Aggiornato il giorno 1 giugno 2023
Secondo il Pacific Institute di Oakland (California), negli ultimi 20 anni nel mondo sono scoppiati 514 conflitti per l’uso dell’acqua, la maggior parte causati da carenza idrica e restrizioni nel consumo di questa risorsa. Fino ad ora, l’Italia non ne è stata interessata, ma con i fiumi in magra, i campi asciutti e un cielo quasi sempre terso, non possiamo essere sicuri che manterrà a lungo questa tendenza. Anzi, "l’insorgere di conflitti è molto probabile", afferma il direttore di Arpa Piemonte, Secondo Barbero. Cade poca pioggia, ma il nostro continua a essere il Paese europeo con i maggiori prelievi d’acqua pro-capite. La usiamo per bere, lavare, irrigare, produrre e raffreddare. Nelle situazioni di scarsità idrica, il consumo umano ha la priorità. L’agricoltura è al secondo posto, ma essendo il settore che richiede più acqua sarà anche quello per cui ci saranno i conflitti più numerosi e aspri. "È uno scenario che prospettano tutti", continua Barbero. Si prevede un’estate ancora più secca dell’anno scorso e la magra del fiume Po determinerà tensioni economiche e sociali.
Le portate dei fiumi sono ai minimi storici, come i livelli delle falde e la durata del manto nevoso sulle Alpi
Il bacino idrografico del Po è un’area di fondamentale importanza a livello nazionale. Qui si concentra quasi un terzo della popolazione italiana, il 40 per cento del Pil, più di un terzo delle produzioni agricole e industriali e più della metà di quelle zootecniche e idroelettriche. È anche l’area più colpita dalla recente siccità. Il periodo secco è iniziato alla fine del 2021 e continua anche oggi, aggravato da più di un anno di scompensi idrici. Le portate dei fiumi sono ai minimi storici, come i livelli delle falde e la durata del manto nevoso sulle Alpi. Le cause vanno individuate nell’eccezionale deficit delle precipitazioni e nella maggiore evaporazione dell’acqua dovuta all’aumento delle temperature medie. Entrambi i fenomeni sono legati alle emissioni di gas serra e al cambiamento climatico. Questo significa che, probabilmente, nei prossimi decenni gli eventi siccitosi diventeranno più frequenti, intensi e duraturi.
Po in secca e agricoltura in crisi, l'alternativa c'è
Gli effetti sono molteplici e colpiscono diversi settori. Nell’estate che verrà milioni di persone in Italia non potranno dare per scontata l’acqua del rubinetto, mentre in agricoltura la carenza idrica determinerà raccolti più scarsi, se non pari a zero. Si stima che nel 2023 un terzo della produzione agricola della pianura Padana sarà a rischio, anche perché le pratiche di irrigazione sono poco efficienti e si contano un milione di ettari coltivati con colture idroesigenti come riso, mais, e foraggi. L’eccessivo uso di acqua, insieme alle consistenti perdite dei sistemi di distribuzione, contribuisce a determinare lo stress idrico della zona e, con l’inizio della stagione irrigua, è probabile che le risorse idriche raggiungeranno un livello di criticità uguale, se non peggiore, all’anno scorso.
"Si privilegia l’aspetto economico rispetto alla tenuta di un ecosistema. Da due anni a questa parte stiamo utilizzando soluzioni emergenziali"
Oltre agli impatti economici e sociali, la siccità colpisce severamente anche gli ecosistemi. La vegetazione è la prima a soffrirne, insieme alla fauna fluviale e ripariale (tra la terra e i fiumi). I danni ambientali si aggravano quando non è garantito il deflusso minimo vitale dei corsi d’acqua, che è "la quantità d’acqua minima per la sopravvivenza degli esseri viventi", spiega Vanda Bonardo, presidente della Commissione internazionale per la protezione delle Alpi (Cipra). La legge italiana tutela il deflusso minimo vitale, ma in caso di carenza idrica questa protezione può essere derogata, soprattutto a favore degli usi agricoli. "Si privilegia l’aspetto economico rispetto alla tenuta di un ecosistema. Da due anni a questa parte stiamo utilizzando soluzioni emergenziali", denuncia Bonardo. Questo fatto stupisce chi non ha familiarità con il tema, ma l’aumento di eventi siccitosi provocati dal cambiamento climatico non è un fulmine a ciel sereno. Nonostante ciò, manca ancora un approccio sistemico e strutturale. Le misure adottate sono inadeguate a contrastare una delle cause più significative della siccità: le emissioni di gas serra.
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