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19 dicembre 2025
Il nemico dichiarato è il “traffico di esseri umani”, ma a finire nel mirino potrebbe essere, ancora una volta, chi soccorre e assiste i migranti in difficoltà. Lo schema, già visto in Italia, rischia di diventare norma in tutti gli Stati dell’Unione europea con il nuovo “pacchetto anti-smuggling” proposto a fine 2023 dalla Commissione europea e ora oggetto di negoziati tra il Parlamento e il Consiglio. Difficile dire se si tratti di un effetto indesiderato o dell’ennesimo tentativo non dichiarato di ostacolare il lavoro delle ong impegnate in mare e lungo i confini, ma i precedenti fanno temere per la seconda opzione. A dirlo sono diversi esperti delle Nazioni Unite, che lo scorso primo dicembre sono intervenuti dichiarandosi “allarmati” per la proposta e chiedendo alle istituzioni europee di emendarla perché sia in linea con il diritto internazionale.
Il “pacchetto anti-smuggling” consiste in due proposte di riforma. La prima è la “direttiva facilitatori”, che “stabilisce regole minime per la prevenzione e il contrasto del favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali nell’Unione”. Dopo l'adozione, gli Stati membri dovranno recepirla nella legislazione nazionale, a meno che non dispongano già di leggi che soddisfano le richieste. La seconda proposta è un regolamento che stabilisce nuovi meccanismi per rafforzare la cooperazione tra forze di polizia e il ruolo di Europol nella “prevenzione e lotta contro il traffico di migranti e la tratta di esseri umani”.
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L’oggetto del comunicato degli esperti Onu è la direttiva facilitatori, il cui articolo 3 impone agli Stati membri di rendere reato “l’aiuto intenzionale prestato a un cittadino di paese terzo affinché entri, transiti o soggiorni nel territorio di uno Stato membro in violazione della pertinente normativa dell'Unione o delle leggi dello Stato membro”. Due le condizioni, alternative: che chi facilita queste condotte riceva, solleciti o si attenda un “vantaggio finanziario o materiale”, o anche solo la promessa di un vantaggio, oppure che “vi sia un’elevata probabilità di arrecare un grave pregiudizio a una persona”. Si chiede inoltre agli Stati membri di perseguire penalmente “l’istigazione pubblica” all’ingresso, al transito e al soggiorno non autorizzato.
Secondo gli esperti Onu, la proposta rischia di "criminalizzare le azioni di soccorso e assistenza". Già nel 2024, l'ong Picum ha contato 142 procedimenti penali contro chi ha aiutato migranti nell'Ue
Secondo la relatrice speciale per il traffico di esseri umani Siobhán Mullally, il relatore speciale per i diritti umani dei migranti Gehad Madi, la relatrice speciale sulla situazione dei difensori dei diritti umani Mary Lawlor e l’esperta indipendente sui diritti umani e la solidarità internazionale Cecilia M. Bailliet, “c’è il grave rischio di criminalizzare le azioni di soccorso e assistenza alle vittime della tratta di esseri umani, ai migranti, ai rifugiati, ai richiedenti asilo e ad altre persone bisognose di protezione internazionale, compresi i bambini”, a maggior ragione vista “l’ostilità crescente verso i migranti e le organizzazioni della società civile che lavorano per proteggere i loro diritti e che in Europa sono sempre più spesso oggetto di procedimenti penali”. Secondo l’ong Picum (Platform for international cooperation for undocumented migrants), nel 2024 almeno 142 persone sono state perseguite per aver portato assistenza ai migranti, un record negli ultimi anni.
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A preoccupare, hanno spiegato gli esperti Onu in una lettera inviata ai vertici delle istituzioni Ue, sono alcuni difetti della proposta, che la rendono “incongruente” rispetto ai trattati internazionali sul traffico di esseri umani. In particolare, l’assenza dei concetti di “dolo” e “intento” nella definizione del favoreggiamento “potrebbe portare alla criminalizzazione dell’assistenza umanitaria, di legittime prestazioni di servizi a prezzi di mercato o anche di offerte di pagamento rifiutate”. Per esempio, un tassista che dovesse dare un passaggio a un migrante irregolare dietro regolare pagamento o un proprietario di casa che dovesse affittargliela rischierebbero di essere perseguiti penalmente anche se non avessero alcuna volontà di violare la legge.
Rischia di essere perseguito penalmente un tassista che desse un passaggio a un migrante irregolare, un proprietario di casa che gliela affittasse o chiunque desse informazioni utili ai suoi spostamenti e al suo soggiorno.
