23 dicembre 2022
Il 12 marzo 1909 Giuseppe “Joe” Petrosino, un poliziotto nato in provincia di Salerno ed emigrato da ragazzino a New York insieme alla sua famiglia, si imbarcò alla volta di Palermo per investigare sui rapporti tra la Mano nera americana e la mafia siciliana.
Il tenente, che negli Stati Uniti era assai noto e temuto – soprattutto nei sobborghi abitati dagli emigrati italiani – fu ucciso con quattro colpi di pistola mentre passeggiava in piazza Marina, poco distante dall’Hotel de France dove alloggiava. L’omicidio ebbe grande risonanza in Italia e soprattutto oltreoceano, a dimostrazione che il crimine organizzato, già all’inizio del Novecento, aveva profonde ramificazioni internazionali.
Un secolo dopo, nel dicembre del 2000, proprio Palermo è scelta per ospitare una grande conferenza delle Nazioni unite, dove viene presentata la Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale (Untoc) approvata il 15 novembre dello stesso anno. Nel documento, per la prima volta, è elaborata una definizione condivisa di criminalità organizzata, perché il fenomeno potesse essere riconosciuto e perseguito alla stessa maniera in paesi differenti. Una definizione frutto di anni di negoziazioni e che anche successivamente è stata oggetto di critiche, poiché ritenuta troppo minimalista. In determinati contesti, infatti, può risultare ambigua, ad esempio per quei sodalizi considerati illegali nella terra d’origine, ma che in realtà non svolgono nessuna delle attività illecite previste dal documento delle Nazioni unite.
La Convenzione, composta da 41 articoli, punta a incentivare la collaborazione tra gli Stati attraverso meccanismi condivisi di prevenzione, investigazione e repressione. I paesi che ratificano i documenti, si impegnano a inserire nelle loro legislazioni le misure di contrasto in essi contenuti nonché a prevedere quattro tipi di reati: associazione e partecipazione a un gruppo di criminalità organizzata; riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite; corruzione dei pubblici ufficiali; attività o condotte tese a ostruire il corso della giustizia.
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