Il campo estivo di Libera, a Padova.
Il campo estivo di Libera, a Padova.

Al nord, antimafia è uscire dalla comfort zone

Come fare attivismo dove le mafie sono invisibili? Costruendo comunità e abitando luoghi relegati agli ultimi

Riccardo Venturini

Riccardo Venturinilaureato in Psicologia dello sviluppo e attivista di Libera

13 ottobre 2021

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Di una cosa ci si rende conto durante il proprio percorso nel mondo dell’attivismo per Libera a Padova: il nemico, in Veneto e nel Nord-Est, è un fantasma. Per me, studente universitario, le mafie sono un concetto complesso, che tento di esprimere al meglio negli interventi nelle scuole. Come si fa dunque a fare antimafia qui? Il problema non può esser affrontato di petto, quanto piuttosto diagonalmente e in maniera fantasiosa.

Antimafia universitaria: gli atenei nella lotta al crimine organizzato

È così che due anni fa inizia il mio impegno e quello del presidio Silvia Ruotolo di Padova nel quartiere stazione e in particolare in piazza Gasparotto: come risposta a un bisogno comune di uscire dalla nostra comfort zone fatta di riunioni, eventi per studenti e studentesse universitarie e formazioni nelle scuole. Ci convinciamo che per fare antimafia a Padova non è più sufficiente parlare di mafie in senso stretto, ma che è nostro compito guardarci intorno per scoprire che il nostro posto è lì, in bilico tra il dentro e il fuori. 

Di una cosa ci si rende conto durante il proprio percorso nel mondo dell’attivismo per Libera a Padova: il nemico, in Veneto e nel Nord-Est, è un fantasma

Cominciamo da piazza Gasparotto, sei minuti a piedi dalla stazione di Padova, in un quartiere storicamente abitato da persone anziane e stranieri, più o meno regolari. È qui che si sono spostate le persone ritenute problematiche dall'amministrazione cittadina dopo i recenti interventi di riqualificazione dei giardini dell’Arena, di piazza Mazzini e piazza De Gasperi, tre note piazze di spaccio, tutte a massimo 500 metri in linea d’aria da piazza Gasparotto. Una piazza chiusa, difficilmente visibile dalla strada e sulla quale non si affacciano abitazioni, ma uffici. I suoi abitanti sono così diventati senza dimora e consumatori di droghe, richiedenti asilo e badanti dell’est Europa. Abitare i margini, seppur per qualche ora alla settimana, ci ha portati a comprendere il concetto di bene comune. 

Insegnateci la mafia. La scuola dovrebbe darci gli strumenti per capire il contesto in cui si è sviluppato il nostro presente

Durante il primo lockdown decidiamo di compiere un passo in più: iniziamo a parlare sottovoce di un campo di E!StateLiberi!, proprio qui, in piazza Gasparotto. Qualche mese dopo, il 20 luglio 2020, inizia Padova, destinazione bene comune, con la partecipazione di 16 ragazze e ragazzi. Il primo di cinque campi cittadini organizzati assieme a Circolo Nadir e all’associazione piazza Gasparotto negli ultimi 14 mesi.

Il senso di organizzare un campo di Libera in una piazza pubblica è lo stesso che ha animato il nostro avvicinamento: una riappropriazione da parte della cittadinanza di un luogo stigmatizzato e relegato agli ultimi. Una riappropriazione lenta, profonda e delicata, consapevole delle diversità tra gli abitanti della piazza, noi compresi, e delle difficoltà che esse portano con loro. Oggi la comunità intorno a piazza Gasparotto e ai suoi abitanti è più numerosa, più rumorosa e più consapevole. La piazza è viva e parla con gli accenti degli altri 36 tra ragazzi e ragazze che quest’estate, di nuovo, ne hanno saputo apprezzare le fragilità e sognato le potenzialità insieme a noi.

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