17 febbraio 2022
E meno male che non bisognava stare a guardare il “pelo nell’uovo” nell’ottica di “consentire, il più possibile, il voto popolare”. Questo aveva auspicato il presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato alla vigilia dei lavori. Invece, alla fine, la Consulta ha bocciato i quesiti referendari per i quali erano state raccolte oltre 500mila firme, quelli sull'eutanasia e sulla cannabis, accogliendo soltanto cinque dei sei quesiti sulla giustizia, quelli proposti da cinque consigli regionali, vista la difficoltà dei Radicali e della Lega di ottenere sottoscrizioni necessarie.
In questo modo i giudici della Consulta hanno vanificato l’impegno dei comitati a sostegno del referendum abrogativi sull’eutanasia e di quello sulla cannabis, capaci di intercettare delle istanze sentite da una fetta non marginale della popolazione e quindi capaci anche di attirare, in pochissimo tempo, i sostenitori ai banchetti per la raccolta firme (nel caso del primo quesito, soprattutto) o di sfruttare le opportunità della firma digitale (per il secondo). Risultato: stando ai dati dell’Ufficio centrale per i referendum della Corte di cassazione, che ha vagliato le sottoscrizioni, il primo aveva raccolto 780mila favori, di cui 543.213 validi; il secondo 612mila (quasi tutti online), di cui 507mila validi. Il dato più interessante, però, emerge dai dati anagrafici analizzati dall’associazione Luca Coscioni con onData: si tratta di campagne che hanno avuto un ampio sostegno di cittadini e cittadine tra i 21 e i 30 anni di età (soprattutto donne per il primo, mentre gli uomini erano la maggioranza dei firmatari del secondo), seguiti dalla fascia 31-40, forse quelle generazioni più disaffezionate ai partiti, ma non alla politica.
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Nel corso della conferenza stampa di ieri Amato, battezzato in passato il "dottor sottile" proprio per la sua capacità argomentativa, ha bacchettato i promotori di questi due referendum e – da professore di diritto costituzionale quale lui è – ha sottolineato con la biro rossa gli errori commessi. In un’epoca in cui a vincere le elezioni sono l’astensionismo e lo scarso attaccamento alla politica, per evitare di vanificare l’impegno dei comitati e il sostegno degli elettori bisognerebbe forse introdurre (nelle maniere opportune) degli strumenti nuovi: anziché una bocciatura, la Corte potrebbe concedere un periodo di tempo per riformulare i quesiti e correggere i presunti vizi formali. Soprattutto in occasioni come queste, in cui la volontà popolare è conclamata.
Referendum cannabis, la promotrice: "È ora di ascoltare i cittadini e ridiscutere le leggi"
Sui "conflitti valoriali" Amato sprona il parlamento "troppo occupato dalle questioni economiche"
Amato ha inoltre pungolato il parlamento, invitandolo in qualche modo a darsi da fare: "Sarà che è troppo occupato dalle questioni economiche", ma forse dedica "abbastanza tempo" a cercare di trovare la "soluzione" sui "conflitti valoriali", ha detto. Quello stesso parlamento, però, negli ultimi anni è stato sempre più svilito dall'abuso dei decreti legge emessi dai governi (come dimostra un'analisi di OpenPolis); quello stesso parlamento dove le proposte di legge giacciono per mesi, se non addirittura per anni, senza risposte, per poi – magari – essere bocciate per via di giochetti partitici, come ad esempio il ddl Zan contro l’omotransfobia. Da settembre, ad esempio, la commissione Giustizia della Camera ha approvato un testo base che depenalizza la coltivazione di cannabis (fino a quattro piante femmine), ma non è mai arrivato all’assemblea. Per non dimenticare la riforma dell’ergastolo ostativo (l'impossibilità di accedere a benefici di pena per i condannati all'ergastolo per reati gravi), tema importante e delicato, viste le sentenze della Corte europea dei diritti umani e della stessa Corte costituzionale: nel maggio 2021 proprio la Consulta ha ordinato al parlamento di approvare una legge entro un anno, ma a tre mesi dalla scadenza il testo è ancora fermo alla commissione Giustizia della Camera. Certo, le bocciature su eutanasia e cannabis potrebbero rilanciare l’azione degli onorevoli, tant’è che il segretario del Partito democratico, Enrico Letta, ha dichiarato che “ci sono tutte le condizioni, anche politiche, per approvare la legge sul suicidio assistito”. I parlamentari favorevoli potrebbero essere la maggioranza, salvo "ripensamenti" da parte dei franchi tiratori (che già hanno affossato il ddl Zan).
Le bocciature dei quesiti su eutanasia e cannabis potrebbero avere anche un’altra conseguenza pericolosa. Tra marzo e giugno gli elettori saranno chiamati a esprimersi sui cinque quesiti, alcuni dei quali abbastanza tecnici e sentiti soprattutto da una classe politica che cerca di limitare le interferenze della magistratura in un supposto tentativo di riequilibrare i poteri. Se queste sono le premesse, c’è il rischio che anche questi cinque referendum non raggiungano il quorum (previsto per i referendum abrogativi come questi) svilendo ancora una volta un importante strumento di consultazione popolare.
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