I rilievi della polizia al Parco degl acquedotti a Roma, il 7 agosto 2019, sul luogo dell'omicidio di "Diabolik", Fabrizio Piscitelli
I rilievi della polizia al Parco degl acquedotti a Roma, il 7 agosto 2019, sul luogo dell'omicidio di "Diabolik", Fabrizio Piscitelli

Fabrizio "Diabolik" Piscitelli: l'omicidio è un caso ancora aperto

A tre anni dall'omicidio di Fabrizio "Diabolik" Piscitelli, capo ultras della Lazio coinvolto nei traffici di droga della Capitale, gli investigatori sospettano sia stato ucciso da Raul Esteban Calderon, killer assoldato dai fratelli Leandro, presunti mandanti. La Cassazione, però, ha annullato il suo arresto

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

7 agosto 2022

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Un regolamento di conti per affari di droga, forse una questione d’onore. Grossi gruppi criminali o forse una banda più piccola, ma pur sempre ben inserita. Ci sono ancora dubbi sull’omicidio di Fabrizio Piscitelli, conosciuto da tutti come Diabolik, avvenuto nel Parco dell’acquedotto a Roma il 7 agosto 2019, un fatto che ha sconvolto il sottobosco criminale della Capitale. Capo degli Irriducibili, gruppo ultras della Lazio che domina la curva nord allo stadio Olimpico, uomo in affari con camorra, ‘ndrangheta e gruppi albanesi per il traffico di droga, tra i garanti di un accordo per la “pax mafiosa” tra i Casamonica e i clan di Ostia, la sera del 7 agosto 2019 Piscitelli se ne stava seduto su una panchina, accompagnato dal suo bodyguard e autista, quando un killer vestito da runner gli ha sparato un colpo solo, micidiale, in testa. Il 17 dicembre 2021 la squadra mobile della questura di Roma ha fermato come sospettato Raul Esteban Calderon, ritenuto l’esecutore materiale per conto di una banda, quella dei fratelli Bennato. Di recente, però, la Corte di cassazione ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare ordinando ai giudici di rivalutare il caso, mentre ancora si cerca il mandante.

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Chi è il presunto killer di Diabolik e perché l’ha ucciso

“Non è un omicidio di strada, ma strategico, che è stato funzionale al riassetto di alcuni equilibri criminali e non soltanto della città di Roma"Michele Prestipino - ex procuratore capo di Roma

Raul Esteban Calderon, nato in Argentina il 26 febbraio 1969, era già noto alla giustizia per alcune condanne precedenti per rapine a gioiellerie. Gli agenti della squadra mobile della questura capitolina lo fermano lunedì 13 dicembre e il 17 il tribunale di Roma firma l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Contro di lui c’è l’accusa di omicidio aggravato dal metodo mafioso. Dagli atti sembra che l’argentino abbia agito per conto di Leandro Bennato, a capo di un gruppo criminale dell’area a nord ovest della Capitale e nipote di Walter Domizi, boss della mala romana.

Perché Piscitelli è stato ammazzato? Conflitti nei traffici di droga, sostengono gli investigatori, conflitti che avrebbero innescato una serie di omicidi e tentati omicidi, come la gambizzazione di Bennato nel novembre 2019, pochi mesi dopo l’omicidio di Diabolik. “Non è un omicidio di strada, ma strategico, che è stato funzionale al riassetto di alcuni equilibri criminali e non soltanto della città di Roma – spiegava l'allora procuratore capo di Roma, Michele Prestipino, alla Commissione parlamentare antimafia lo scorso 29 gennaio 2020 –.  Aveva una certa matrice ed è stato eseguito con una metodologia seria”.

Tuttavia una testimone eccellente – Rina Bussone, ex compagna di Calderon e sua complice in alcune rapine – dà una versione diversa: “Non è stato fatto per piazze di droga, ma per una questione personale perché Diabolik stava cominciando a pensare che Leo (Leando, ndr) fosse infame, che collaborasse”. Una voce che – a detta della donna – Diabolik stava spargendo in giro.

A indirizzare involontariamente gli agenti della squadra mobile verso Calderon è stato anche Enrico Bennato, fratello di Leandro, che in alcune conversazioni intercettate ha accusato prima sé stesso, poi l’argentino di quell’omicidio. Il killer avrebbe ricevuto 100mila euro per commetterlo.

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I dubbi della difesa di Calderon

Hai ammazzato Diabolik con la pistola mia, la 9 x 21, m'hai rubato la pistola per fa n'omicidio de m…”Rina Bussone a Raul Esteban Calderon

L’avvocato di Calderon, Eleonora Nicla Moiraghi, coadiuvata in Cassazione dal professore Vincenzo Maiello, ha sollevato alcuni dubbi sul quadro delineato dagli investigatori per ottenere la custodia cautelare in carcere. Gli indizi di colpevolezza, secondo la legale, non sono così gravi.

