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Caos cannabis

La lotta sulla legalizzazione della cannabis non risparmia colpi: mentre Draghi annuncia che il governo non si costituirà contro il referendum, un decreto interministeriale rischia di mettere fuori gioco l'intera filiera della cannabis light

Leopoldo Grosso

Leopoldo GrossoPsicologo e presidente onorario del Gruppo Abele

1 febbraio 2022

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Come è noto la questione cannabis è stata materia off-limits alla VI Conferenza nazionale sulle droghe che si è tenuta a Genova a fine novembre 2021.  La ministra Fabiana Dadone, che ha fortemente voluto l’incontro (previsto per legge ogni tre anni, ma mai convocato dai governi per 12), ha dovuto tenere il tema della legalizzazione di marijuana e hashish fuori dai lavori preparatori alla Conferenza, perché “divisivo” all’interno del governo di unità nazionale. Ciò nonostante il principio di realtà si è imposto nei fatti.
Proprio nei giorni della Conferenza il nuovo governo tedesco ha annunciato la proposta di rendere legale l’uso ricreativo, e il ministro Andrea Orlando non ha potuto non citare che anche in Europa, e non solo in America, ci si sta muovendo in quella direzione, suscitando l’immediata replica, totalmente contraria, del centro-destra, in particolare della ministra Mariastella Gelmini e del governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. La “Fuori Conferenza” di Genova ha dedicato ampio spazio agli esiti della legalizzazione nel mondo, presentando anche l’esperienza maltese. Nel frattempo, nelle conclusioni della Conferenza di Genova, sono state recepite le indicazioni emerse dal tavolo dedicato all’uso terapeutico della sostanza, di istituire un’Agenzia nazionale per la cannabis, in grado di risolvere tutti gli impedimenti che oggi non garantiscono, nonostante le norme di legge, l’effettivo accesso alla sostanza per gli scopi curativi a cui è preposta. 

Cannabis: breve storia di hashish e marijuana, tra proibizione e legalizzazione

Anche dagli altri sei tavoli preparatori  della Conferenza è emerso che  la legalizzazione dell’uso ricreativo cannabis: a) comporterebbe un’enorme effetto deflattivo sulla popolazione carceraria; b) consentirebbe un considerevole sgravio di lavoro per le forze dell’ordine e l’apparato giudiziario, con la possibilità di devolvere le  risorse impegnate verso obiettivi più rilevanti; c) faciliterebbe l’attuazione di importanti misure di riduzione del danno in merito all’abuso della sostanza. Intanto nel Paese sono state velocemente raccolte 630.000 firme, per proporre il referendum abrogativo delle norme penali e amministrative relative all’uso ricreativo della cannabis. 

Tutta l’intera filiera di inflorescenze di cannabis light e prodotti a base di CBD rischia di essere messa fuori gioco: 3.000 aziende e 10.000 addetti

La decisione del governo

Una notizia inaspettata è invece arrivata dalla conferenza Stato-Regioni del 12 gennaio, coordinata dal Friuli-Venezia Giulia, ovvero l’adozione di un decreto interministeriale che, alla faccia di una legge sulla produzione della canapa industriale votata all’unanimità, introduce una norma che rende i coltivatori e i rivenditori di inflorescenze di “cannabis light” passibili delle sanzioni derivanti dalla legge 309/90 sulle droghe, che vieta la coltivazione senza un’autorizzazione del ministero della Salute. Tradotto, significa un nuovo divieto e un nuovo stop alla vendita legale di cannabis light (allo 0,6 massimo di THC) che, nel tempo di pandemia, ha svolto un ruolo importante nel sottrarre migliaia di consumatori al mercato illegale. Tutta l’intera filiera di inflorescenze di cannabis light e prodotti a base di CBD rischia di essere messa fuori gioco: 3.000 aziende e 10.000 addetti. Tutto ciò nonostante, nel dicembre 2020, la Commissione droghe dell’ONU abbia cancellato col voto favorevole dell’Italia la cannabis dalla IV tabella della Convenzione internazionale del 1961 che elenca gli stupefacenti più pericolosi; nonostante la Corte europea  abbia stabilito che uno stato membro non possa vietare la commercializzazione del CBD legalmente prodotto in un altro stato dell’Unione.

Si auspica che i ministri competenti (dell’Agricoltura e della Salute in primis) intervengano prontamente nella modificazione del decreto, ponendo fine alla schizofrenia delle posizioni che hanno accompagnato dall’inizio tutta la vicenda della cannabis light.
Infine, il presidente del Consiglio Mario Draghi rispondendo a una domanda sui referendum giustizia e cannabis durante la conferenza stampa di fine anno ha dichiarato che “il governo non si costituirà contro l’ammissibilità del referendum sulla cannabis. Non ne ha alcuna intenzione”. Ed è una delle poche volte che un governo non si costituisce a difesa della legge vigente in occasione di un processo di ammissibilità costituzionale di un referendum, in questo caso previsto per il prossimo 15 febbraio. Come si vede spinte e controspinte sono pienamente in atto: il dato positivo è che la partita si è finalmente riaperta e anche in Italia il problema viene nuovamente discusso e non più nascosto.

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