Foto Roberto Monaldo / LaPresse
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La tempesta perfetta, così il Covid ha dato spazio alle mafie

A partire da documenti ufficiali, Libera e lavialibera fanno il punto su come la criminalità approfitti della crisi economica. Circa 100mila imprese sono a rischio liquidità. Salgono interdittive e operazioni sospette. La Procura antimafia ha dato impulso a 23 indagini

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1 dicembre 2020

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Se le misure erogate dallo Stato hanno permesso a 42mila imprese di fronteggiare una crisi di liquidità, ce ne sono altre centomila ancora in difficoltà per colpa del Covid-19. Quello che emerge da una nota della Banca d’Italia del 13 novembre scorso è uno di quegli scenari che preoccupa non soltanto per le conseguenze sociali ed economiche, ma anche per le prospettive criminali: quante di queste aziende finiranno nella morsa della criminalità organizzata? Su questo rischio fa il punto il dossier La tempesta perfetta - Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia, preparato da Libera in collaborazione con lavialibera sulla base di documenti ufficiali.

"Se è vero che mafiosi e corrotti approfittano da sempre delle sciagure sociali e naturali – pensiamo solo al malaffare fiorito attorno ai progetti di ricostruzione post-terremoto – è anche vero che le conseguenze della pandemia rischiano di produrre danni permanenti e strutturali se non sarà realizzato quel cambiamento di paradigma politico-economico a cui sempre il Papa ci richiama con forza, nella consapevolezza che quello che ci governa – e dal quale ci lasciamo governare – è un 'sistema ingiusto alla radice'", scrive Luigi Ciotti nella prefazione ricordando quanto scrive papa Francesco nella sua ultima enciclica, Fratelli tutti: "La solitudine, le paure e l’insicurezza di tante persone, che si sentono abbandonate dal sistema, fanno sì che si vada creando un terreno fertile per le mafie. Queste infatti s’impongono presentandosi come 'protettrici' dei dimenticati, spesso mediante vari tipi di aiuto, mentre perseguono i loro interessi criminali".

L'assenza di aiuti dallo Stato spinge i bisognosi verso i criminali. La solidarietà ha provato a rimediare

Dai dati raccolti emerge che nei primi dieci mesi del 2020 sono nate 55mila imprese in meno dell'anno precedente, mentre sono state aperte più imprese che svolgono attività finanziaria e assicurativa, tra le quali le agenzie di prestito su pegno e quelle che si occupano di prestiti personali al di fuori del sistema bancario. Al 31 ottobre scorso, il registro delle imprese iscritte alle Camere di commercio italiane ne censiva 5.556, in crescita rispetto alle 5334 del 2019, con incrementi maggiori nelle regioni del Sud (+29 per cento in Campania, +18 per cento in Puglia, +17 per cento in Calabria e +16 per cento in Sicilia). Si tratta di “settori in cui potrebbero insinuarsi attività illegali”, sostiene Libera. Allo stesso tempo sono aumentate le interdittive antimafia, cioè quei provvedimenti che impediscono ad alcune società di operare nel settore pubblico perché sospettate di aver legami con la criminalità organizzata. Nei primi nove mesi dell’anno si viaggia alla media di sei interdittive al giorno. Il ministero dell’Interno ne registra 1.637 (nello stesso periodo del 2019 erano state 1540) con un incremento del 6,2 per cento.

Allo stesso tempo sono stati registrati alcuni casi in più di usura, moltissimi i crimini informatici, tra cui spiccano le frodi e il furto di credenziali, e sono salite anche le segnalazioni di operazioni sospette (Sos) all’Unità di informazione finanziaria, l’organismo antiriciclaggio che riceve e valuta gli “allarmi” del settore da smistare agli investigatori della Guardia di finanza e della Direzione investigativa antimafia (Dia).

Nell’emergenza Uif e Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo si sono scambiate informazioni riuscendo così a individuare casi di società costituite dalla criminalità organizzata per la importazione di mascherine o di dispositivi sanitari, la gestione di residenze socio-assistenziali (Rsa) a opera di gruppi criminali, alcuni casi di imprenditori legati alla mafia che hanno richiesto contributi o finanziamento a seguito dei decreti emanati dal governo. Da alcune di quelle segnalazioni sono nate già 23 indagini coordinate dalle Direzioni distrettuali antimafia su tutto il territorio nazionale.

Così mafie e colletti bianchi si spartiscono la sanità

“Sto coronavirus è stato proprio un buon affare”Salvatore Emolo - Pregiudicato campano vicino al clan Di Lauro

Le mafie, soprattutto camorra e ‘ndrangheta, hanno da moltissimi anni grossi interessi nel settore sanitario, ci ha ricordato la Dia nella sua seconda relazione semestrale del 2019, pubblicata in estate. Si basavano su quanto emerso negli ultimi anni. Sono invece di pochi giorni fa alcune indagini che fotografano gli ultimi affari dei clan. C’è l’inchiesta “Farmabusiness” della Procura di Catanzaro che ha scoperto come alcuni presunti uomini della cosca Grande Aracri volessero impossessarsi delle farmacie in difficoltà e trafficare i medicinali antitumorali sottratti agli ospedali da rivendere all’estero con profitti spropositati. Un’altra indagine, “Dirty cleaning”, ha fatto emergere l’intraprendenza di Salvatore Emolo, un pregiudicato campano vicino al clan Di Lauro, si era inserito nel settore delle sanificazioni. “Sto coronavirus è stato proprio un buon affare”, diceva intercettato al telefono nel maggio scorso.

Le mafie diversificano i loro investimenti e li curano tutti. Si buttano nei nuovi settori come la sanità, quelli che li fanno interloquire con imprenditori, politici e amministratori, e non trascurano i cari vecchi ambiti d’azione, come l’usura e il narcotraffico. L’Organismo permanente di monitoraggio e analisi sul rischio di infiltrazione nell'economia da parte della criminalità organizzata, istituito con decreto dal capo della Polizia di Stato, ha censito nelle banche dati delle forze di polizia 98 denunce per usura, in lieve aumento rispetto al 2019, dato in controtendenza rispetto un calo generale dei reati contro il patrimonio. Potrebbe essere soltanto la punta di un iceberg: poche persone, dopo essersi affidate agli “strozzini”, decidono di denunciare. L’usura resta un’attività esercitata da ben 54 i clan mafiosi negli ultimi dieci anni. Nel mondo non si è fermato neanche il traffico di droga, costretto a trovare nuove rotte e nuove modalità logistiche, prediligendo le consegne via terra e via mare a quelle via aereo.

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