25 agosto 2021
Giorni e notti di balli in aperta campagna, davanti a muri di casse che diffondono musica techno. Dal 13 al 19 agosto migliaia di giovani da tutta Europa sono arrivati a Valentano (Viterbo), vicino al lago di Mezzano, con auto e furgoni, per partecipare al festival Space Travel 2. Sull’evento sono circolate preoccupazioni, indignazioni e notizie false. “Feci, urine, pecore sbranate, uccelli impazziti: bilancio horror per il rave tollerato da Lamorgese” è uno dei tanti titoli pubblicati in quei giorni dai quotidiani nazionali. Per le organizzazioni che si occupano di riduzione dei danni legati all’uso di droghe si è trattato invece di “un’esperienza straordinaria per gli interventi di riduzione del danno nei contesti del divertimento giovanile in Italia”. Gli operatori avvertono: “Il vero rischio è che alcuni temi restino tabù”.
Rave party, il "dionisiaco" tra analisi chimica o manganello
Space Travel 2, l’evento di Valentano, è stato un teknival, ossia un festival di musica techno. Gli appuntamenti come quelli di Viterbo si distinguono da un rave party o un “free party” perché durano più giorni, si svolgono in un’area più ampia e non sono gestiti solo da pochi gruppi, perché chiunque può montare il suo sound-system di casse realizzate in modo artigianale. L’elemento comune è l’informalità e l’autogestione, con un’organizzazione leggera ma strutturata, nessun biglietto d’ingresso, nessuna consumazione obbligatoria, ma anche nessuna autorizzazione per occupare il suolo e montare i muri di casse. Difficile però intervenire per evitarli perché il luogo viene tenuto segreto fino all'ultimo. Come fanno allora i partecipanti ad arrivare? Con l’avvicinarsi della data viene indicata una macro-area, così che possano avvicinarsi. A poche ore dall’inizio, poi, si diffonde massicciamente l’indicazione perché arrivino moltissime persone in poco tempo e diventi difficile sgomberare le aree.
Non si tratta comunque di eventi improvvisi o inaspettati. “Ogni anno a Ferragosto, a Capodanno e Pasqua, ci si aspetta grossi eventi come questo. Considerando che l’anno scorso l’appuntamento era saltato a causa del covid, era immaginabile che questa volta sarebbe stato ancora più grande” spiega Lorenzo Camoletto, formatore dell'Università della strada del Gruppo Abele, fondatore del progetto Neutravel e responsabile di prossimità/riduzione del danno della cooperativa Alice di Alba nonché responsabile del settore "Riduzione del danno" per il Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca). Da parecchie settimane circolava voce del teknival che si sarebbe tenuto nel nostro Paese, perciò le più importanti realtà che si occupano di riduzione del danno (Cnca e la rete italiana ItaRdd) si erano organizzate per tempo.
I gruppi che offrono assistenza, ascolto psicologico, analisi sulle droghe e un primo intervento in casi di emergenza devono muoversi allo stesso modo: “Anche se godiamo della stima di alcuni organizzatori, non sappiamo il luogo esatto scelto fino a quando non viene diffusa l’informazione. Per questo evento, ci eravamo preparati prima. Ci siamo dati un’organizzazione, una divisione su dei turni con dei capiturno. Ogni turno aveva persone con competenze diverse”. Pino Di Pino, di ItaRdd, conferma: “Venerdì sera sono partito da Mestre e mi sono fermato a Verona, non sapendo se andare a Ovest o a Sud – racconta –. In serata è arrivato un messaggio rivolto a chi era in Centro Italia per dirgli di non muoversi. Intorno alle 3 di sabato è arrivata l’indicazione precisa”.
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Arrivato all’alba, l’area era già allestita: “Mancavano soltanto i nostri chill-out”, cioè le zone di decompressione, con musica più leggera. “Da operatore 45enne che non vedeva un teknival da quasi dieci anni, posso dire che prima della morte del giovane (un 25enne, Gianluca Santiago Camassa, è annegato nel vicino lago di Mezzano, ndr) c’era un clima disteso. Ho visto voglia di divertirsi, sentirsi liberi e provare sostanze. Ricordo un giovane che, in preda alla ketamina, ha travolto una tenda di una coppia: altrove sarebbe finita in una rissa, invece lì è finita in maniera amichevole. Un altro ragazzo in preda a un bad trip ha danneggiato due auto, ma i suoi amici e i proprietari si sono parlati e hanno risolto il problema. Non siamo intervenuti per curare ferite, contusioni, né abbiamo sentito raccolti di scontri”.
