17 gennaio 2022
“La paura non deve condizionarci nelle scelte. Bisogna stare dalla parte dello Stato. La denuncia non può che rendere un po’ più lieve la vita di una persona, perché denunciare significa essere dalla parte del giusto e dello Stato”. È il monito lanciato a Foggia dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese che, in prefettura, ha presieduto il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Un vertice deciso dopo l’escalation di attentati di questo inizio 2022 in provincia di Foggia. Nove attentati: otto bombe e un incendio. A San Severo quattro ordigni hanno danneggiato altrettanti esercizi commerciali, a Foggia sono stati registrati tre attentati dinamitardi e un incendio di un furgone. Anche qui presi di mira attività commerciali. Infine una bomba è stata fatta esplodere a Vieste davanti all’abitazione di un pregiudicato. Una recrudescenza della criminalità organizzata proprio nei due centri – Foggia e San Severo – dove il racket delle estorsioni è uno dei principali business dei clan mafiosi.
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Organizzazioni criminali che, secondo la ministra Lamorgese, si combattono con una presenza dello Stato sul territorio “in maniera compatta mettendo risorse aggiuntive. Da qui – ha aggiunto – arriva un messaggio chiaro: integreremo gli organici e daremo massima attenzione agli organici del territorio”. Per la titolare del Viminale “c’è bisogno di un intervento strutturato e forte ricorrendo ai rinforzi del reparto prevenzione crimine della Polizia di Stato. Occorre un intervento strutturale che da solo può consentire efficace risposte alle varie fenomenologie criminali che insidiamo il territorio”.
Eppure negli ultimi anni i risultati sono stati importanti. Quasi 400 misure cautelari con confische di patrimoni per quasi 30 milioni di euro. Nel 2021 ci sono state 13 interdittive antimafia. In diminuzione, anche se leggermente, il numero dei reati con un meno 0,9 per cento. Flessione anche per le estorsioni: nel 2021 sono stati registrati 110 casi contro i 159 del 2020.
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“Mi auguro che questo territorio, da anni e anni martoriato dalla mafia, inizi ad alzare la testa.Arcangela Luciani - Moglie di Luigi, vittime innocente della strage di San Marco in Lamis
Ma è un territorio, quello foggiano dove c’è ancora tanta paura e, di conseguenza, ci sono ancora poche denunce. Un appello è arrivato da Arcangela Luciani, moglie di Luigi, l’agricoltore che con il fratello Aurelio, furono uccisi il 9 agosto del 2017 nelle campagne di San Marco in Lamis, nell’agguato in cui fu assassinato il boss Mario Luciano Romito. Altre due vittime innocenti delle mafia foggiana. “Mi auguro – ha detto la vedova – che questo territorio, da anni e anni martoriato dalla mafia, inizi ad alzare la testa. Su questo territorio per anni ha regnato un silenzio assordante ma, dopo il 9 agosto abbiamo cominciato a sentire delle voci, molte persone che si ribellano e che dicono no. Ovviamente bisogna fare un salto di qualità: agire, collaborare, denunciare”.
Poche denunce perché la mafia fa paura e, come ha ribadito il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, quelle foggiane “sono mafie di grandissima pericolosità e gli attentati che hanno posto in essere sono come una sfida allo Stato”. “Di fronte a questa sfida – ha spiegato Cafiero De Raho – lo Stato si muoverà con l’energia che compete a uno Stato di diritto che deve però imporre l’osservanza della legge a tutti e proteggere i cittadini e sicuramente con un impiego di ulteriori risorse, con controlli del territorio ripetuti frequenti, in modo che il cittadino possa sentirsi protetto, tutelato e garantito”. Per Cafiero De Raho è evidente che “con uno Stato forte, con una magistratura che si muove con rapidità con interventi sul territorio è possibile dare al cittadino quel senso di protezione di cui necessita”.
Un aiuto al territorio potrebbe giungere dalla neo associazione antiracket, intitolata ai fratelli Luciani e tenuta a battesimo dalla stessa ministra Lamorgese che ha ribadito come simili sodalizi possono aiutare le vittime anche perché cosi non si sentono sole. Un concetto rimarcato anche dal neo presidente dell’associazione, Alessandro Zito, imprenditore foggiano costretto a lasciare la città dopo aver subito, nel 2014, diverse intimidazioni. “La denuncia – ha spiegato Zito – è difficile se restiamo soli. Penso alla mia esperienza: probabilmente in quel momento ero solo e non bisogna essere soli. Questa è una associazione che non ti fa sentire più solo. Non ho ancora incontrato le vittime delle bombe dei giorni scorsi perché penso sia prematuro. Stanno vivendo un momento particolare della loro vita e bisogna lasciarli un attimo sereni. Nei prossimi giorni avremo il modo di vederci, parlarci e coinvolgerli”.
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“Rafforzare presidi di legalità significa in particolare rivolgersi alla città e agli operatori economici per assumersi una responsabilità. Il senso di questa iniziativa è la conferma dell’impegno dello Stato, la necessità che ci sia un nuovo impegno da parte della società civile e in particolare dal mondo imprenditoriale"Tano Grasso - Presidente Federazione antiracket italiana
Chi si aspettava annunci particolari – come quello della istituzione a Foggia della sezione distaccata della Direzione distrettuale antimafia di Bari – è rimasto deluso. Nessuna sezione distaccata anche se la Lamorgese e lo stesso sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto hanno ricordato che, nella ex scuola della polizia, dove ora c’è la sede della Dia, sono stati individuati dei locali per consentire il rafforzamento dell’azione della Dda barese in questo territorio della Puglia. Ma come ha ribadito Tano Grasso, presidente della Federazione delle Associazioni antiracket italiane “rafforzare presidi di legalità significa in particolare rivolgersi alla città e agli operatori economici per assumersi una responsabilità. Il senso di questa iniziativa è la conferma dell’impegno dello Stato, la necessità che ci sia un nuovo impegno da parte della società civile e in particolare dal mondo imprenditoriale. Questa è la sfida che inizia oggi”. La speranza per la Capitanata arriva soprattutto dalle nuove generazioni. Lo ha ribadito più volte la ministra nell’incontro che nel pomeriggio ha avuto all’Università con una delegazione di studenti. “Loro – ha detto – sono il futuro della nostra società. Dobbiamo fare in modo che i valori di legalità e di giustizia penetrino in questa società foggiana dove abbiamo avuto episodi di particolare gravità. Credo che sia importante un dialogo con i ragazzi universitari”.
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Anche se non sono mancate le polemiche – come quelle del sottosegretario all’Istruzione il leghista Romano Sasso e del sottosegretario alla giustizia Luigi Vitali di Forza Italia – circa interventi insufficienti sul territorio, la ministra dell’Interno ha confermato che sono state poste “le basi per un piano di azione concreto, misurato alle esigenze di Foggia e della provincia di Foggia. Credo che la presenza delle più alte istituzioni della sicurezza e dello Stato sia un segnale importante per dire che lo Stato c’è”. E deve continuare ad essere presente come hanno chiesto il pro rettore dell’Università di Foggia Agostino Sevi e una delegazione di studenti: "Continui a stare vicino alla nostra città".
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