze che, tutti i giorni, incidono nel tessuto territoriale e costruiscono economia positiva. Un’economia che possiamo toccare con mano e che cambia radicalmente le nostre vite. Contratti di lavoro, servizi di welfare dove lo Stato sembra non arrivare e altro: tutto parla di un Paese che ha reagito alla mafia e con orgoglio si è riappropriato degli spazi.

Per tutte queste ragioni i beni confiscati alle mafie sono un’enorme ricchezza per l’Italia, un patrimonio pubblico da valorizzare il più possibile, a maggior ragione perché portatore di un valore simbolico ed educativo unico.

Il nostro ruolo di società civile organizzata è quello, allora, di chiedere con forza, e poi di facilitare, un intervento finalizzato ad accrescere e valorizzare la possibilità del riuso, per evitare che, oltre a trasmettere un messaggio simbolico del tutto controproducente, i beni che rimangono inutilizzati rappresentino un mancato investimento economico e sociale, con danni ingenti anche alla tutela dell’ambiente.

Occorre, quindi, riaffermare il senso profondo del riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati, dando sempre di più concretezza allo spirito che ha animato la legge 109/96 e, successivamente, tutta la codificazione in materia di beni confiscati.

Dal crimine alla comunità: il riuso sociale dei beni confiscati avanza in Europa

Gli strumenti per intervenire: il Fondo unico giustizia

Per incidere su questo aspetto, e poterlo fare in maniera stabile e continuativa, possiamo sfruttare un potente strumento legislativo: il Fondo unico giustizia (Fug)

Chi gestisce beni confiscati e chi se ne prende cura per conto dell’intera comunità ci racconta da tempo quanto sia importante avere a disposizione risorse non solo per la rendere funzionanti i beni immobili, ma anche per supportare la fase di avvio delle attività e la continuità delle tante pratiche di riuso sparse in Italia. È fondamentale, allora, che risorse adeguate vengano previste anche per questo. E non solo al Sud, ma in tutto il Paese, perché Centro e Nord Italia registrano un numero di sequestri e confische che è aumentato notevolmente negli ultimi anni. In questo scenario, la legislazione regionale non può in alcun modo costituire il solo strumento utile ed è quanto mai necessario un impegno forte e centralizzato.

Per incidere su questo aspetto, e poterlo fare in maniera stabile e continuativa, possiamo sfruttare un potente strumento legislativo: il Fondo unico giustizia (Fug). Creato nel 2008 per centralizzare e gestire le risorse finanziarie recuperate dallo Stato attraverso sequestri e confische (penali, amministrativi o di prevenzione), il Fug viene, ad oggi, diviso tra il ministero dell’Interno, quello della Giustizia e il bilancio statale.

Se anche solo una piccola parte di queste risorse venisse messa al servizio delle realtà che gestiscono beni confiscati, in maniera continuativa e stabile, si potrebbero sostenere esperienze di inclusione e coesione in tutta Italia, facendo veramente cambiare volto ai patrimoni illeciti, rigenerando i territori e contribuendo a liberarli dalla presenza di mafie e corruzione.

L’obiettivo della petizione

Il frontespizio della petizione lanciata da Libera nel 1995 per i riuso sociale dei beni confiscati
Il frontespizio della petizione lanciata da Libera nel 1995 per i riuso sociale dei beni confiscati

Come 30 anni fa, quando Ciotti lanciò la raccolta firme a sostegno della proposta di legge per il riutilizzo sociale, anche oggi vogliamo raccogliere il sostegno popolare con un obiettivo: chiedere che il Fondo unico giustizia possa essere messo a disposizione, in una piccola porzione, proprio per questo. Ogni anno, tutti gli anni, lo Stato renda disponibile solo l’utile della gestione Fug che viene riversato allo Stato. Solo l’utile, tutti gli anni. Basterebbe il 2 per cento del Fug per far sì che il denaro sottratto alle mafie torni a far crescere il bene comune: scuole, cooperative, comunità, futuro.

Basta poco per far rifiorire il Bene. Quel 2 per cento può cambiare molto, se diventa impegno concreto dello Stato.

Firma qui la petizione: "Diamo linfa al bene"

In viaggio sui beni confiscati

Da qui ai prossimi mesi, per celebrare il trentesimo compleanno della legge 109, insieme a lavialibera, con le lettrici e i lettori del giornale, compiremo un viaggio lungo tutta la penisola, per scoprire e conoscere una parte delle tante esperienze di gestione di beni confiscati che vivono sui territori.

Un viaggio che ci permetterà, inoltre, di riflettere su alcune delle questioni che sono al centro dell’agire di Libera sul tema dei beni confiscati: dalla legislazione alla trasparenza, dall’impatto sociale alla dimensione economica, dallo scenario internazionale ai campi di E!State Liberi!. Ogni due settimane, nel corso del 2026, lavialibera pubblicherà una storia o un approfondimento capace di ispirare un cambiamento e sostenere l'impegno,, ma anche di denunciare le inerzie.

Beni confiscati, servono trasparenza e cooperazione

30 anni fa abbiamo iniziato a rigenerare i territori e le comunità attraverso il riuso sociale. Oggi, tuttavia, sentiamo forte il pericolo di un lento ma inesorabile tentativo di cambiare il paradigma e l’approccio su questo tema. Diversi segnali sembrano rafforzare la sensazione che si stia andando nella direzione di mettere in discussione non solo il meccanismo del riutilizzo pubblico e sociale, attraverso un approccio sempre più privatistico, ma, per molti versi, l’intero sistema delle misure di prevenzione patrimoniali, introdotto con la legge Rognoni - La Torre.

Di fronte a tutto questo, ancora di più vogliamo difendere l’enorme valore insito nella restituzione alla collettività del maltolto, impegnandoci perché da questa strada, che ha costruito bellezza e riscatto in tanti luoghi violentati dalla presenza mafiosa, in nessun modo si torni indietro.

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