Anche la gestione dell’ordine pubblico ha seguito una logica di “riduzione del danno”: “C’era molta attenzione da parte degli organizzatori e delle forze dell’ordine alle situazioni critiche. Spesso i loro interessi possono entrare in conflitto. Le forze dell’ordine si sono trovate con un mega-rave e una forte pressione politica e mediatica addosso, ma in cinque giorni hanno dimostrato di sapere cosa fare e cosa non fare, in modo assolutamente intelligente”, prosegue Di Pino. La gestione dell’ordine pubblico è stata diversa da quella condotta in Francia, paese in cui i rave hanno molto seguito e dove gli ultimi grandi eventi sono stati sgomberati con la forza: “A luglio un ragazzo ha perso una mano durante l’intervento della polizia nel corso di un rave a sua volta in memoria di un ragazzo (Steve Maia Caniço, ndr) morto nel 2019 dopo una carica nel corso di un’altra festa”.
“Noi operatori talvolta veniamo visti come persone che aiutano gli altri a drogarsi, e invece raccogliamo informazioni, da chi spesso ne sa più di noi, e forniamo un primo contatto a chi potrebbe avere problemi”Elisa Fornero - Operatrice Neutravel
Nel corso di queste giornate a cui si stima hanno partecipato diecimila persone, i volontari di Cnca e ItaRdd hanno dato ascolto a 1.500 persone, attraverso 311 interventi di counseling psicologico, 240 per l’analisi delle sostanze psicoattive e 116 per interventi su situazioni di emergenza. “Abbiamo fatto circa 200 analisi – riprende Di Pino –. Girava pochissima cocaina, non tantissima eroina: i consumi prevalenti sono di ketamina, Mdma, stimolanti e allucinogeni. Gli unici due ricoveri seri sono stati per coma etilico”.
Secondo la relazione del Dipartimento delle politiche antidroga le nuove sostanze provocano un terzo delle overdose
L’analisi sulle sostanze è chiamata drug checking. “Usiamo principalmente la spettrometria Raman, che consente di analizzare un composto senza che l'operatore ci entri in contatto. A volte usiamo anche tecniche colorimetriche come reagenti colorimetrici e Tlc (Thin Layer Cromatography)”, illustra Elisa Fornero del progetto Neutravel, anch’esso legato al Cnca e a Itardd. “Quando dall’analisi non otteniamo nessun risultato o ne abbiamo uno diverso da quello atteso, diramiamo un’allerta. Le sostanze vengono usate per piacere e i nostri dati dimostrano che la maggior parte delle persone, quando i drug checking dà risultati inattesi, preferiscono non assumere la sostanza per evitare possibili effetti avversi”. Durante il raduno di Viterbo sono stati diffusi soltanto due allerta. In un caso, si trattava di una compressa di Xanax, un ansiolitico, venduta come Mdma.
Le analisi vengono svolte al chiuso, all’interno di una tenda, per garantire la privacy, e nei questionari non vengono raccolti dati sensibili del consumatore: “Eseguiamo ed elaboriamo delle analisi per capire i trend di consumo e nella diffusione delle sostanze”. Questo servizio è molto diffuso in altri Stati, ad esempio nei Paesi bassi, dove gli operatori hanno così a disposizione molti più dati. “In Olanda o in Portogallo viene considerato più come un tema legato alla salute che all’ordine pubblico – prosegue –. Sono consapevoli che le sostanze vengono utilizzate da tutti gli strati della popolazione e quindi intervengono per limitare i danni alla salute. Il fenomeno viene gestito sulla base di prove”. In Italia, invece, si paga un ritardo frutto dei tabù sul tema. La riduzione del danno è uno dei quattro pilastri delle politiche antidroga dagli anni Novanta, ma l’Italia l’ha inserito nei servizi sanitari soltanto nel 2017 e soltanto il Piemonte l’ha dettagliato in una legge regionale. “Noi operatori talvolta veniamo visti come persone che aiutano gli altri a drogarsi, e invece raccogliamo informazioni, da chi spesso ne sa più di noi, e forniamo un primo contatto a chi potrebbe avere problemi”, conclude Fornero.
“Noi adulti dobbiamo andare un po’ più a fondo, spiegare di più e meglio – riflette Di Pino –. Contesti giovanili come questo vanno capiti. Fanno parte di una subcultura, forse anche di una controcultura giovanile, molto ampia. Ci trovi molti individui diversi. Una narrazione che parla di cani morti, incidenti o descritti come l’inferno in terra, ci porta lontano e non ce la fa capire. È lo stesso errore fatto il 15 agosto 1969 a Woodstock: c’è certamente chi rifiuta un certo modo di vivere e ha uno stile diverso dal nostro, fa il traveller e cresce i figli ai rave, ma la maggior parte sono giovani che hanno una vita normalissima, lavoratori e studenti, che vogliono partecipare a un rito collettivo”.
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