Anche fornire informazioni ai cittadini stranieri in situazione irregolare potrebbe esporre a procedimenti penali sotto il reato di “istigazione pubblica”: nonostante il testo proposto dalla Commissione specifichi che “fornire informazioni oggettive o consulenza sulle condizioni di ingresso e soggiorno legali e sulla protezione legale” non dovrebbe ricadere in questa fattispecie, secondo gli esperti Onu l’assenza di una definizione chiara di cosa significhi “informazioni oggettive” “lascia spazio a interpretazioni arbitrarie e potenziali abusi” che potrebbero “colpire i difensori dei diritti umani e scoraggiare persone e gruppi dal condividere informazioni”.
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E non basta una riga nelle premesse del testo a dire che “non si intende configurare come reato né la prestazione di assistenza ai familiari, né la prestazione di assistenza umanitaria”: serve, dicono gli esperti Onu, “una clausola vincolante che escluda dalla responsabilità penale chi assiste migranti, rifugiati e richiedenti asilo” fornendo “alloggio, cibo, supporto legale, cure sanitarie, informazioni, trasporto” e si impegna nella “documentazione e segnalazione di abusi dei diritti umani, nella disobbedienza civile e in campagne per un cambiamento delle politiche”.
A chiedere una clausola che protegga i migranti e chi li assiste è anche l’ufficio Ue della Croce rossa internazionale, che ha sottolineato come già la normativa vigente “ha prodotto conseguenze dannose per le persone che migrano e quelle che le assistono, rendendo labile il confine tra traffici illegali e atti di solidarietà e salvataggio di vite umane”. Sulla compatibilità della legislazione “anti-smuggling” vigente si è espressa lo scorso giugno la Corte di giustizia dell’Unione europea, intervenuta sul caso di una donna congolese accusata di favoreggiamento per essere entrata in Italia nel 2019 insieme alla figlia minorenne con passaporti falsi. I giudici hanno stabilito che le normative anti-smuggling non possono violare i diritti fondamentali protetti dal diritto internazionale ed europeo, tra cui il diritto d’asilo e la tutela dei legami familiari.
Mentre si amplia la possibilità di raccogliere e gestire quantità enormi di dati per respingere le persone che tentano di entrare in Europa, nulla di simile si fa per tentare di dare un nome ai corpi di quelli che non ce la fanno.
La seconda proposta del pacchetto elaborato dalla Commissione Von der Leyen mira a rafforzare il ruolo di Europol e la cooperazione tra le forze di polizia nazionali nel “contrasto e prevenzione del traffico di migranti e della tratta di esseri umani”. In particolare, il regolamento, su cui a novembre Parlamento e Consiglio hanno trovato un accordo di massima, prevede l’istituzione di un Centro europeo contro il traffico di migranti in capo a Europol, l’ampliamento degli strumenti a sua disposizione e meccanismi per intensificare lo scambio di informazioni, tra cui dati biometrici, tra gli Stati membri e con l'agenzia europea.
Diverse organizzazioni in difesa dei migranti e dei diritti digitali hanno denunciato il rischio che, sotto il pretesto della lotta ai trafficanti, si aprano le porte a un sistema di sorveglianza di massa e profilazione razziale su larga scala. Con il paradosso che, mentre si amplia la possibiltà di raccogliere e gestire quantità enormi di dati per respingere le persone che tentano di entrare in Europa, nulla di simile si fa per tentare di dare un nome ai corpi di quelli che non ce la fanno.
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"Queste proposte comportano gravi rischi per i diritti umani, eppure vengono portate avanti in tutta fretta con processi decisionali opachi"Silvia Carta - Picum - Platform for international cooperation on undocumented migrants
Il “pacchetto anti-smuggling” è oggetto di critiche anche per il metodo con cui è stato proposto. Lo scorso 25 novembre, il Mediatore europeo, l’organo che indaga sui presunti casi di cattiva amministrazione sporte contro le istituzioni dell’Unione, ha accertato che la Commissione europea ha bypassato alcuni passaggi procedurali nello stilare la proposta, omettendo una valutazione d’impatto e invocando ragioni di “urgenza” non giustificate. “La pronuncia conferma una tendenza preoccupante verso un processo decisionale opaco in materia migratoria – ha commentato Silvia Carta, responsabile advocacy di Picum –. Queste proposte comportano gravi rischi per i diritti umani, eppure sono state portate avanti in fretta senza consultazioni formali e senza una chiara valutazione del loro impatto sulle persone e sulle finanze dell’Unione europea”.
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