Ad esempio, la difesa ritiene che non siano attendibili o utilizzabili alcune dichiarazioni rese ai pubblici ministeri dalla Bussone, colei che – nel corso di una conversazione telefonica intercettata – accusa Calderon: “Sei tu che hai ammazzato a Diabolik con la pistola mia, lo sanno tutti. Hai ammazzato Diabolik con la pistola mia, la 9 x 21, m'hai rubato la pistola per fa n'omicidio de m…”. La donna temeva di essere coinvolta nell’indagine sulla morte di Piscitelli perché pensava che l’ex compagno avesse utilizzato una delle sue pistole. In una conversazione avvenuta il 23 novembre 2021, quando la donna aveva già cominciato a collaborare con la polizia dopo una condanna definitiva per rapina, dice all’uomo: “Ma sei te che hai ammazzato Diabolik con la pistola mia, lo sanno tutti”. “Da mo’ ho fatto uno più uno”, dice in un’altra telefonata. Per la difesa quella frase dimostra che la donna non sa in maniera diretta, non ha ricevuto nessuna confessione, ma deduce, ipotizza.

L’avvocato, inoltre, ha sottoposto all’attenzione dei giudici il risentimento della donna contro l’ex compagno, un risentimento che emerge in più intercettazioni e anche gli investigatori della polizia mettono in evidenza definendolo “estremo astio”. La difesa, infine, ha sottolineato alcune discrepanze nelle dichiarazioni rese dai testimoni oculari dell’omicidio.

Bisogna aspettare le motivazioni per sapere quali siano stati gli argomenti che hanno convinto la Cassazione. Intanto, nonostante i giudici abbiano annullato la custodia cautelare, Calderon resta ancora in carcere per un altro episodio che pare legato al caso Diabolik.

L’omicidio di Shehaj Selavdi

Alla morte di "Diabolik" sono seguiti una serie di agguati, omicidi e tentati omicidi a esponenti del sottobosco criminale romano

Si tratta di un omicidio avvenuto la mattina di domenica 20 settembre 2020 a Torvajanica, località balneare a sud di Roma: è quello di Shehaj Selavdi, detto Simone, 37enne con una condanna definitiva per traffico di droga in merito alla vendita di circa quattro chili di hashish. I testimoni riferiscono di aver visto un uomo che, col volto coperto da una bandana e una mascherina, si è avvicinato a Selavdi, gestore di un chiosco, e gli ha sparato dei colpi alla schiena per poi scappare in sella a uno scooter guidato da un complice. I loro racconti non riescono a indirizzare le indagini. Gli investigatori sospettano però che c’è di mezzo la criminalità organizzata.

A dare una svolta all’indagine è un’intercettazione ambientale nell’abitazione di Enrico Bennato effettuata nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio di Diabolik. In due occasioni, parlando con un conoscente, si sarebbe attribuito la responsabilità dell'assassinio, commesso con un tale “Francisco”, nomignolo dato a Calderon. Alcuni dettagli inducono gli investigatori a pensare che non stia inventando nulla. Di mezzo, ci si mette anche il fratello di Bennato, Antonio, che raccomandava a Enrico di smetterla di parlare di omicidi (il tutto avveniva in carcere, dopo l’arresto di Enrico per stalking). Rassicurandolo di non averlo mai fatto, Enrico ne parla per la terza volta. Sulla base di questi indizi, i testimoni della primissima ora vengono ricontattati e, posti di fronte alle immagini di Calderon, riconoscono l’uomo. Sarebbe lui l’autore, insieme a Enrico Bennato, dell’omicidio di Torvajanica.

Anche in questo caso gli avvocati difensori dei due sospetti hanno fatto ricorso contro la custodia cautelare in carcere, ma – a differenza del caso di Diabolik – i giudici della Cassazione hanno confermato la misura cautelare ritenendo genuine le dichiarazioni di Bennato.

L’ultima mossa: l’arresto di Molisso

Alla decisione, avvenuta a giugno, si aggiunge un altro tassello. Il 3 agosto i carabinieri del comando provinciale di Roma hanno arrestato Giuseppe Molisso, “gravemente indiziato di essere il mandante dell’omicidio del cittadino albanese Shelaj Selavdi”, si legge in una nota dell’Arma. Napoletano, il 40enne è vicino al gruppo di Bennato. Le indagini – sostengono i carabinieri – “oltre a corroborare il quadro accusatorio nei confronti di tutti gli indagati con nuovi elementi investigativi, consentivano di far piena luce anche in relazione alle fasi progettuali ed esecutive del delitto raccogliendo numerosi gravi indizi”. Molisso si trovava già in carcere perché accusato di essere anche il mandante di un duplice tentato omicidio avvenuto il 13 luglio 2021, quello dei fratelli Costantino: anche questo atto sarebbe stato compiuto da Calderon.

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