
Don Italo Calabrò, pioniere dell'antimafia sociale

13 ottobre 2021
Di una cosa ci si rende conto durante il proprio percorso nel mondo dell’attivismo per Libera a Padova: il nemico, in Veneto e nel Nord-Est, è un fantasma. Per me, studente universitario, le mafie sono un concetto complesso, che tento di esprimere al meglio negli interventi nelle scuole. Come si fa dunque a fare antimafia qui? Il problema non può esser affrontato di petto, quanto piuttosto diagonalmente e in maniera fantasiosa.
Antimafia universitaria: gli atenei nella lotta al crimine organizzato
È così che due anni fa inizia il mio impegno e quello del presidio Silvia Ruotolo di Padova nel quartiere stazione e in particolare in piazza Gasparotto: come risposta a un bisogno comune di uscire dalla nostra comfort zone fatta di riunioni, eventi per studenti e studentesse universitarie e formazioni nelle scuole. Ci convinciamo che per fare antimafia a Padova non è più sufficiente parlare di mafie in senso stretto, ma che è nostro compito guardarci intorno per scoprire che il nostro posto è lì, in bilico tra il dentro e il fuori.
Di una cosa ci si rende conto durante il proprio percorso nel mondo dell’attivismo per Libera a Padova: il nemico, in Veneto e nel Nord-Est, è un fantasma
Cominciamo da piazza Gasparotto, sei minuti a piedi dalla stazione di Padova, in un quartiere storicamente abitato da persone anziane e stranieri, più o meno regolari. È qui che si sono spostate le persone ritenute problematiche dall'amministrazione cittadina dopo i recenti interventi di riqualificazione dei giardini dell’Arena, di piazza Mazzini e piazza De Gasperi, tre note piazze di spaccio, tutte a massimo 500 metri in linea d’aria da piazza Gasparotto. Una piazza chiusa, difficilmente visibile dalla strada e sulla quale non si affacciano abitazioni, ma uffici. I suoi abitanti sono così diventati senza dimora e consumatori di droghe, richiedenti asilo e badanti dell’est Europa. Abitare i margini, seppur per qualche ora alla settimana, ci ha portati a comprendere il concetto di bene comune.
Insegnateci la mafia. La scuola dovrebbe darci gli strumenti per capire il contesto in cui si è sviluppato il nostro presente
Durante il primo lockdown decidiamo di compiere un passo in più: iniziamo a parlare sottovoce di un campo di E!StateLiberi!, proprio qui, in piazza Gasparotto. Qualche mese dopo, il 20 luglio 2020, inizia Padova, destinazione bene comune, con la partecipazione di 16 ragazze e ragazzi. Il primo di cinque campi cittadini organizzati assieme a Circolo Nadir e all’associazione piazza Gasparotto negli ultimi 14 mesi.
Il senso di organizzare un campo di Libera in una piazza pubblica è lo stesso che ha animato il nostro avvicinamento: una riappropriazione da parte della cittadinanza di un luogo stigmatizzato e relegato agli ultimi. Una riappropriazione lenta, profonda e delicata, consapevole delle diversità tra gli abitanti della piazza, noi compresi, e delle difficoltà che esse portano con loro. Oggi la comunità intorno a piazza Gasparotto e ai suoi abitanti è più numerosa, più rumorosa e più consapevole. La piazza è viva e parla con gli accenti degli altri 36 tra ragazzi e ragazze che quest’estate, di nuovo, ne hanno saputo apprezzare le fragilità e sognato le potenzialità insieme a noi.
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Con i criptofonini, i clan della Locride gestivano il narcotraffico internazionale da San Luca, paese di tremila anime arroccato sull'Aspromonte jonico. Tramite il "denaro volante", sistema informale di trasferimento di valore gestito da cinesi, con contatti a Dubai, pagavano la droga ai cartelli sudamericani. Con il beneplacito dei paramilitari, tonnellate di cocaina partivano da Colombia, Brasile e Ecuador per poi raggiungere il vecchio continente grazie agli operatori portuali corrotti dei principali scali europei. L'ultimo numero de lavialibera offre la mappa aggiornata degli affari della 'ndrangheta, così per come l'hanno tracciata le ultime indagini europee, in particolare l'operazione Eureka
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